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Il cruciverba in serrese

Gioacchino Giancotti
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Storia serrese: Non profanate le tombe dei nostri padri!

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Nel corso dei lavori all’interno della Chiesa Matrice sono state rinvenute delle tombe contenenti i resti mortali di antichi cittadini serresi. Nessuna meraviglia! Chi conosce un po’ di storia della cittadina sa che un tempo i defunti venivano seppelliti nelle chiese e, non solo a Serra San Bruno, ma in molte altre parti d’Italia.
Si hanno notizie storiche, ad esempio, che la Cappella del Santo Rosario, sita sul lato destro della Chiesa Matrice, era riservata alla Congregazione del Santo Rosario, composta da sole sorelle. Al momento del decesso i congregati trovavano sepoltura sotto il pavimento delle loro rispettive Cappelle. Perché, dunque, meravigliarsi se, oggi, scavando sotto il pavimento della Chiesa Matrice si trovano ossa umane, ben ricomposte entro sarcofaghi rudimentali, accatastati uno sull’altro, in spazi ristretti? Sono i resti mortali dei nostri padri dei quali abbiamo perduto memoria e che riposano in pace da lunghi anni nel luogo dove ogni giorno innalziamo le nostre preghiere al Signore e che forse, per questo, si sentono più vicini a noi, perché odono i nostri canti e sentono il peso dei nostri passi sopra di loro.
Il tutto lo si può rilevare dal libro dei defunti in cui venivano trascritti i nomi dei deceduti e il luogo dove venivano seppelliti. A volerlo si possono anche individuare con nome e cognome i morti seppelliti nella Chiesa Matrice e anche quelli seppelliti nelle Congreghe dell’Addolorata e dell’Assunta, perché il sacerdote, che aveva il compito di trascrivere sul libro i nomi delle persone che passavano a miglior vita, annotava con cura meticolosa il luogo dove avveniva la sepoltura. Riportiamo qualche esempio di tale trascrizione:
“Nell’anno 1814, il giorno 14 del mese di dicembre Petronilla Giancotti, di Giacomo e di Teresa Giancotti, detta di Marra, di questa cittadina, moglie del maestro Pasquale Brunini, di circa ottanta anni di età, è deceduta nella sua abitazione. E’ stata confessata da don Salvatore Bava, corroborata dall’olio dell’estrema unzione e confortata dal viatico amministrato da don Francesco Giancotti . Il corpo della defunta è stato seppellito nella Chiesa Matrice nel sepolcro della sua famiglia, sito davanti l’altare di Maria Immacolata Concezione.”
“Nell’anno 1817 il giorno sei del mese di agosto il fabbro Antonio Drago, figlio di Bruno e di Anna Zaffino, di questa cittadina, marito di Anna Pagano, all’età di 59 anni, rese l’anima a Dio nella sua abitazione. E’ stato confessato da don Giuseppe Vono, confortato dal Santo Viatico e dal Sacramento dell’estrema unzione. Il corpo del defunto, adempiti gli atti dello stato civile, fu seppellito nella Chiesa Matrice in uno dei sepolcri comuni.”
Dal libro dei defunti si possono ricavare molte altre notizie intorno all’uso della sepoltura dei morti a Serra San Bruno. Si evince, in particolare, che la maggior parte dei cittadini serresi veniva seppellita nella Chiesa Matrice dove esistevano i sepolcri comuni, destinati a quelli che non erano iscritti a nessuna delle Congreghe; esistevano, inoltre i sepolcri di famiglia, appartenenti ai cittadini benestanti che avevano la possibilità di mantenersi e costruirsi in proprio una Cappellla; vi erano ancora i sepolcri dei fanciulli, riservati ai pargoli che morivano in tenera età; i sepolcri delle consorelle della Congregazione del SS. Rosario, situati sotto il pavimento dell’omonima Cappella; i sepolcri degli appartenenti ad altre Congregazioni consimili, che facevano capo ad una specifica Cappella e, infine, vi erano i sepolcri dove venivano seppelliti i sacerdoti, che si trovavano sotto il pavimento del Coro. La Chiesa Matrice, dunque, oltre che un luogo dove si svolgevano le funzioni religiose giornaliere era un vero e proprio cimitero dove trovavano riposo i corpi di tutti i cittadini che morivano nell’ambito del territorio ricadente sotto la giurisdizione del Comune, normalmente coincidente con quella ecclesiastica.
L’istituzione dei cimiteri avvenne con l’editto di Saint Cloud, emanato nel 1804 da Napoleone Buonaparte. Questo Editto raccolse organicamente in un unico corpus legislativo tutte le precedenti e frammentate norme sui cimiteri. L'editto stabilì che le tombe venissero poste al di fuori delle mura cittadine, in luoghi soleggiati e arieggiati, e che fossero tutte uguali, solo con nome, cognome e date. Si voleva così evitare discriminazioni tra i morti. Per i defunti illustri, invece, era una commissione di magistrati a decidere se far scolpire sulla tomba un epitaffio. Questo editto aveva quindi due motivazioni alla base: una igienico-sanitaria e l'altra ideologico-politica. Fatto sta che da allora in poi era proibito seppellire i morti nelle chiese o all’interno dei centri abitati e veniva fatto obbligo di effettuare le sepolture in luoghi appartati e solitari che sul piano igienico sanitario erano più funzionali allo scopo e non comportavano anomale connivenze di vivi e morti nello stesso spazio ambientale.
Questo Editto sembra, però, non avere interessato molto i Serresi i quali continuarono a seppellire i loro morti nelle Chiese anche successivamente alle disposizioni napoleoniche. Se diamo un’altra occhiata al libro dei Defunti ci accorgiamo che nel nostro paese si e’ continuato tranquillamente a dare sepoltura ai morti nelle Chiese fino all’anno 1841. E tutto questo ben 37 anni dopo l’emanazione dell’editto di Saint Cloud. Forse il tempo di individuare il sito e di costruire il cimitero il quale fu aperto nell’anno 1840 e cominciò a funzionare l’anno successivo, dopo la solenne consacrazione avvenuta per mano dell’arcipretete don Michele Regio il 1° ottobre 1841. L’idea di seppellire i morti fuori delle Chiese non piacque molto ai Serresi i quali continuarono per molto tempo ancora ad onorare i defunti messi a riposare sotto il pavimento dei luoghi di culto cittadini e, poiché furono costretti a servirsi dei cimiteri, riservarono l’onore della sepoltura all’interno delle Chiese solo a quei cittadini illustri che, in vita, avevano meritato encomi e riconoscimenti solenni per la loro opera sociale.
Oggi, a voler liberare dalle salme i loculi siti sotto il pavimento delle Chiese e, in particolare della Chiesa Matrice, occorrerebbe dare avvio ad un’opera immane, non senza arrecare gravi danni all’originale struttura della pavimentazione e della conformazione della Chiesa. Ma perché farlo? Il buon senso vuole che tutto resti come è sempre stato a perenne memoria delle antiche tradizioni locali e, soprattutto, a doveroso rispetto dei corpi dei nostri padri defunti che sotto il pavimento della Chiesa hanno trovato riposo eterno. Mettere le mani su quelle tombe sarebbe come profanarle e la rimozione di una sola bara sarebbe oltremodo ingiustificata qualora avvenisse per motivi futili, come ad esempio, per installare i tubi di un termosifone.
Per tale motivo ci viene spontaneo lanciare un monito nella convinzione di interpretare la volontà unanime dei cittadini serresi: NON PROFANATE LE TOMBE DEI NOSTRI PADRI!!!

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