Rivista Santa Maria del Bosco - Serra San Bruno e dintorni

Serra San Bruno patrimonio dell’Umanità? Quando mai!

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Pochi mesi orsono il Lions Club di Serra San Bruno, su proposta della presidente Rosa Scidà, ha avviato la procedura  per inserire il  prezioso patrimonio della città della Certosa e non solo, in particolare Santa Maria del Bosco, sotto la protezione dell’Unesco come patrimonio dell’Umanità. Ma a quanto sembra non se farà nulla! Perché mai?  Solo negli ultimi quattro anni L’Unesco ha riconosciuto la Varia di Palmi come patrimonio immateriale dell’umanità, il parco della Sila nel programma “Riserva della biosfera” e il Duomo di Cosenza in quanto monumento simbolo di cultura di pace nel mondo. È in attesa di valutazione, nella sede di Parigi, il Codex Purpureus di Rossano. Bene! Nulla da eccepire fin qui! Ma promuovere la “Sila come patrimonio materiale”, francamente mi sembra un doppione. Da qualche giorno si è insediato il Comitato regionale Unesco da parte dell’assessore Mario Caligiuri che ha avviato l’iter per la valorizzazione delle “minoranze linguistiche£ e del Codice Romano Caratelli. Ed ancora! I prossimi fortunati “degni” di riconoscimento potrebbero essere, questa l’indicazione della Regione e del Comitato, “l’abete bianco” di Alessandria del Carretto, le Passioni di Cristo di Verbicaro, e Terranova di Sibari e i “Vattienti” di Nocera Torinese e i beni immateriali di Amendolara e Santa Maria del Cedro. In evidenza la provincia di Cosenza e per Catanzaro solo Nocera. Reggio Crotone e Vibo appaiono poveri, poverissimi di Beni Culturali e Paesaggistici. Non i Bronzi di Riace, non il Castello di Santa Severina. Figuriamoci Serra San Bruno! Quanta miopia!

Per chi non vede o non sa o non vuol vedere, per chi ha memoria corta, per chi viaggia poco e studia pochissimo riproponiamo la cartolina di Serra San Bruno.

