sfondo-RM-2023

Rivista Santa Maria del Bosco - Serra San Bruno e dintorni

Domenico Calvetta
Marco Calvetta
white_search.png

DOVE CI TROVI

  • Profumo di Pane
  • Coop Serra San Bruno
  • La Bottega del Pulito
  • Serfunghi di Luigi Calabretta
  • Edicola Grenci
  • Bar Scrivo
  • Congrega Assunta di Terravecchia 
  • Museo della Certosa
  • Istituto Einaudi
  • Edicola Barillari
white_tick.png

Donazione

Aiutaci a sostenere la rivista! Fai una donazione spontanea.

Amount:


Otticairene
Different
Non solo frutta delle 2 P

Il cruciverba in serrese

Gioacchino Giancotti
A+ A A-

Personaggi serresi: Pupo Salvatore, Civetta

Regola la dimensione del testo

personaggi serresi Civetta
Al secolo Pupo Salvatore, classe 1911. Però a lui quel cognome, Pupo, non gli stava bene. Non perché avesse qualcosa da spartire con la famiglia ma non voleva che si facesse confusione tra lui e suo fratello Vincenzo, detto Mbumba, soprattutto al momento della paga dietro che tutte e due erano alle dipendenze del Comune in qualità di spazzini.
Era successo una volta che quando insieme a Mbumba era andato al Banco di Napoli a pagarsi, aveva ricevuto undici banconote: una carta da diecimila e dieci da mille, mentre il fratello ne aveva ricevute venti da mille. Nove in più. Sissignore, nove in più: stesse giornate lavorative, stessa paga……!! E chi glielo garantiva che tutti quei soldi, invece, non toccavano a lui? Pupo lui, Pupo il fratello! Per questo motivo intendeva cambiare cognome per evitare questa confusione che senza dubbio gli arrecava danno. Desiderava essere chiamato Tassone, Tassone Salvatore e non solo per la paga ma anche e soprattutto perché suo fratello era stupido.
Da giovane, Civetta, era ben messo: aveva corporatura robusta, colorito olivastro, baffetti sottili e appena accennati però era la quintessenza della stupidità tra tutti coloro che gli stavano attorno e che costituivano un specie di corte dei miracoli dato che vivevano, a stento, alla giornata.
Non ho mai capito se ciò che faceva o diceva era dovuto a mancanza di intelligenza o a dabbenaggine; ma penso che tanto per l’una quanto per l’altra.
Ho tratto questa convinzione in seguito ad alcuni episodi, significativi del suo modo di pensare e di agire, raccontatimi da lui stesso o da persone a lui molto vicine come la moglie Angilinedha di Paula che lo aveva sposato in seconde nozze, dato che era rimasta vedova per via che le era stato ucciso il marito in un viottolo di campagna poco più sopra “lu vattindieri”. Un manufatto in legno e in muratura costruito sul fiume Garusi, a ridosso del ponte di “ donna Bettina” lungo la strada per “Guido”; là , per mezzo di un possente maglio, venivano pestate le manne di lino per staccare le fibre dalla parte legnosa.
Una tradizione religiosa di Serra vuole che la sera del mercoledì santo i simulacri della Madonna Addolorata, di Maria Maddalena e di San Giovanni dalla chiesa della Addolorata,nella quale sono custoditi, vengono portati in processione nella chiesa Matrice dove è già predisposto tutto per il rito che si svolgerà il giorno dopo. Sul lato destro dell’altare maggiore viene collocato un Crocefisso, grande, ad altezza d’uomo, al momento nascosto alla vista dei fedeli da un tendaggio che sarà rimosso poi, sera di giovedì santo, durante una toccante funzione religiosa culminante con la deposizione del Cristo. Sera di mercoledì, quindi, a fine processione, le predette statue vengono collocate ai piedi della croce, .
Quella sera, Civetta, che era stato uno dei quattro portatori a spalla della statua di S. Giovanni, era seduto insieme alla moglie attorno al braciere quando di punto in bianco le chiese: “Angilina, tu dici ca stanotti lu Signuri si spagna di lu scuru ?” (paura del buio) E lei con aria di compatimento per la stupidità del marito gli rispose chennò perché il Signore non era solo laddentro ma cerano pure la Madonna, la Matalena e Sangianni.
Però quella volta, (anno 1940) che in un paesino della Francia meridionale riuscì a risolvere un problema semplice e complesso nello stesso tempo al signor tenente, dimostrò di possedere molto buon senso e molta perspicacia.
“Un tardo pomeriggio afoso di fine giugno, stanco e annoiato si era seduto a terra davanti alla tenda per fumarsi una Milit ( ora poteva fumare sigarette giuste e non fatte di trinciato o di tabacco ricavato dai mozziconi e avvolto nelle foglie sottili ed ingiallite delle pannocchie).
Il pensiero lo portava lontano, al paese, a quando insieme ai compagni di avventura , (lui già adulto), nei primi pomeriggi primaverili andavano alla caccia delle lucertole che si godevano il tepore del sole distese ed immobili sui muretti di pietra. Oppure in cerca dei nidi di passero per catturare gli uccellini e bere le loro uova. E ricordava ancora quando con i compagni, in attesa di scaricare le merci nel magazzino di Di Bianco, giocavano alla mpigna ( consisteva nel prendere a calci un berretto di uno di loro - individuato dopo fatta la conta - fino a ridurlo uno straccio; se poi si trovava a passare qualcuno di quelli che normalmente sfottevano, con un colpetto di mano gli facevano cadere la coppola a terra quindi, a furia di pedate, se la passavano tra loro mentre quel poveraccio andava da una parte all’altra nel tentativo di poterla recuperare. Che divertimento e che risate alle imprecazioni e alla disperazione di quel malcapitato ! )
