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Rivista Santa Maria del Bosco - Serra San Bruno e dintorni

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Il cruciverba in serrese

Gioacchino Giancotti
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I fratelli Tedeschi, eroi nazionali, nati a Serra San Bruno

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E’ universalmente noto che la madre degli ignoranti è sempre incinta. Ritengo che fosse gravida anche nei giorni in cui, avviati i lavori di ristrutturazione di Palazzo Tedeschi, nessuno dei nostri solerti uomini di cultura si è preoccupato di salvare il notevolissimo patrimonio di documenti custodito negli archivi del Palazzo. Qualche brandello di quei documenti, messi in salvo dal chirurgo Luciano Calabretta, mi ha consentito di ricostruire, purtroppo con ampie lacune, la storia di Azaria, Pietro, Giacomo e Michele Tedeschi, quattro fratelli, eroi nazionali, nati a Serra San Bruno dove la principale Piazza è intestata ad Azaria, insignito di due Medaglie d’Argento e di Medaglia d’Oro al Valor Militare. Voglio sperare che anche il più distratto dei Serresi si sia accorto che al centro della Piazza, dal piedistallo del Monumento ai Caduti, un fante offre la Vittoria Alata proteso verso Palazzo Tedeschi. Mi rendo conto che per i ragazzi d’oggi l’argomento non è dei più interessanti, meglio conoscere in dettaglio le vicende dell’Isola dei Fumosi, cioè dei fatui venditori di fumo del circo equino televisivo. Grave è che neanche i vecchi ricordino per quale motivo a Serra c’è una piazza intestata a lui. Qualcuno, più informato sa che è morto in guerra da eroe. Bravissimo. Ma in quale guerra, dove e cosa abbia fatto per meritare medaglia e piazza non saprebbe dirlo. Azaria e i suoi fratelli, insomma, sono diventati per i loro compaesani degli illustri sconosciuti. Ebbene, proverò a trarli dall’oblio. I quattro fratelli erano nipoti di Michele Bello, l’antiborbonico fucilato nel 1847 nei pressi di Gerace, ma erano anche nipoti dei borbonici Don Bruno M. Tedeschi, autore dell’opera Il Regno di Napoli descritto ed illustrato, nonché dell’omonimo ex segretario privato di Maria Sofia di Wittelsbach, ultima regina di Napoli, sorella della famosissima Sissi della quale, a ciclo di cometa, ogni estate la Rai ci ammannisce la solita ed edulcorata favoletta cinematografica. Azaria, il più piccolo dei fratelli, nasce a Serra nel 1887. Terminati gli studi, abbraccia la carriera militare. Nel 1911, tenente del 57° Rgt. Fanteria, partecipa alla Guerra Italo-Turca per il possesso della Libia. In Cirenaica combatte alla Battaglia delle Due Palme e prende parte poi allo sbarco di Rodi. All’entrata in guerra contro l’Austria, è Capitano del 1° Rgt. Fanteria, tra i primi ad essere impegnato al fronte. Dopo pochi giorni è aggregato al 79° Rgt. Fanteria, Brigata Roma, con il grado di Capitano comandante la 7.ma Compagnia. Nel luglio del 1915 occupa la postazione di Molga Quartieri in Val Terragnolo; l’anno seguente combatte a Potrik, Puecken, Pinteri, Stadileri, Volta e Piazza. Partecipa all’Offensiva del Trentino, occupa e tiene le postazioni sul Col Santo. E lo stesso fa a Monte Roite sul Pasubio. Mandato a fronteggiare il nemico a Chiesa di Vallarsa, non cede la trincea e, ferito, continua la lotta infondendo coraggio ai superstiti. Ricoverato per lesioni nell’ospedale di Acqui, trascorre la licenza di convalescenza presso il Deposito del Reggimento. Appreso che i propri uomini stanno per essere impegnati in azione, li raggiunge arbitrariamente e, temendo d’essere rimandato indietro, non si presenta a rapporto dai superiori. Partecipa al combattimento, ma è posto agli arresti con una motivazione, scritta dal Comandante della 27.ma Divisione, Generale Coco, che sembra una menzione d’onore. Per il comportamento tenuto in prima linea a Pruche ottiene il grado di Maggiore per meriti di guerra (20.06.1917). Due mesi dopo (25.08.1917), per ulteriori meriti conseguiti sull’Altipiano della Bainsizza, ottiene sul campo la Medaglia d’Argento. Quattro giorni dopo, sulla stessa Bainsizza, gravemente ferito in combattimento, è catturato suo fratello Pietro, tenente del 19° Rgt. Fanteria, al quale nel 1927, dopo minuziose indagini, sarà conferita la Medaglia d’Argento alla Memoria. I due fratelli hanno fatto parte degli unici reparti rimasti a sostenere l’urto di Caporetto per dar tempo alla Seconda Armata di ripiegare. A poca distanza, alle spalle dei due, schierato in seconda linea, il fratello Giacomo ha diretto l’ospedale da campo sottoposto a violento fuoco d’artiglieria nemica. Ha continuato a curare i feriti confermando le doti di sangue freddo che gli erano valse la Medaglia d’Argento (Cascina Medol. 1915) e la Medaglia di Bronzo (Visintini. 