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Rivista Santa Maria del Bosco - Serra San Bruno e dintorni

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Il cruciverba in serrese

Gioacchino Giancotti
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La poesia è vita, dove vivono e si riassumono esperienze e ricerche, dove al di là degli esiti e dei sentimenti, c’è la speranza, la quale diventa certezza attraverso una fede sincera.

Davide Zizza 300Come un alberello piantato / nella terra nera ricca di humus, e coltivato / con profumi che appassionano i sensi / di un antico mistero di cui non conosco /  l’essenza ma solo la consapevolezza di esistere / mi affaccio sempre a nuovi tentativi / di crescita per radicare la pianta / che è in me, per abbeverarmi di nuova / linfa, dove voglio rinnovarmi l’anima / in una metamorfosi d’amore” (dalla lirica Nel giardino d’Oriente che dà l’incipit alla silloge dal titolo intrigante e coinvolgente Dipinti &Introspettive edita nel 2012 da Rupe Mutevole)

E ancora. “Lentamente maturi al sole /  come un frutto di stagione nel mio pensiero / di terra, di aria, di fuoco, in un’unica riflessione / che si lega al grappolo della mia vita / una terra dove tu cresci di continuo. // Tu diventi quel frutto che ha / profonde radici nel mio cuore fertile / di linfa, e tu accresci in me / nel mio unico seme d’amore, piantato / nella mia sensibilità d’amante”.

Nel proporre ai lettori della Rivista Santa Maria del Bosco queste poesie e quelle che seguono mi viene spontaneo  di rivolgere l’attenzione alle espressioni che il Nostro, anche se talvolta nella forma ermetica, offre al mondo per soddisfare l’innato bisogno dell’individuo di comunicare attraverso l’immediatezza del “sentimento”, cui si affida per raggiungere una soluzione del proprio equilibrio con la realtà e con sè stesso. Già perché questa è poesia non impegnata a individuare i difficili accessi alla verità o ad un dato assoluto, ma semplicemente tesa ad un possibile dialogo che dà amore per chiedere amore.

È dialogo che si realizza in una scintilla di vita attraverso il dire e l’immaginare spontaneo, quale necessità di fuggire e liberarsi da moti e motivi che non sono soltanto del nostro poeta ma appartengono a tutti noi. Da questo dialogo nasce la vera poesia, quella del cuore, della riflessione e dell’analisi della vita, che ci offre un messaggio intimo, sofferto, palpitante, sentito e vissuto.

Siamo davanti ad una poesia un po’ particolare e singolare del crotonese Davide Zizza, giovane filologo e studioso delle lingue straniere che collabora con Patria Letteratura e con il periodico L’Estroverso; un suo saggio, “La lettura e la scrittura come etiche dell’ascolto” è stato inserito nel volume collettaneo “Ascolto per scrivere” dell’Editore Fara (2014). Ed ancora. Due suoi contributi critici, “Salvatore Quasimodo. Giorno dopo giorno e il tormento nella poesia” e “Laforgue e Lowell, due ritratti della modernità” sono apparsi sulla rivista  greca  Poesia e Letteratura. Inoltre sue poesie e articoli appaiono frequentemente su Poetarum Silva e su Samgha.

Zizza poeta vuole annotare i passaggi della vita, passaggi visti forse quasi frettolosamente ma pur connotati di forte incidenza umana. Come quando in cielo cominciano ad apparire le prime nuvole e, subito dopo, una pioggia raccoglie i frutti di tutto ciò che in precedenza era stato preparato, così le poesie che leggiamo ci regalano splendide perle di saggezza, come cadute appunto dal cielo. E già perché Davide, le sue riflessioni ce le offre guardandosi attorno durante il suo e nostro quotidiano.

Leggiamo in Dopo la notte, prima dell’alba: “ Il rumore liquido dell’acqua del lavandino, / mani e volto che si lavano tranquilli / alle ore in cui l’alba è un ancora un sogno / che possiede il colore l’ambra su uno sfondo / rosa, blu oltremare di notte svanita / e un timido albore riflesso sui miei / occhi castani irradia luce di fuoco. // La calma completa il senso del dolore, / come l’alba completa il cielo della notte, / mie invocate tenebre in un sogno, / incanto, attraversamento”.

Sto, stiamo apprendendo che per questo giovane poeta la poesia è vita, dove vivono e si riassumono esperienze e ricerche, dove al di là degli esiti e dei sentimenti, c’è la speranza, la quale diventa certezza attraverso una fede sincera perché “attendo segnali di fuoco all’orizzonte. / E prego, per i miei occhi che possano ritrovare / la luce naturale dei giorni”.

