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Il cruciverba in serrese

Gioacchino Giancotti
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Telecamere installate nel bagno di una mensa ospedaliera del vibonese.

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telecamera bagno" Ci è pervenuto in redazione un interessante articolo pubblicato da Titti Preta sulla Gazzetta del Sud di venerdì 19.12.2015, riguardante una telecamera nascosta in un bagno - di una mensa ospedaliera del vibonese - piazzata da un dipendente Asp con l'intenzione di riprendere le "intimità" di una inserviente ( articolo di prima pagina di Francesca Onda sulla Gazzetta del Sud del
29.11.15 ), dove la nota scrittrice risponde in modo esaustivo alla domanda " se anche questo fatto può essere considerato
violenza sulla donne" SI POTREBBE APRIRE UN DIBATTITO CON DOMANDE E RISPOSTE PRESSO LA NOSTRA REDAZIONE, DOVE L'ESPERTO O LO SPECIALISTA RISPONDERA' ALLE DOMANDE DEI LETTORI.

Non si scherza con la pelle delle donne. 

E’ inutile ribadire la “sacralità” del corpo umano, quando poi sul corpo della donna si riversa lo squallore che lo rende cavo simulacro, privo di valori propri, da esporre al più convenzionale e prevedibile ludibrio maschile. Un feticcio che genera ossessione e appetibilità animalesca, non desiderio sano. Quando si viola un momento di naturale intimità si effettua violenza e, dunque, si compie un reato.

  Non si deve scherzare sulla pelle delle donne. Non ne possiamo più di immaginette frivole da anni 70 e 80 di un’ Italietta cinematografica all’Alvaro Vitali, o alla Lino Banfi, afflitta da manie pruriginose con donnine smaliziate che fanno la doccia o che, come nella famosa  scena di “Malizia“, indossano il reggicalze o sfilano la biancheria spiate dal buco della serratura.

  No, la vita non è un film con le sue semplificazioni e scorciatoie. Cosa dovremmo insegnare ai nostri figli, ai nostri alunni? Che è solo una bravata piazzare una telecamera e spiare la donna che va al bagno?

  Quello che è accaduto giorni fa nella mia provincia (e chissà quante volte altrove …) non è una scenetta da film. Qua c’è qualcosa di meno e qualcosa di più. Manca la verve comica, l’approccio dissacrante e caricaturizzato. Il distacco dell’approccio satirico, la distanza recitativa tra il soggetto e l’oggetto.

 C’è, invece, in questo gesto, calcolato e ripetuto, il seme della violenza. Il motore ne è stata la fraudolenza, un dolo, che va considerato peccaminoso. Rubare l’intimità è violare. Nei miti greci chi spiava con l’inganno dee e ninfe ai lavacri veniva privato della vista.

  E’ vero che episodi così accadono un po’ dovunque in Italia e mobilitano pure tutta una fantasia popolare che si agita nella sua supina acriticità e non sempre ha il coraggio di reagire. Sono “fattarelli” che passano inascoltati, che si ripetono nella loro prevedibile monotonia. Sembrano quasi un quadretto di costume, una tipica mania dell’italiano medio, uno spaccato di vita.

  Il resoconto cronachistico che ne viene dato a volte pesca nel torbido e si sofferma su particolari per suscitare emozioni più che per dare informazioni. Spesso si dedica poco spazio a vicende così.

  In fondo cosa sarebbe successo? Per alcuni, “niente di che”. La banalizzazione è sempre il prodotto della manovra di sopraffazione culturale che ottunde il senso critico e tramuta le persone in “massa”.

  Spiare una donna con una telecamera mentre va al wc? Una notizia che non fa notizia, che passa tra l’indifferenza generale. Una notiziola ridotta a un articoletto. Niente di grave, ci sono problemi più seri.

Qua non si tratta di dilatare la storia oltremisura, ma di ricondurla alla sua realtà. E alla gravità del fatto.

 Una donna è stata spiata nel momento in cui non se l’aspettava. E non sarà stata una volta sola. Qualcuno si è impossessato del suo essere privato, della sua carnalità. Estorcere qualcosa di personale senza il consenso è violare. Non bisogna passarci sopra. E, soprattutto, non ci deve essere incertezza nel diritto perché non si scherza col corpo delle donne.

  Le radici della violenza non sono forse nella perpetuazione ad oltranza di una separazione netta tra il femminile e il maschile che sfiora ed evoca il disprezzo, il possesso e, in questo caso, pure il raggiro del mondo della donna? Sta nella mancanza di coscienza, di crescita emozionale e culturale il germe della violenza. E’ un’errata interpretazione dei meccanismi umani di relazione. Un blocco dello stadio emotivo ed evolutivo che rende incapaci di un confronto adulto e maturo.

Riecco in questa vicenda una stupida semplificazione: l’uomo-cacciatore e la donna-preda.  O la libido protratta che porta al godimento di ciò che non può avere. Espropriare è invadere, frugare è violare. Non è violenza, questa?

Parlarne e non tacere. Scriverne per non dimenticare. La conoscenza è il solo modo che abbiamo per essere liberi e autodeterminarci.  La parola è e sarà sempre mezzo di progresso e civiltà. 

Tutti devono sapere che chi viola l’intimità di una donna, ne turba la serenità. Sentirsi concupite a livello fisico, essere svilite a mero oggetto passivo del desiderio è un vulnus, una piaga.  

Quest’atteggiamento maschile è da purgare. Seriamente e fermamente. Senza incertezza nel diritto. Le vere donne sono stanche si essere ricondotte all’idea del corpo, come se a riferire di loro, sia solo e soltanto lui, sua maestà il corpo.

Maria Concetta Preta, scrittrice. Autrice di Rosaria, detta Priscilla, e le altre. –Storie di violenza e femminicidio, Meligrana ed. 2015.

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