DOVE CI TROVI
- Profumo di Pane
- Coop Serra San Bruno
- La Bottega del Pulito
- Serfunghi di Luigi Calabretta
- Edicola Grenci
- Bar Scrivo
- Congrega Assunta di Terravecchia
- Museo della Certosa
- Istituto Einaudi
- Edicola Barillari
Donazione
Aiutaci a sostenere la rivista! Fai una donazione spontanea.
La divina Commedia | Canto 1, in chiave elettorale locale.
- Categoria: Campagna elettorale in poesia
- Scritto da Antonio Franzè
- Visite: 3321
Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai nel cul una matita
dall'urna elettorale un dì smarrita
Ahi quanto a dir qual'era è cosa dura
esta matita a tempra aspra e forte
Tant'è il dolore che poco più è morte!
Ma per trattar del dolo che provai
dirò de l'altre cose ch'i' v'ho scorte,
Io non so ben ridir come votai
tant’era frastornato a quello punto
che un segno vago e lieve vi lasciai.
Ma poi ch’i’ fui al seggio giunto,
notando i candidati alle mie spalle
che m’avean di sdegno il cor compunto
provai na forte strizza alle mie palle
tant'è che mi voltai verso l'uscita,
tentando di menar per altro calle.
Appena rimboccata la salita
udì na voce a tratti edulcorata
citare il nome mio con tanta pieta.
E come quei che con lena affannata
uscito fuor del pelago a la riva
si volge a l’acqua perigliosa e guata,
così l’animo mio, ch’ancor fuggiva,
si volse retro a rimirar chi fosse
che lasciar quel loco m' impediva.
Poi ch’èi posato un poco il corpo lasso,
nel lato della sala un pò deserta,
un tipo ancor pelato più che basso
che mi fissava con la faccia incerta,
si accosta con un fare disinvolto,
come gran volpone sempre allerta
e non mi si partia dinanzi al volto,
anzi ’mpediva il mio cammino,
ch’i’ fui per ritornar più volte vòlto.
"Pensate ch'io sia un burattino!?
se so schierato con le 5 stelle,
mi sprona il cuore solo amor divino,
e l'animo di fare cose belle;
mi sono candidato a buon ragione
a rischio della vita e della pelle
è l’ora che si cambi la stagione;
chi per inerzia un voto non mi desse
non parli più di lotta e ribellione!"
Questi parea che contra me venesse
con i pomi rosi e rabbiosa fame,
sì che parea che il seggio ne tremesse.
Eppure un deputato, che di brame
sembiava carco ne la sua magrezza,
e molte genti fé già viver grame,
mi porse così tanto di gravezza
quale può un censore a prima vista,
ch’io perdei la speme di salvezza.
E qual è quei che la fiducia acquista,
e giugne ’l tempo che perder la face,
che ’n tutt’i suoi pensier piange e s’attrista;
un mesto nazareno senza pace,
mi venne ’ncontro, a poco a poco
ripignendomi là dove ’l sol tace.
Mentre ch’i’ rovinava in basso loco,
dinanzi a li occhi mi si fu offerto
chi per lungo silenzio parea fioco.
Quando vidi costui così conserto,
«Oh finalmente», gridai a lui,
«qual che tu sii, ti voto certo!».
Rispuosemi: «eletto molte volte già io fui,
e li partiti miei furon miliardi,
a destra poi a sinistra ed ambedui.
Crebbi sub Giulio, ancor che fosse tardi,
e vissi a Roma nel periodo giusto
al tempo dei politici bugiardi.
Ladro fui, e derubai di gusto
degno del più gran figlio di troia,
ma il mio di patrimonio è ormai combusto.
Ma tu perché ritorni a tanta noia?
varca dunque la doverosa soglia
ridonami col voto nuova gioia!
A meno che invece tu non voglia
dar la preferenza a qualcun'altro
qualcuno che ai tassoni rassomiglia,
e non si ciberà di terra e peltro,
ma che lavorerà di sana voglia,
coprendosi d'onore e di virtute,
e sua città farà di caldo feltro.
Di questa umile Italia fia salute
l'anima tua può stare tranquilla,
si coprirà persino di ferute.
E ancora lotterà per ogni villa,
fin che avrà ragiunto lo governo,
là onde ogni brama dipartilla.
Ond’io per lo tuo me’ penso e discerno
che tu mi segui, e io sarò tua guida,
ti porterò di qui nel Loco Eterno,
ove udirai le disperate strida,
di senatori afflitti appena uscenti,
cui la seconda lista non s'affida;
e vederai color che son contenti
blindati, perché sanno di venire
eletti, grazie al voto delle genti.
Qualsiasi candidato va a salire,
anima fia men che di altri degna:
tutto premuroso allo partire;
ma appena giunto là dove si regna,
a suo vantaggio piega anche la legge,
per impedir che altri al posto suo si vegna.
In Camera e Senato impera e regge;
quivi è il suo scranno e l’alto seggio:
oh felice colui cu’ ivi elegge!».
E io a lui: «Allora, io ti richeggio
per quello che tu stesso mi dicesti,
acciò ch’io fugga questo male e peggio,
che tu mi mostri là dove volesti,
sì ch’io così ti venga dietro
e scelga i candidati tra i più mesti».
Così si mosse, e l'viso suo divenne quasi tetro.
Occorre allor ch'io ti accenni a quello
che il Bel Paese misurò col metro:
Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave senza nocchiere in tempesta,
non donna di provincie, ma bordello!
Colui che a governarti già si presta,
per calpestare immune la tua terra,
ad ogni oppositor farà la festa;
quand'anche Mastro Bruno muova guerra;
li voti tuoi, di certo lui si gode
foss'anche a fare il sindaco di Serra.
Cerca, misera, un uomo probo e prode
che le sorti tue accolga in seno,
così che ogni afflitto che ne gode
possa, dopo aver patito invano,
godere dei diritti di una vota,
al tempo di Chimirri niente meno.
Ahi gente alla politica devota,
che scegli quel che scende o resta in sella,
elevati e rimani ad alta quota,
da fiera non lasciarti fare fella
se subirai supina le opinioni,
dal fuoco finirai nella padella.
Convinto ormai chi fosse tra i più buoni
entrai più risoluto dentr'al seggio,
e senza rompimenti di coglioni,
avendo riflettuto un pomeriggio
tracciai su quella scheda un segno certo,
sicuro di votare il meno peggio!
Mai voto fu per me così sofferto,
ma avendo ormai votato, e quì è lo sbaglio,
uscì fuori contento . . . a culo aperto.
Antonio Franzè 2018
Annunci in Bacheca
Come eravamo - Foto d'epoca
Loading script and Flickr images