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Gioacchino Giancotti
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Un mondo perduto | Dopo 55 anni rincontrano il loro professore.

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un mondo perduto il professore
La mattina di un giorno di Agosto tre ragazzi degli anni cinquanta si mettono in macchina per recarsi da Serra San Bruno a Nicastro. Devono fare una visita molto speciale. Sono anni che ne parlano ma soltanto ora hanno deciso finalmente di non rinviare oltre. A dire il vero, non sanno nemmeno se la persona che vanno a trovare sia a casa, se stia bene in salute, o se rivedendoli li riconoscerà. Sanno soltanto che è viva e molto avanti negli anni. Arrivando a Nicastro non vanno subito a casa del Professore: prendono un caffè, fumano una sigaretta, chiacchierano, insomma perdono tempo, quasi volessero ritardare l’incontro: perché qualcosa si agita nei loro animi, ma non sanno di che si tratta, almeno non lo sanno ancora. Finalmente risalgono in macchina, entrano in una stradina sterrata - forse una volta qui era campagna, adesso è pieno di costruzioni, ma in Calabria c’è sempre qualcosa di provvisorio - si fermano davanti ad una palazzina gialla, circondata da vigneti, questa volta finita. Cerchiamo il Prof. Valentino Fragiacomo, chiede uno dei ragazzi, che conosce i luoghi, abitando a Nicastro da anni.
Si affaccia un signore: se è lui è molto dimagrito, ma è lui? Scende a riceverci. Sì, è lui, e sentendo i nostri cognomi ci individua subito. I ragazzi, infatti, siamo noi – Carella Alberto, De Raffele Carlo e Calvetta Giuseppe - e siamo stati suoi allievi, a lettere, per tre anni di scuola media. Il nostro Professore ha un eloquio lento, chiaro e ben scandito, uno sguardo dignitoso e fermo, forse un po’ intimidito: o solo più dolce? Ricorda tutto. Si comincia a parlare del tempo che fu, di Serra, della scuola media, di presidi, professori e compagni di scuola: il Preside Pisani, il Segretario De Blasio, Peppe Federico… una lunga lista di assenti, che da tempo riposano su una collina. Il Professore veniva da Nicastro a Serra, con tutte le intemperie, in Vespa, ci insegnava a parlare, a scrivere, a mettere in ordine i pensieri, a proiettarci verso il futuro. Parlando di questo e di altro, senza accorgercene, stiamo tornando indietro nel tempo, ed il viaggio da Serra a Nicastro si sta trasformando, come per incanto, da un viaggio nello spazio in un viaggio nel tempo. Il Professore nasconde come può l’emozione, e noi pure.
Ma come eravamo? Poveri, semplici, poco esigenti ma pieni di aspettative e di speranze, perché l’avvenire allora era davanti a noi: certamente ancora confuso, incerto, ma davanti. E come poteva essere diversamente? Anche l’Italia era povera, semplice, bonacciona ma cominciava anch’essa a muoversi: verso la modernità. Mi meraviglia avvertire, ora, “l’accento” del Professore: non me ne ricordavo, perché allora non lo avvertivo. E come potevo? Non avevo altri punti di riferimento: Serra e dintorni erano il mondo. Ora, punti di riferimento ne abbiamo anche troppi, ma quell’Italia, quel mondo, persino quei ragazzi com’erano allora non ci sono più, sono scomparsi per sempre. Ora, tutto è dietro di noi, e la parabola si avvia verso l’epilogo.
Più simili pensieri si risvegliavano in noi, più si rafforzava l’impressione di inoltrarci – per qualche minuto o per lunghi secondi - in un’altra dimensione: era come ritrovare un mondo perduto. Di tanto in tanto, il Professore guarda lontano, come verso un orizzonte senza confini: attimi di disorientamento? O fors’anche di beatitudine, come davanti ad una visione incantata? Di tanto in tanto esprime con la dignità e la compostezza che gli sono proprie la meraviglia di averci lì, dopo tanto tempo. I ragazzi, infatti, sono cresciuti, sono “partiti”, ed ora, dopo tanti anni e tante peripezie, sono “tornati”. Non vedevano il Professore dal 1958; allora, 55 anni fa, erano degli adolescenti, ora si avvicinano ai settanta.
Intanto sono trascorse due ore e l’incontro volge al termine, i “ragazzi” si alzano per accomiatarsi. Un piccolo nodo alla gola? Roba da femminucce! Fuori fa molto caldo, ma essi hanno la macchina con l’aria condizionata e il problema sarà subito risolto: altro che la Vespa! Appena in macchina, smanettano con i telefonini, chiamano mogli, compagne, figli, ed amici; quindi imboccano l’autostrada e si dirigono verso un ristorante; nell’agitazione dell’estate le macchine sfrecciano veloci; tutti – e noi con loro - hanno fretta di arrivare per poi poter subito ripartire.
Ma dopo l’incontro con il Professore qualcosa è cambiato per “i ragazzi”: è forse per questo che essi avevano cercato di ritardarlo? Ora essi non possono fare a meno di avvertire con un certo fastidio queste manifestazioni di modernità chiassosa, come se esse rompessero un incantesimo e profanassero antiche memorie; e in effetti, senza il Professore, nel traffico dell’ autostrada, con i telefonini che suonano, quel mondo perduto - e per momenti ritrovato - sembra volersi dileguare per sempre, per tornarsene nell’indistinto in cui era stato tenuto per mezzo secolo.
Anche il disorientamento dei “ragazzi”, al pari di quello del Professore, dura un attimo, ed un attimo dopo tutto ritorna apparentemente come prima. Senza ombra di rimpianti. Ma anche senza beatitudine e senza visioni incantate: queste sono rimaste nella palazzina gialla, con il Professore.

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