Serra San Bruno è Certosa,  ma non solo. Questa cittadina deve la sua origine alla sua millenaria Certosa, nei secoli sarà conosciut come Certosa di Santo Stefano del bosco, la prima in Italia fondata nel 1084 dove oggi troviamo lo splendido Santuario mariano regionale di Santa Maria del Bosco immerso nell’altrettanto millenario verde delle conifere, da Brunone di Colonia, fondatore dell’Ordine monastico certosino. La stessa che nel ‘500 assumerà la forma di grande abbazia, edificata alla maniera rinascimentale con grandezze di forme artistiche ed architettoniche. Purtroppo la grande Certosa, dopo bei secoli legati alla storia feudale, religiosa ed artistica, è stata distrutta dal disastroso terremoto del 1783. Ci restano pochi ruderi: parte della facciata palladiana e del chiostro. Da ogni parte del mondo: poeti, storici, scrittori, giornalisti, scienziati, teologi si sono avvicendati attorno alla storia di questo preziosissimo bene culturale che Serra custodisce gelosamente, orgogliosa com’è di essere stata eletta primogenita della scelta di san Bruno, quando venne in Calabria al seguito del suo discepolo, il papa Urbano II al quale rifiutò la nomina di vescovo di Reggio Calabria e soprattutto gelosa di custodire e venerare le reliquie del Santo che qui vi morì il 6 ottobre 1101. Tra i tanti studiosi della Certosa piace ricordare: Benedetto Tromby, Domenico Taccone Gallucci, Benedetto Croce, Andrè Ravier, Bruno Maria Tedeschi, Agostino Rebecchi, Cesare Mulè, Corrado Iannino, Tonino Ceravolo, Sharo Gambino, Ilario Principe, Enzo Romeo, Pietro De Leo ed altri;  tra i visitatori illustri cito: il re borbonico Ferdinando II, il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, lo statista Alcide De Gasperi, Orace Rilliet e Norman Douglas, il Cardinale Carlo Maria Martini, oltre Papa Giovanni Paolo II e Papa Benedetto XVI. Ma Serra San Bruno non è solo Certosa: è la città dell’arte nel verde. Percorrendo il centro storico visitiamo le quattro chiese che, come ha scritto Enzo Vellone, “sono la prova del nove di un grande retaggio architettonico ben innestato in un contesto paesaggistico e ambientale quasi unico”. La prima di queste è la chiesa parrocchiale  di san Biagio, con artistica facciata in granito a tre navate ed edificata nel 1785; all’interno sono conservate pregevoli opere marmoree, lignee ed oggetti sacri in metalli preziosi, molti di questi provengono dalla Certosa rinascimentale. La seconda è il prezioso tempietto della Regia Arciconfraternita dell’Addolorata di architettura barocca del 1721, ad una sola navata con portale esterno in bronzo del serrese Giuseppe Maria Pisani ed il ricco portale interno ligneo del “professore” Salvatore Tripodi. Pochi metri più in là, la chiesa, la più antica, dell’Assunta detta anche di san Giovanni, di origine ducentesca ma ricostruita nei primi anni dell’800, ad una sola navata con ricchi stucchi barocchi. Infine la chiesa parrocchiale, anche questa, dell’Assunta e, per distinguerla dall’altra, è detta dello Spinetto dal nome del nuovo quartiere sorto dopo il terremoto del 1783, che custodisce un’artistica e raffinata statua lignea  dell’omonima Madonna. Oltre alle citate chiese, a Serra si possono ammirare nobiliari palazzi con portali artistici e soffitti riccamente lavorati, fontane, obelischi e tantissime altre opere d’arte. Insomma un vero museo a cielo aperto immerso nel verde. Di sicuro, oggi, però il vero fiore all’occhiello, in termini di fede, arte e natura è il Santuario mariano regionale di Santa Maria del Bosco, forte richiamo turistico in ogni stagione dell’anno. Siamo a due chilometri dalla Certosa, nell’antico eremo certosino dove sono evidenti i luoghi abitati e vissuti dal Santo. La chiesa, fatta edificare da san Bruno con rami e tavole, è stata in tempi successivi ingrandita e abbellita alla maniera delle chiese del centro abitato. Riedificata in muratura, venne consacrata nel 1094 con la concelebrazione di ben sei vescovi tra cui quelli di Palermo e Catania, alla presenza del Conte Ruggero. La chiesa rimase, poi, gravemente rovinata sempre dal sisma settecentesco ma dopo il ritorno a Serra dei monaci cartusiani, che erano stati espulsi dall’eversione napoleonica del 1807, fu riparata e consegnata al culto e venerazione non solo dei Serresi. Qui vi han trovato sepoltura san Bruno e il  suo primo seguace Lancino. Nello splendido scenario incorniciato da alte conifere di abeti bianchi, faggi, pini ed altre singolari piante, non solo spicca la chiesa che custodisce una suggestiva statua della Madonna, ma di fronte a questa troviamo la cappella che ricorda la grotta dove viveva e dormiva il Santo e per testimoniarlo vi è posta la statua marmorea di san Bruno dormiente, opera di Venanzio Pisani. Scendendo la caratteristica scalinata di Giuseppe Maria Pisani,  il laghetto con il santo tedesco genuflesso e immerso nell’acqua a ricordo dei suoi momenti penitenziali. Qui, nell’ottobre del 1984, nel IX Centenario della fondazione dell’Ordine Certosino, il Papa Giovanni Paolo II venne, vi sostò e pregò insieme ai tantissimi fedeli e a tutto il clero dell’Arcidiocesi Metropolita di Squillace – Catanzaro. Qui il Papa diede anche il titolo di “Basilica” alla chiesetta di Santa Maria. Questa è Serra San Bruno: città di arte, fede e natura, città testimonianza ed opera del Divino. È doveroso, qui, precisare, che tutto il ricco ed abbondante patrimonio artistico è creatura di artisti serresi: scultori, scalpellini del granito, ebanisti, architetti, pittori ed artisti del ferro battuto. Sono artisti figli di tante dinastie che vanno dai Pisani agli Scrivo, ai Barillari e ai De Francesco, dagli Scaramozzino agli Zaffino, ai Reggio e ai Lo Moro e Tripodi già citati. Sono quegli uomini d’arte che hanno costituito la leggendaria “Maestranza di la Serra” che ha arricchito, anche, tante chiese sparse in Calabria: Nicotera, Vibo, Catanzaro, Stilo, Roccabernarda, Petronà, Santa Severina ed altri e financo a Napoli dove ha operato Biagio Scaramozzino..  “Insomma, come scriveva Corrado Alvaro, è il paese di Calabria in cui si vorrebbe sostare. Ha un colore alpino e vi si arriva spiritosa l’aria del mare!”. E non solo. Questo paese, per dirla con lo scrittore Sandro Onofri, “per la sua storia ha assunto nell’immaginario collettivo il valore simbolico del deserto evangelico”. Qui è davvero piacevole anche un breve sosta, mordi e fuggi, tra l’ombra delle sue conifere sparse attorno all’abitato o anche nei suoi bar storici su Corso Umberto I dove non si può fare a meno di gustare i deliziosi gelati e soprattutto il secolare ‘nzullo, biscotto duro sotto i denti ma da una fragranza indescrivibile: se ne chiedi la ricetta, silenzio assoluto. Ed infine, il principe della cucina serrese: il fungo porcino delizioso e prelibato in tutte le salse. Questa è Serra San Bruno che, ancora un a volta, ha accolto un altro papa: il 9 ottobre del 2011 Benedetto XVI. 

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