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Il cruciverba in serrese

Gioacchino Giancotti
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La poetessa calabro-emiliana Cristina Santucci.

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Ci offre il ritorno ai valori universali, vero rimedio ai tanti mali sociali.
Cristina-Santucci 300Sono “brevi storie inconsuete” offerteci con taglio poetico, lo stesso che ci deliziò negli anni passati nel leggere e  “cum - prendere” i suoi versi con i quali con spontaneità e naturalezza affronta i temi della sofferenza, dell’ipocrisia, della falsità, del nascondersi; insomma poesia che vive e vuol vivere i colori della vita con entusiasmo anche se talvolta sono rabbuiati da sogni lontani, da nostalgie e da pensieri non sempre chiari che la quotidianità ci regala. Lo capiamo leggendo Nostalgia a colori laddove la Nostra scrive: “Come un pittore senza musa / guardo il cielo e il viola dei fiori / che si mescolano alla roccia arida. / L’azzurro del mare / è come uno zaffiro incastonato nell’infinito / e il verde dei fichi d’India / è sbiadito dal sole infuocato. / Ma la mia anima / cerca un’altra tavolozza / dove l’ocra delle case / spicca fra la nebbia grigia/ il marrone delle colline / è fertile come ventre di donna / il rosso dei tetti / è caldo / come la sua gente.”

E questi colori che dànno calore alla vita e sono auspicio di vita, vera vita, sono rappresentati in “brevi storie inconsuete”, insomma i “Fotogrammi” di Cristina Santucci ( Ed. & My Book – Vasto, 2010). Sono otto racconti in cui la nostra poetessa – scrittrice, nativa di Bologna ma crotonese a pieno titolo, conferma il voler restar fuori dai luoghi comuni, talvolta impostici da certa letteratura, per affermare la propria dignità di donna di grande cultura umanistica e vicinanza all’Assoluto. Ha viaggiato molto l’amica Cristina e, tra un viaggio e l’altro, ha saputo e voluto anche ritagliarsi gli spazi per la meditazione e la riflessione sulle vicende terrene dell’uomo, riflessioni che ha voluto e vuole trasmettere agli altri attraverso la scrittura sincera, che parte dall’acuta e sensibile osservazione degli uomini che talvolta accettano il quotidiano o lo trasformano anche senza ribellione.

Sono racconti tutta poesia valida, d’intelligenza aperta,sensibile e raffinata.

Oltre i racconti la Santucci ci regala, ovviamente, anche  una bella e ricca raccolta di poesie ancora inedita, ma decisamente meritevole di essere annoverata tra i migliori della letteratura italiana. Per altro verso, però, l’ho apprezzata come autrice, assieme ad A. Sergi e L. Alberti, del saggio didattico “La grammatica animata”. Leggendo e rileggendo le sue liriche, posso tranquillamente dire che è poesia sincera, che parte dall’acuta e sensibile osservazione degli uomini che accettano il quotidiano senza ribellione e comunque con realtà. Come con realtà è vista, nelle sue variegate sfaccettature la donna, come nella lirica 8 marzo. Leggiamola insieme: “Donna./Fragile come cristallo/dura come roccia./Donna./Dolce come il miele,/acre come cicuta./…Forte come quercia/debole come fuscello./…Chiara come luna,/tetra come notte./…Eterea come angelo,/vibrante come demone./…Peccatrice e Madonna/strega e fata…”.

Il tutto è anche, se vogliamo, una denuncia vibrata e illuminata,  a mò di diagnosi e terapia, pura, incisiva sorretta dall’amore che è la ricchezza da custodire in un mondo di incertezze.

La poetessa calabro – emiliana ci offre il ritorno ai valori universali, vero rimedio ai tanti mali sociali e lo fa attraverso racconti e versi che le consentono di esprimere sentimenti profondi perché tutta la sua liricità nasce dall’amore e dalla vita che vive quotidianamente. Sa immedesimarsi nelle sofferenze, particolarmente dei giovani, educatrice come è, e il suo canto è vibrato, puro, sorretto dall’amore che è la sola ricchezza da custodire in un mondo di incertezze.

Per concludere, senza volere essere o apparire enfatici, è un piacere per lo spirito leggere le poesie di Cristina. Santucci perché se ne ricava che l’amore, la tenerezza, la gioia ed il dolore la portano ad intuire che l’immagine del mondo, quella sana, è per lei indispensabile, anche se l’immagine che  ci rimanda nei suoi versi non sempre coincide con l’immagine che noi abbiamo del mondo di oggi: un mondo, in una parola, violento, che a noi poeti non appartiene.

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