Oppure quando giocavano a battimuru lanciando le monetine contro il muro… “ testa!..” “croce!... “
Mentre era assorto in tali pensieri, lo avvicinò il Sergente e gli disse di andare al Comando poiché il signor Tenente voleva parlare con lui. Alquanto sorpreso di questa chiamata si alzò, si riassettò, si spolverò i pantaloni e si presentò all’Ufficiale Comandante.
Quando si trovò di fronte al sig. Tenente rimase impietrito. Si sentì pervadere dall’emozione, gli venne un nodo alla gola e gli occhi s’inumidirono, voleva abbracciarlo, dirgli che pure lui era serrese….. ( “ O Mantovano, i ‘ son Sordello della tua terra !.... “ !!!). Chi glielo avrebbe mai detto che a migliaia di chilometri di distanza, in terra di Francia, avrebbe incontrato il “maestro Ottaviano” ( poi valente direttore didattico del Circolo di Serra S. Bruno), il figlio di don Bruno Salerno! che lui aveva parecchie volte servito?!
Se grande fu la sorpresa di Civetta, più grande fu quella del tenente Salerno non solo perché aveva riconosciuto, nel soldato, Pupo Salvatore ma perché sapeva che era incolto e primitivo e non avrebbe mai potuto assolvere il compito che gli doveva affidare: si trattava di mandarlo nella cittadina francese, dove erano di stanza, e ordinare lo spegnimento delle luci, dato che si era in zona di guerra e vi era l’obbligo dell’oscuramento. E non era certo affare di Civetta! Il quale ammalappena conosceva il dialetto serrese; immaginiamo, poi, esprimersi in lingua francese. Tuttavia, non avendo altro militare a disposizione, volle provarci lo stesso.
- “ Comandate signor Tenente ! “ fece Civetta mettendosi sull’attenti
- “ Dovresti andare in giro per il paese e dire alla popolazione di spegnere tutte le luci però lo devi dire in francese; dire ad alta voce: etendre la lumiere!
Civetta prima lo guardò perplesso, poi risoluto gli disse: “No vi prioccupati, signor tenenenti, ca mò è pinsieru lu mio”. Salutò militarmente e andò via.
Il tenente Salerno rimase pensieroso e perché non chiese spiegazioni e perché se ne andò sicuro del fatto suo. Certo è che alla sera il paese era nel buio completo. Civetta, avendo riscontrato una certa analogia tra la frase in francese e una in dialetto serrese, si era messo a gridare nelle strade e nelle piazze della cittadina “ Attienti alla lumera “ “ Attienti alla lumera ! “ ( in dialetto serrese la lumera è il lume).
Quando veniva a Serra per qualche breve licenza, i compagni lo aspettavano con impazienza poiché volevano sapere da lui come era la vita sul fronte e che cosa aveva visto…..ecc ecc .. ed egli pavoneggiandosi in quella divisa un po’ fuori misura e che lo rendeva importante ai loro occhi, non si faceva pregare e circondato da quei pària, seduti insieme a lui sui gradini della chiesa Addolorata, raccontava di quando si era recato a raccogliere quattro pesche in un orto vicino all’accampamento, ad un certo momento sentì un gran rumore, girò la testa da quella parte per rendersi conto e in lontananza vide “ nu nimalu, foradiccà, randi e luongu quantu di lu Carvariu a Santamaria chi fujia gridandu e cacciando fumu, chidhi siminati – siminati”.
Lui ne rimase sbalordito Però non era, come aveva creduto, un sampaolo, ( serpente ) ma, come qualcuno gli disse dopo, era un treno che serviva a portare la gente da una parte all’altra. E pure lui ci era salito sopra; l’aveva provato quando dovette andare al fronte ed era fatto di tanti postali, come quello di Ferdinando e di Michelangelo, messi insieme, uno dietro l’altro.
E – raccontava - di quella volta che aveva visto un lago azzurro grande quanto il cielo, centomilavolte più grande di lu guttazzu e dentro cerano delle barche alte quanto una montagna.
Non si stancava mai di narrare e quelli con la bocca aperta e gli occhi spalancati per la meraviglia di quanto andava dicendo e volendo saperne di più chiedevano: “ Eravate in molti sotto le armi ? e di dove eravate ? “ Ed egli rispondeva che erano a centinaia, anzi a mijjara, di tutte le razze: taliani, chiaravadhuoti, valilunghisi, di lu Pizzu….
Mentre parlava, infilò la mano nella tasca della giubba alla ricerca delle milit ma invece del pacchetto delle sigarette la sua mano afferrò la fionda; avvertì un piacevole sensazione e allora si alzò e rivolgendosi ai compagni disse: “ Jimu a caccia di licierti! “ ( lucertole ) A questo invito, anche gli altri si alzarono e lo seguirono.
Ciascuno di loro possedeva “la friccia” (la fionda) consistente in due strisce elastiche ricavate da una camera d’aria di bicicletta le cui estremità erano legate da una parte a un pezzo di cuoio largo tre dita e dall’altra a una forcella ricavata da un rametto di albero
Appena fuori paese imboccarono un viottolo di campagna. Civetta scorse su un lato nu chiccaru (un barattolo vuoto ) di conserva. Trasse dalla tasca la friccia, si chinò, raccolse un sasso di piccole dimensioni, lo sistemò all’interno della striscetta di cuoio poi, tese gli elastici prese la mira socchiudendo l’occhio sinistro e fece partire il colpo; si sentì un rumore metallico e il barattolo fece un volo di oltre due metri.
Civetta aveva ancora una buona mira!

