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Omaggio al compianto amico Cosmo Rachiele e asuo nipote don Ernesto Piraino.
Probabilmente tutti avranno sentito parlare della storia di don Ernesto, poliziotto con alle spalle quasi vent’anni di carriera che, dopo un lento e travagliato percorso spirituale, l’11 Febbraio del 2017 ha lasciato la divisa per indossare la tunica da sacerdote. Ma se questa storia, ricca di spunti morali e di moniti spirituali, ha fatto un po’ il giro del mondo, forse non tutti sono a conoscenza del fatto che le origini di don Ernesto siano profondamente legate a Serra San Bruno. Eh si, perché Ernesto Piraino è serrese grazie alla mamma Assunta, figlia di Francesco Rachiele e quindi nipote diretta di Cosimo Rachiele, che è venuto a mancare non molto tempo fa. Mi viene raccontato che la mamma di Ernesto era profondamente legata alla sua cittadina d’origine e in particolar modo allo zio Cosimo, che per lei era sempre stato un importante punto di riferimento quando da piccola aveva vissuto per un certo periodo nella cittadina montana insieme alla nonna. Don Ernesto e lo zio Cosimo, mi viene detto, si sentivano spesso, nonostante la lontananza e gli anni trascorsi, tra loro c’era un legame che perdurava. E questo amore familiare don Ernesto lo ha palesato proprio quando si è recato a Serra per celebrare la messa in seguito alla dipartita del caro parente; occasione questa che ha permesso al giovane prete di farsi conoscere e amare da tutti i presenti grazie al suo modo di dire messa, dal quale traspariva l’amore per Cristo e per l’adorazione Eucaristica.
Questo avvicinamento all’abito sacerdotale ha accompagnato il giovane tutta la vita, già da quando aveva perso il padre e si era preso cura, responsabilmente, della propria famiglia. E proprio all’interno dei legami familiari una parente, prima di tutti, si era accorta della vocazione di don Ernesto, tanto da chiedere alla madre Assunta, ogni qualvolta fosse possibile, come procedesse la vita del giovane e se ci fossero delle novità e che, alla notizia della scelta definitiva del futuro prete, ha reagito come quando si raggiunge un importante obiettivo. La missione di Ernesto, prima attraverso l’uniforme ora con la veste sacerdotale è quindi, così come ha affermato spesso, coltivare la giustizia e il bene, ma soprattutto avvicinare l’uomo a Dio attraverso l’esperienza dell’Eucaristica perpetua, senza tralasciare, però, la possibilità di continuare a dialogare personalmente con Dio.
Angelo Gabriele Valente (Serra San Bruno 1828-1912); 1860 c.; Terracotta dipinta, legno, vetro; cm 80 x 140 x 60
Il presepio, collocato in una teca di legno dalla forma parallelepipeda chiamata in dialetto serrese scarabattolo, è visibile attraverso tre lati chiusi con vetri. La scena sacra è collocata in una costruzione architettonica decorata da mattoncini e formata da una cupola emisferica sorretta da arcate. Le statuine in terracotta dipinta hanno molte similitudini con quelle firmate da Angelo Gabriele Valente, plasticatore e artiere serrese, noto per la minuziosità nella cura dei particolari e per la delicatezza delle movenze dei personaggi del presepe. Angelo Gabriele Valente era soprannominato “lu cicatu di Taffa”, a causa della sua forte miopia. La voce popolare vuole che per modellare con l’argilla le sue statuine e curarle in ogni minimo dettaglio le avvicinasse troppo al naso, spesso rovinandole. Negli appartamenti vescovili di Squillace sono conservati due teche di legno, contenenti alcune statuette di terracotta dipinta: una delle due, che reca la sua firma, raffigura l’apparizione della Madonna a san Bruno, mentre l’altra contiene le immagini di tutti i santi più venerati a Serra: san Raffaele, san Giuseppe, san Francesco di Paola, san Biagio, l’Immacolata e san Bruno. Di questo fecondo autore rimangono inoltre, in collezioni private, altri due presepi in teca, di cui uno, firmato e datato 1870, è composto da numerosi pezzi, alcuni dei quali così piccoli (misurano, infatti, in altezza cm 1,5) e al contempo perfetti da suscitare meraviglia. Altri scarabattoli di sua mano conservati presso alcune famiglie del paese permettono di effettuare confronti e di riconoscere con sicurezza lo stile del Valente(Pisani D. 1999: 17).
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