Vi è vivacità di immagini, di illuminazioni, invenzioni che arricchiscono una poesia già nutrita da un verso sciolto ed efficace e fatto cosmopolita per le sue esperienze riccamente vissute in diversi angoli del mondo e per le sue liriche espresse anche in lingue straniere. L’insieme è sobrio ed elegante e, dietro l’impressionismo apparente del pronunciato, svela le continue tensioni di un attento testimone ricco di stupori e di metafore.

Il poeta, l’amico Davide Zizza, con chiara scansione, costruisce un suo mondo entro cui ritrova pagine dell’esistenza ed anche i ricordi appaiono in un alone non di misticismo ma di equilibrata tensione emotiva. Così si scruta nell’universo, nei rapporti umani, nel vivere l’amore.

Al postutto, questa raccolta di poesie risulta essere il riscontro di un disegno preciso del giovane poeta, dove alla necessità del dire fa riscontro un tessuto poetico che insegue nei meandri delle occasioni quotidiane, un’urgenza viscerale da raccontare ed esternare.

La psicologa che implora l’umanità ad aprire le porte all’amore.
Rita De Francesco 300

“Avete mai visto una lacrima al sole?/Un cristallo che brilla,/una perla nella profondità dell’abisso,/una goccia del mare al mattino./Un soffio di vento e va via/mi lascia un peso e un dolore/nell’animo di chi da quegli occhi/le ha dato vita/facendole vedere la luce./ E va e si posa su quel fiore/che come presto appassirà.” Sono i versi della lirica Lacrima al sole che fa parte di una raccolta, ancora inedita,, dalla quale se ne ricava una poesia vera, chiara, limpida, talvolta ingenua e comunque poesia autentica senza infingimenti e soprattutto poesia dell’amore.  La Nostra è giovane poetessa d’amore quando in Ho da darti scrive: “Non chiedermi di dimenticarti,/di ignorarti,di non amarti,/non posso farlo:ho troppo da donarti…” In questa lirica, come nelle tante altre, estremamente densa di sentimento e di pensiero, si palesa una sorgiva chiarezza e semplicità espressiva mentre anche le occasioni temporali si elevano a zone che esulano dalla contingenza. La poesia, nella sua librata levità, diventa realtà quotidiana sempre rattenuta in una zona franca di pacata, sincera e commovente umanità nella quale il verso ha modo di nascere, crescere, rinvigorirsi a vantaggio di una espressività di buona fattura. Siamo davanti ad una poesia articolata ed espressa con un linguaggio scarnito e nel contempo incisivo e sufficiente ad esprimere e portare alla luce i più disparati moti interiori della poetessa. Leggiamo: “Hai la mente da gigante/ed un cuore piccolino,/hai un cuore da gigante/ma tu credi dia da bambino/è un amore penetrante/che colpisce ogni amante/è un amore grande grande/che invade ogni istante/è un amore silenzioso/che ti rende assai pensoso/è un amore troppo forte/che ti grida:apri quelle porte.”

E la giovane poetessa che implora l’umanità ad aprire le porte all’amore è Rita De Francesco, nativa di Melissa ma romana di adozione dove svolge il ruolo di psicologa. La stessa scrive da sempre e dalla prima ora suggerisce di “immedesimarsi nella mia poesia e di leggere e ‘sentire’ ogni messaggio…e benvenuto nel regno romantico dove tutto è dominato dall’emotività, dove esiste l’amore, tenerezza, ingenuità, purezza, sincerità e dove non v’è posto per la ragione e l’orgoglio.”

Leggiamo in Senza te: “Ho sognato un futuro con te,/ho sognato la mia vita con te,/ma la realtà non accetta sogni/e mi ritrovo a vivere una vita,/vera senza te.” Tra versi e pagine di diario continua la profonda ricerca di identità di Rita che attraverso un dettato incisivo, e non formale,acquisisce  una grazia squisitamente femminile per lasciare intravedere uno spirito pieno di luce nell’attesa di un segno carico di speranza. La poetessa melissese, pur giovane, non è una ribelle, è solo donna del nostro tempo, ferma ai suoi convincimenti ed in cerca di qualcosa di duraturo che possa resistere allo sfacendo. E la poetessa, che avverte la sacralità della vita e la pienezza del dono, recupera la sua voce per farsi testimone responsabile di un ampio processo di ricerca e di restauro. Leggiamo la lirica Strada per il Paradiso laddove scrive: “Sul letto di un morente/un raggio di sole viene a posarsi/un soffio di vento rinfresca l’aria,/ una farfalla colorata entra dalla finestra,/una soave melodia invade la stanza:/sembra primavera,/sembra un sogno,/invece…è la strada del Paradiso.”

Al postutto la De Francesco annuncia la sua verità e testimonia di un mondo che forse cambia, ma che, in fondo rimane vivo in un processo di un dramma esistenziale che è quello del nostro tempo turbinoso.

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