white_info.png

Annunci in Bacheca

  • image
  • image
  • image
Previous Next
Tucci Motors

Come eravamo - Foto d'epoca

Loading script and Flickr images

The Best Bookmaker Betfair Review FBetting cvisit from here.

Traduttore

Italian English French German Spanish
white_arrow.png

Calendario articoli

Aprile 24
L M M G V S D
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30 1 2 3 4 5

Seguici su facebook

white_arrow.png

Articoli più letti

  • 1
  • 2
  • 3
  • 4
  • 5
Prev Next

Fatti straordinari: NATUZZA MI DISSE: “ …

Fatti straordinari: NATUZZA MI DISSE: “ Guardate meglio il Vostro orologio…adesso mi credete?”

Hits:42929|VISITE Franco Inzillo - avatar Franco Inzillo

Il lungo calvario di Natuzza Evolo

Il lungo calvario di Natuzza Evolo

Hits:22707|VISITE Sharo Gambino - avatar Sharo Gambino

Inchiesta su Paravati | Il caso di Natuz…

Inchiesta su Paravati | Il caso di Natuzza…una diatriba per denaro e potere!

Hits:16999|VISITE Domenico Calvetta - avatar Domenico Calvetta

Il mistero della foto di Padre Jarek.

Il mistero della foto di Padre Jarek.

Hits:13814|VISITE Domenico Calvetta - avatar Domenico Calvetta

La mia terra spogliata di tutto dal 1860…

La mia terra spogliata di tutto dal 1860 ad oggi!

Hits:13572|VISITE Antonio Nicoletta - avatar Antonio Nicoletta

Rivista Santa Maria del Bosco - 89822 Serra San Bruno. Reg. n. 1/15 Tribunale Vibo Valentia. Copyright © 2021 Rivista Santa Maria del Bosco. Tutti i diritti riservati. Web Designer Marco Calvetta

Questo sito utilizza cookies. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookies clicca su “Maggiori Informazioni” e leggi l’informativa completa. Cliccando sul tasto “Accetto” acconsenti all’uso dei cookies. Maggiori Informazioni