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Perché le donne non possono entrare nella Certosa?

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Quando eravamo bambini, gli anziani ci dicevano che le donne non potevano entrare nella Certosa altrimenti avrebbero tremato le mura del monastero… Ma era una pia bugia: la verità non è certamente questa. Cerchiamola.
Secondo la legislazione ecclesiastica, negli Ordini di vita contemplativa (sia maschili che femminili) vige la clausura papale, cioè vige quel tipo di clausura dalla quale soltanto il papa può dispensare.
La clausura (dal latino claudere) può essere definita come un recinto sacro che separa le persone consacrate dal mondo circostante. Il termine di clausura ha due significati. Nel senso formale indica la norma canonica che regola l’ingresso e l’uscita nelle case religiose; in questo senso è una legge positiva della Chiesa che riserva un ambiente destinato ai religiosi o alle religiose. Nel senso materiale indica l’ambiente stesso (casa, chiostro, adiacenze, giardino, chiesa ecc.) destinato ai religiosi/religiose, e sottoposto alla legge canonica della clausura.
La professione di vita separata dal mondo e consacrata al Signore è antichissima nella Chiesa: risale alla seconda metà del secolo III o al principio del secolo IV, e se ne può trovare una testimonianza nella vita di S. Antonio abate, scritta da S. Atanasio.
Il concilio di Trento difese questa antica istituzione e proibì l’ingresso di estranei in clausura con la sanzione della scomunica. La ragione fondamentale fu la custodia del voto solenne di castità. Ma, nei secoli successivi al concilio, acquistarono maggior rilievo altri valori spirituali quali una migliore facilità alla contemplazione, una espressione di povertà evangelica ed una esigenza ascetica della sequela di cristo nella vita verginale e povera e mentre prega solo sul monte.
Le leggi canoniche del concilio di Trento sulla clausura si estesero a tutti gli Ordini religiosi e rimasero immutate fino alla promulgazione del nuovo Codice di Diritto Canonico (1917). Da questa data fino al concilio Vaticano II si ha un crescente apprezzamento della vita claustrale come testimonianza di valori escatologici e teologali. Ecco quanto hanno autorevolmente affermato i Padri conciliari nel Vaticano II: «gli istituti dediti interamente alla contemplazione […] conservano sempre un posto assai eminente nel Corpo mistico di Cristo», ma «il loro genere di vita sia tuttavia riveduto secondo i principi di rinnovamento, nel pieno rispetto però della loro separazione dal mondo» (Decreto Perfectae caritatis, n. 7). Il motu proprio Ecclesiae sanctae del 6 agosto 1966, che presenta le norme per l’attuazione del decreto conciliare Perfectae caritatis, afferma che «il diritto particolare… può, secondo lo spirito e la natura dei singoli istituti, stabilire norme più severe circa la clausura» (art. 9).
Come si può notare, anche dopo il Vaticano II la Chiesa non ha ritenuto opportuno modificare lta disciplina della clausura, e in occasione della visita a Serra, il 5 ottobre 1984, Giovanni Paolo II non ha voluto levare la clausura e fare entrare le donne in Certosa.
Cerchiamo ora di porre la questione nella luce più giusta e vera. L’uomo e la donna sono stati creati per stare insieme, e la donna, secondo la Bibbia, è stata creata per far uscire l’uomo dalla sua solitudine. Invece i nostri monaci e le nostre monache vivano separati: quindi, conclude qualcuno, vanno contro il piano di Dio.
Ma vivono separati dalle donne anche i monaci del Tibet… (Si ricordi che i monaci del Tibet non sono di religione cristiana, eppure anche loro hanno scelto la solitudine: il termine monaco significa colui che vive solo e da solo). La solitudine e la separazione dal mondo, infatti, fa parte del monachesimo come tale.
Ma oggi i tempi sono cambiati, dicono alcuni, e anche nella stessa Chiesa la posizione della donna è mutata: lo attesta lo stesso Vaticano II nella Lumen gentium: «Nessuna ineguaglianza quindi in Cristo e nella Chiesa per riguardo alla stirpe o nazione, alla condizione sociale o al sesso, poiché “non c’è né Giudeo, né Gentile, non c’è schiavo né libero, non c’è né uomo né donna: tutti voi siete uno in Cristo Gesù”» (n. 32).
Allora, perché le donne non possono entrare in Certosa? Non si è rimasti prigionieri di una mentalità arretrata? Non si disubbidisce perfino al dettato del concilio?
Con la loro clausura, i monaci non intendono affatto condannare il sesso femminile come se fosse occasione di peccato o di seduzione, e neppure la clausura serve a difendere la eventuale debolezza dei monaci. Chi pensa questo, possiede una mentalità ancora legata a categorie ereditate dal passato. Il monaco vede le realtà del mondo in una maniera diversa da come le vedono gli uomini del mondo, e il suo voto di castità non significa disprezzo della donna, ma amore per tutte le creature, ad un livello più alto del comune amore umano. Se il monaco rimane solo, è per poter meglio essere disponibile all’incontro col Solo, Dio.
A quanto detto sopra c’è da aggiungere che, in questi ultimi tempi, le visite in Certosa sono state eliminate anche per gli uomini, proprio perché nulla disturbi il silenzio e la solitudine del chiostro, accanto al quale i monaci trascorrono le loro giornate tra lo studio, la preghiera ed il lavoro.

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