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La poesia di Alessandra Bava.

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Romana, originaria di Mongiana, la poetessa “ rivoluzionaria” che esprime profondi significati e domande, che  interroga il nostro essere umani quotidianamente. 

Foto Ale
Piace ospitare nella nostra già ricca e qualificata Pagina della Poesia una poetessa e traduttrice di grande spessore, romana di nascita ma di chiare origini di Mongiana, dal brillante curriculum fatto di una prolifica produzione letteraria bilingue pubblicata anche in alcune riviste americane e britanniche. Scrive, infatti, in lingua italiana e inglese e ha pubblicato tanto  nella nostra Penisola quanto negli Stati Uniti. Due suoi testi sono stati editi in Italia: Guerrilla Nlues (2012) e Nocturne (2013; due raccolte di poesie negli USA: They Talk About Death (2014) e Diagnosis (2015). Ha curato inoltre alcune antologie poetiche; nel 2015 ha tradotto Nuova Antologia di Poesia Americana e Offerte di carta di Alejandro Murguia. Attualmente sta operando su una biografia di Jack Hirschman, poeta di San Francisco. Questi, della nostra poetessa ha scritto: “…lasciate che vi dica che state per leggere un poeta che, sebbene scriva per lo più poesie brevi, riesce a concentrare sferzate di passione, con una naturale saggezza e fiducia poetica, tanto da risvegliare la parte dormiente in ogni spirito e quella ritenuta morta e sepolta in ogni corpo.”  Ed ancora Hirschman; “che gioia leggere una donna che non solo conosce Achmatova, Majakovskij, Rimbaud, Artaud, Pasolini, Ginsberg ma che, come autentica figlia naturale di Walt Whitman ( colui che ha sempre saputo che tutti affondano le proprie radici nella composizione della poesia della demo- crazia), ha saputo interiorizzare i loro spiriti poetici facendone i propri fari pronti a segnare la rotta verso il vivere provocatorio nella modernità.”

Sto dicendo di “un importante poeta rivoluzionario” la globetrotter della letteratura, Alessandra Bava che, quest’anno, per la collana Le Zanzare delle Edizioni Gilgamesh di Mantova, ha pubblicato, e già presentato lo scorso mese di giugno a Roma, la raccolta di poesie  che prende il titolo dalla lirica qui contenuta “A rima armata”. Leggiamone qualche verso: “Eccola, ce l’hai tra/ le mani, la stai leggendo./ Eccola, ce l’hai tra/ le tempie…/ Questo corpo di versi,/ questa massa palpitante/ di sillabe e senso/ che chiamo poesia.//…Questa è roba per i puri/ di cuore, è roba/ per i duri di cuore/ la poesia è perversa,//…la poesia è cera/ bollente per anime/attente, la poesia/ è catrame e piume//…è una primadonna,/ è la bella donna,/ è il veleno per l’anima,/ a cui abbevero//…è la voce di chi non/parla…/.  Solo già questa iniziale lettura è segno di una poesia che esprime profondi significati e domande, che  interroga il nostro essere umani quotidianamente. Perché, per dirla con le parole di Mons. Antonio Staglianò, “ci vuole più poesia, perché risorga l’umanità vera, perché l’umanità non si perda, e il cuore umano ritorni a pulsare, contro ogni freddezza e noncuranza.” Continuando a leggere “A rima armata” e altre liriche ci si accorge che il tutto  si articola in una intimista, colloquiale discorsiva i cui accenti, carichi di singolare e misurata timbricità espressiva, rispondono ad esigenze interiori che affiorano, pagina dopo pagina, con una dosatura sapiente e accorta di placamenti che scaturiscono liberamente e senza forzatura, seppur può sembrare il contrario alla luce delle tante espressioni forti. Da qui il segreto della freschezza espressiva della nostra poetessa, dell’umanizzazione medesima delle sue parole e delle sue immagini: “Poeta/non essere borghese,/ non essere cattedratico,/ non essere presenzialista,//…Poeta,/ sei carne,sangue e stallatico,/ sei parola partorita nell’ombra,/ sei quello che fai e non quello che scrivi.”( Esortazione). Tutto parte da vicende di vita vissuta per sfociare in quello che potremmo definire un mondo tutto intimo e che rimane, tuttavia, anche per il lettore, uno spazio che si può definire di vita e d’amore e che costituisce il pregio migliore di tutta la silloge della Bava.”…Mi hai insegnato a/ gorgheggiare senza paura/ sulla strada aperta.// Sono un pettirosso tonante/ che scrive parole vivide/ su foglie in fiamme.” (Foglie in fiamme). E leggendo, qua e là, altri versi come nelle liriche: La rivoluzione (dal quadro omonimo di Marc Chagall),  Il giorno che morì Neruda, Agonia o ancora Accattone, con pensieri delicati rivolti a Pasolini, oppure il componimento Abuso di potere, capisci caro lettore di trovarti davanti ad una sorta di diario di un’anima, rivoluzionaria quanto si vuole, amante della vita nella sua complessità. Se vogliamo, par di avere in mano un romanzo dal quale emana la magia di un raffinato gioco d’arte della comunicazione destinato ad un lettore in carne e ossa che riceve i messaggi che, in fondo, costituiscono la vera essenza di tutto il poetare di Alessandra Bava. Uno spazio poetico forte, duro, asciutto, senza infingimenti, che punta all’anima delle cose, degli uomini, degli avvenimenti trasmettendo conforto e speranza, meraviglia della parola, della poesia, la meraviglia della libertà, tanta libertà e solo libertà.

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