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Il cruciverba in serrese

Gioacchino Giancotti
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Soriano: “Mastazzola e Mastazzulari”, un’arte che si perpetua nel tempo.

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mustazzolaIn ogni grande festa patronale che si celebra nella nostra regione, non possono mancare, ormai da secoli, i “mastazzolari” di Soriano. Sono loro, questi particolari venditori ambulanti, che danno una caratterizzazione singolare tra folclore e religiosità alle nostre feste. Ed anche nella grande festa mariana della Madonna di Capo Colonna di Crotone i mastazzolari sono presenti già dal mezzogiorno del 30 aprile quando la Chiesa crotonese dà avvio alle celebrazioni con la “calata” della grande Icona bizantina. Sono già nelle immediate adiacenze della Cattedrale e poi ancora più numerosi tra le multicolori bancarelle della grande fiera.
I mastazzolari sono quei venditori, anche abbastanza anziani, che non mancano mai di ritornare, durante la primavera mariana, a Crotone per esporre la loro antichissima mercanzia:i mostaccioli di Soriano. Cosa sono? Quale la loro storia? Per chi scrive è davvero una pagina emozionante chè ricorda la storia delle proprie radici, la storia di Soriano la terra che diede i natali al proprio genitore.
I mostaccioli di Soriano, detti “mastazzola”, in origine prodotti anche con mosto cotto, da cui prendono il nome ( mustaceum, mustacea, antica focaccia preparata con farina, mosto cotto e anice, condita con grasso cacio e cotta su foglie di lauro), sono dei gustosi biscotti prodotti oggi esclusivamente con farina, miele e tanti aromatici ingredienti, secondo una ricetta che, da secoli, i Sorianesi si tramandano da padre in figlio.
Il filologo G. Rohlfs, nel suo “Dizionario dialettale delle tre Calabrie”, definisce i “mostaccioli sorianesi” “specie di dolci di farina impastata con miele o mosto cotto”; mentre, per lo scrittore G.B. Marzano, sono “dolci caserecci fatti con farina, miele cotto, conditi con droghe, di forma romboidale, a pupattoli, panierini e simili.”(Dizionario etimologico del dialetto calabrese).
Sono i “mastazzola” di Soriano che negli ultimi anni hanno trovato posto anche in rassegne culturali e mostre prestigiose. Nel 1969 sono stati esposti alla “Mostra-mercato dell’artigianato internazionale” di Pittsburg (USA) e nel 1987 al “Museo nazionale delle Arti e delle tradizioni popolari” di Roma. Qui  hanno fatto la loro bella figura per la rassegna de “La cultura della bambola”: insomma accanto alle bambole di stoffa dagli occhi azzurri e dai capelli turchini giunte da ogni regione d’Italia, anche le nostre “pape”, “dame”, “pacchiane” e pure il tradizionale cuore decorato di stagnola policroma con la scritta “amor” che gli “ziti”, i fidanzati, si scambiano in occasione delle feste  patronali o nel giorno onomastico e tutto fedelmente prodotto nella terra di San Domenico.
Anche se Soriano è considerata la vera patria di questi tipici dolci calabresi, che da febbraio a settembre sono presenti in tutte le sagre e le feste, per la verità non è l’unico paese produttore. Ma i nostri  si distinguono dal tipo di lavorazione, come spesso mi raccontava mio padre.
Qui ogni singolo “pezzo” è lavorato a mano su lunghe tavole di noce, sulle quali i giovani lavoranti, dopo aver manipolato a dovere la farina, il miele e le essenze aromatiche, modellano, con la pasta ottenuta, gli oggetti più strani e bizzarri. Nascono così, oggi un po’ di meno per via della modernità e della sovrabbondanza di altri dolci provenienti dal nord, nascono così, dicevo, cavallucci, agnellini lanuti, torelli bizzosi, grandi cuori con la scritta “ti amo” o “amor” e tanti altri “scherzi” (come in gergo vengono chiamate queste composizioni), in cui elementi decorativi ed un ricercato gusto del particolare, danno vita ad antiche forme, cristallizzate dalla tradizione.
La loro origine probabilmente viene da molto lontano nel tempo. I più la fanno risalire al 1510, anno di fondazione del Convento di San Domenico e della venuta dei Domenicani a Soriano, i quali hanno introdotto la lavorazione dei mostaccioli che, a loro volta, avevano appreso dai monaci certosini della vicina Serra San Bruno. Quest’ultimi hanno lasciato ai Serresi la tradizione di un biscotto similare, gli “’nzulli”, la cui lavorazione non è molto differente, è solo l’esito diverso: il dolce è molto duro sotto i denti rispetto ai mostaccioli.
Ma secondo una testimonianza di Teocrito nel XV idillio detto delle “siracusane”, che indica i mostaccioli come “ex voto” da offrire alle divinità per grazia ricevuta, quelli di Soriano risalirebbero addirittura a tre secoli prima di Cristo.
Beh dopo oltre duemila anni, i mostaccioli non sono sostanzialmente cambiati ma son sempre “sculture povere ma belle”.

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