1916). Accanto a sé aveva voluto il giovanissimo chirurgo serrese, Tenente Gaetano Manno, fratello del direttore d’orchestra Vincenzo, caduto e dato per disperso nel 1916 sul Carso. In quell’ ospedale, ferito in prima linea, i due medici serresi avevano curato un altro loro eroico compaesano, il Tenente Luigi Criniti, poi noto per le gesta compiute in Etiopia nel 1935-36. Azaria era caduto, colpito da una bomba a mano, sulla cresta del Velik-Vhr (Selo–Bainsizza) il 25.10.1917, durante un violento corpo a corpo mentre era a capo di due compagnie rimaste senza ufficiali. Le due compagnie erano state le uniche a tenere le posizioni, mentre l’intero reggimento era arretrato disordinatamente. Ancora una volta, rinunciando ad una convalescenza per ennesima ferita, Azaria era tornato a guidare gli uomini. Nelle convulse giornate della rotta di Caporetto era stato dato per disperso e tale fu ritenuto nella motivazione del conferimento della Medaglia d’Oro, pubblicata sul Bollettino Militare del luglio 1920. Nel settembre del 1918, nel corso di una cerimonia svoltasi in Villa Margherita a Catanzaro, il Generale Schenoni aveva già conferito ad Azaria la sua seconda Medaglia d’Argento, questa volta alla Memoria. La medaglia era stata consegnata, in presenza del fratello Michele, nelle mani dell’altro pluridecorato fratello Giacomo. La sua foto e la motivazione della medaglia d’oro si trovano nel Sacrario di Redipuglia dove campeggia la lapide con i nomi dei diciotto decorati di medaglia d’oro tumulati nel sacrario.Pietro Tedeschi, che non era militare ma avvocato, era stato avviato alla professione dal fratello Michele, uno dei migliori civilisti e cassazionisti italiani, già collaboratore dello studio legale di Bruno Chimirri. Pietro aveva voluto seguire i fratelli e si era presentato volontario. Adibito con il grado di Tenente del 19° Fanteria a mansioni amministrative nelle retrovie, aveva fatto richiesta di trasferimento al fronte dove sapeva impegnati i suoi fratelli. Durante la disfatta di Caporetto, riportate ferite multiple nella difesa della sua postazione, era stato catturato e trasferito in un campo di prigionia posto ai confini orientali della pianura ungherese. Privo di cure, era riuscito a sopravvivere, ma spegnendosi lentamente. Dopo cinque mesi d’agonia, entrato a far parte di uno scambio di prigionieri, quasi in fin di vita era partito alla volta dell’Italia. Giunto a Mathausen, capolinea della prima tappa di trasferimento, nonostante le cure dei medici dell’ospedale internazionale, era morto alla fine di marzo del 1918. Giacomo, ufficiale di carriera come Azaria, terzo dei fratelli, era nato il 26 giugno 1882. Laureato in medicina, era stato il primo medico militare giunto a Palmi, colpita dal terrificante terremoto del dicembre 1908. A meno di dodici ore dal sisma, in compagnia del Capitano Santini aveva allestito una rudimentale tenda ospedale ed aveva iniziato a prestare le prime cure ai feriti. Tutti i cittadini gli riconosceranno merito e, anche il quindicinale “La Falce”, organo degli antimilitaristi oltranzisti di sinistra, alla sua partenza da Palmi per la Libia, gli tributerà un solenne encomio. In Libia lavora presso l’ospedale militare da campo posto a poche centinaia di metri dalle tre torri radiotelegrafiche di Derna. Partecipa poi alla Prima Guerra dove ottiene le già citate medaglie. Nel dopoguerra è prima in Sardegna, poi a Catanzaro, Direttore dell’Ospedale Militare. Nel corso della Seconda Guerra è stato Comandante del Servizio Sanitario della Calabria. Molti Serresi gli devono la vita per essere stati da lui dichiarati inabili al servizio militare. E’ morto nel 1950 ed è sepolto nel cimitero di Serra San Bruno. Michele, il più grande dei fratelli, nato l’8 ottobre 1876, laureato in Legge a Catania, aveva abbandonato la carriera universitaria per tornare a Serra e prendersi cura dei fratelli rimasti orfani del padre. Era entrato a Catanzaro nello studio legale di Bruno Chimirri, da cui lo dividevano le posizioni politiche. Diventato uno dei migliori civilisti e cassazionisti italiani, era entrato in politica. E’ stato membro della Giunta Provinciale, Presidente della Deputazione ed ha impostato un piano organico, alternativo alla Legge Speciale per la Calabria di Chimirri. Durante il fascismo, da oppositore, aveva coagulato intorno a sé la maggior parte della popolazione serrese, e gli esiti delle votazioni tenute in quegli anni lo dimostrano. Nel 1944 era stato chiamato a Salerno dal governo provvisorio di Badoglio a dar conto della situazione calabrese e, in quella occasione, aveva rifiutato l’offerta di essere nominato Ministro. Fondato il quotidiano “Il Rinnovamento”, era stato nominato Presidente regionale della Croce Rossa, istituendo il trasporto infermi. Presidente dell’Ospedale Civile e dell’Ordine degli Avvocati di Catanzaro, è morto il 30 agosto 1961. Un suo busto commemorativo era un tempo nel Palazzo della Provincia di Catanzaro.

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