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Personaggi serresi: Vittorio "di li ciai", un diacono mancato...

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Vittorio di li ciai
Sollecitato da amici e parenti, mi sono deciso a scrivere qualcosa su Vittorio Scrivo ( più conosciuto come Vittoriu di Li Ciai ) sia per rendere omaggio alla sua memoria e sia perché all’inizio degli anni 70, ebbi il piacere insieme ad altri miei coetani, di frequentarlo e condividere la sua simpatica compagnia.

Allorquando quarant’anni orsono il nostro Vescovo giunse in pompa magna avanti la chiesa Matrice della nostra cittadina, fra l’imbarazzo dei parroci presenti e di Turi lu sagristanu, ebbe modo di notare la seguente scritta bianca a caratteri cubitali: “ il popolo chiede al Vescovo di nominare diacono don Vittorio”. Alle legittime richieste di spiegazioni del loro Capo, i preti snobbarono diplomaticamente la personalità dello Scrivo e non diedero seguito all’istruttoria per l’eventuale carica ecclesiastica al “candidato”.
Sul piano delle indagini mai si seppe con certezza chi furono gli autori materiali del fatto, anche se si pensò che le generalità di essi erano da ricercare nei numerosi seguaci che frequentavano la casa di Vittorio. Ma come andarono veramente i fatti? Lo Scrivo, alle due della notte prima la venuta dell’alto Prelato, allertato da una soffiata di qualche confidente che lo informò sull’accaduto, si alzò dal letto, si vestì, scese la scala di legno e cercò di aprire il portone esterno della sua casa per uscire fuori, ma non riusciva ad aprirlo; qualcosa si era fatalmente incastrato o era il diavolo che voleva mettere alla prova la sua integrità di uomo di chiesa? Si accorse in ritardo che non era né l’uno né l’altro, ma che era stata la mano dell’uomo! Infatti salìte le scale, dal balcone notò che una spessa corda tesa, era posta tra la maniglia del vecchio portone e la ringhiera della scala esterna! Mai poteva aprirsi quel portone dall’interno con la sua sola forza! E allora si mise a cercare aiuto. Dopo circa 15-20 minuti, il vicino più volenteroso ed abituato alle scorrerie di casa Vittorio, tagliò non senza difficoltà la corda e LUI uscì correndo con un secchio e una scopa verso la vicina chiesa Matrice.
Lo Scrivo era di carattere schivo e riservato da ogni pubblicità e voleva evitare che il Vescovo leggesse quella richiesta non partita dalla sua persona; per più di un’ora cercò di cancellarla; tentativo condito da imprecazioni e bestemmie contro gli ignoti ( i muli diceva lui…) che avevano commesso il fatto. Si seppe in seguito da dicerie di paese, che gli autori avevano usato la potente vernice che usa il comune per la segnaletica stradale che rimase intatta ai colpi di acqua e sapone inferti da Vittorio, anzi la scritta di colore bianco, ben lavata, divenne più chiara e più leggibile! Si seppe pure che gli stessi autori, avevano diabolicamente legato la porta per far ritardare l’intervento del nostro, dando la possibilità alla vernice di asciugarsi e divenire incaccellabile. Lui ad un certo punto, vista l’impossibilità di raggiungere lo scopo della cancellazione, alle 3 di notte, sudato, stanco e avvelenato, si ritirò quatto quatto a casa sua e non uscì almeno per tre giorni
L’episodio del “vescovo” fu il culmine della carriera pesudo-ecclesiatica dello Scrivo…ma come era iniziata questa sua notorietà fra i giovani di allora? E chi era veramente questo mancato diacono?
Classe 1930, fu cresciuto dalle quattro zie “vizuoche” all’ombra di immaginette religiose, rosari, messe, processioni, comunioni, solenni canti da dietro l’altare; fu allievo di Mastru Luvici L’Angiluni ed ebbe in comune con lui la bravura e quel timbro nasale simile all’attore e regista teatrale Carmelo Bene. Sempre presente ai riti religiosi che la Chiesa introdusse attraverso la sua vita plurisecolare, occupando per tutto l’anno la vita quotidiania del fedele. Ora dolce ed educato nel rivolgersi al prossimo, poi impulsivo ed offensivo quando si accorgeva di essere preso in giro. Soprattutto quando veniva salutato con un normale Ciao, diveniva una bestia ( in quanto suo soprannome ufficiale ). Spesso lo prendeva l'adrenalina e allora iniziava sempre con queste parole: smettetela con queste risatelle e scherzi carnavaleschi!. Nelle sue “conferenze” tenute sopra la sua vecchia casa, partecipavano gruppi di giovani di diversa estrazione sociale. Lui possedeva un vecchissimo organo a mantice che durante i canti emetteva un suono simile ad un verso di un animale ( e a noi ci scappava la “risatella”…). Usava un vecchio e cadente pulpito e nelle prediche usava un linguaggio biblico-artigianale che si trasformava, quando si accorgeva della furtiva risatella, in imprecazioni, in colorite bestemmie e ingiurie contro gli autori del misfatto. Come quando una volta qualcunò orinò all’ingresso della sua casa e lui nel dibattito sul referendum del divorzio ( che non c’entrava niente… ) disse: qualcuno ha profanato la mia casa…ma subito dopo: chi sono stati quei muli e figli di…che hanno orinato il mio portone?
V. litigava sempre con i suoi vicini…negli anni 70’ la parte bassa del Corso Umberto I° ( dal bar Fiorindo in sotto ) pullulava di attività e personaggi di grande simpatia: vi era il negozio di Umberto Campese, il salone di Pasquale Bruzzì, la parruccheria di Turinu Pupo ( allievi Tonino Errigo e Salvatore il Mazaco ), il bar di Vittorio di Biagina, l’alimentari di Michelino Stingi e di una certa Mena, la scuola guida Ariganello- Scrivo, il cinema Aurora e gli autoricambi di Pieppuseda. Questo per dire che V. si trovava in un verminaio di intelligenti cugghiuinaturi a cinque stelle super…!
Lui, oltre al soprannome ufficiale “di li ciai”, possedeva altri soprannomi ufficiosi che rispecchiavano la sua singolare personalità e venivano inventati dai suoi “nemici”. Mastru Dumiani Scicchitano ( riparazioni biciclette ) lo chiamava lu stupidu-malignu; Spidita la centenaria lo chiamava Lu Lindinuni ( maschio della rondine, perché usava sempre giacche e cappotti neri un paio di misure più grandi ) e lui ricambiava con un Faccia di quadru antichu ( per via della pettinatura stile dame 600’…); Luzza la Nacreta, la mamma di Peppe Federico, lo chiamava Cornelio ( per via della moglie presto emancipatosi…) e così via.
Ci sarebbe molto ancora da scrivere e lo scriverò in altre occasioni…ma la redazione mi pone dei paletti spaziali oltre i quali non posso andare per rispetto verso gli altri collaboratori della rivista che hanno gli stessi miei diritti e doveri. A presto.

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