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Rivista Santa Maria del Bosco - Serra San Bruno e dintorni

Domenico Calvetta
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Il cruciverba in serrese

Gioacchino Giancotti
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gioacchino giancottiPer noi bambini che giocavamo nelle strade adiacenti le nostre case, (senza peraltro mai attraversare il corso “Regio”), quel rumore tipico di bottiglie di vetro che urtavano morbidamente le gabbiette di metallo, era motivo di allegria, sia per il canglore che esso causava e sia perché ci aggrappavamo all’autocarro 615 Fiat per essere trasportati nella vicina cantina di Michele Panucci ( lu Caca Michieli ), fra le bestemmie ed imprecazioni di Candia che ci mandava via. Lui addetto allo scarico insieme ad altri, sovente assaggiava il vino dell’esercizio ospitante e dava un giudizio d’esperto, così come fanno i moderni somelìer…In questa cantina, come in tantissime altre di Serra e del vasto comprensorio, il monopolio della vendita delle bibite era esclusivamente riservato alla rinomata ditta Giancotti; Per oltre sessanta anni leader in questo settore, nella provincia di Vibo e Catanzaro ed uno dei primi della Calabria.

Le piccole industrie del legno, abbondavano in Serra e dintorni, per il sistema orografico nel quale si trova la nostra cittadina, ma l’idea di lanciare il prodotto-bibite fu raro ed irrepetibile. Stiamo parlando dei primi anni del 900’, quando la vita quotidiana era veramente difficile da affrontare, fra guerre, emigrazione, miseria e analfabetismo per il 95 per cento degli italiani; il pezzo di pane giornaliero era duro a conquistare; eppure in questo contesto storico-sociale Gioacchino Giancotti, capostipite della famiglia, ebbe il coraggio di lanciare il business ( affare ) delle bibite colorate, gustose, analcoliche, in alternativa al vino e ai liquori preesitenti da secoli sul mercato. Ebbe intuito imprenditoriale ma ebbe anche coraggio, perché all’inizio incassò solo indifferenza da quelli che non capivano e invidia da quelli che capivano ma non riuscivano a fare come Lui.

Gioacchino, alto, elegante, robusto, con occhiali spessi, piede 57 ( veniva portato come esempio: hai lu pedi quanto chidu di Giacchino! ) e con una forza fisica “alla Carnera “, dopo anni di soggiorno in America, ritornò nel suo paesello e impiantò questa piccola industria artigianale di bibite poco sopra San Rocco, località attualmente di proprietà di Giampiero Silipigni ( nipote di G. e figlio di Vincenzina Giancotti ). Inventò la gassosa e l’aranciata che in bottiglie di vetro e con chiusura “a pallina”, dopo il riempimento, venivano distribuite nei vari esercizi della zona con l’autocarro Fiat 26 all’epoca, raro esemplare circolante in Calabria.

bibite fabrica giancotti
Suo figlio Luigino ( Gino ) classe 1921 iniziò ad aiutarlo fin da tenera età con l’interruzione forzata di quando a 18 anni fu chiamato alle armi a causa dello scoppio della seconda guerra mondiale. Al suo ritorno si riprese l’attività nel 1945 e la piccola industria fu trasferita dietro la Chiesa Matrice ( limitante con la Dolciaria Fiorindo). Nel 1951 Gioacchino morì lasciando all’unico figlio maschio i suoi prodotti e le sue formule segrete delle bibite. Gino continuò con lavoro e sacrificio l’attività del padre. Trasferì la fabbrica alla via Bologna n. 8 sempre di Serra ( vicino le scuole elementari ) ed iniziò un nuovo ciclo di prodotti tipici, coniugando l’esperienza del padre con le nuove esigenze dettate dal mercato. Il gusto della gente si affinava e l’economia pian piano prendeva quota. Sempre Gino, acquistò nuovi macchinari per riempire e lavare le bottiglie a rendere ( venivano restituite una volta consumate ); assunse nuova madodopera; conquistò il mercato; inventò, oltre la gassosa e l’aranciata già esistenti, la gassosa “Brunella” quella chiara e quella scura, quella al caffè, la spuma bionda e bruna, la “Silcola”, il “bitter”. Lui non era uno stratega da tavolino. Lavorava insieme ai suoi operai come loro e più di loro. L’attività si era ormai consolidata e così pure l’economia nazionale, ma nel 1962 la Morte lo colse all’improvviso senza preavviso e senza scampo. Il destino di questo lavoratore-galantuomo si concluse quel giorno. Molti lo piansero e molti lo ricordano.

Continuò l’attività la moglie Flora De Francesco con coraggio, così come poteva, con il figli piccoli da crescere. Nel 72’ la rinomata industra Giancotti chiuse e si chiuse anche un’epoca di prosperità per Serra.

Il successore di san bruno lanuinoStrettamente uniti durante la loro vita, Bruno e Lanuino lo furono altrettanto nella morte: In morte quoque non sunt divisi, recita l’espressione latina che ne ricorda la comune sepoltura nel cimitero degli eremiti a Santa Maria della Torre e il contemporaneo ritrovamento delle reliquie agli inizi del XVI secolo. Lanuino era diventato magister dell’eremo dopo la morte di Bruno, avvenuta il 6 ottobre del 1101, ma i legami tra i due monaci erano stati così solidi durante gli anni della loro esperienza eremitica che la maggior parte dei diplomi papali e degli atti pontifici indirizzati a Bruno vedevano come destinatario pure Lanuino. Questi documenti - come osserva Dom Maurice Laporte - «li mettono [...] sul medesimo piano, come se fossero entrambi, allo stesso titolo, i superiori della fondazione calabrese [...]. Lanuino ricevette dal santo una parte molto importante nel governo. Bruno ne fece il suo alter ego e come tale egli fu conosciuto dai contemporanei». Del medesimo avviso è Dom Gerardo Posada quando sottolinea come «tutto [...] sembra indicare che mentre Bruno era il “maestro”, “superiore” o “padre” degli eremiti, il ruolo di Lanuino non si limitava a quello di semplice procuratore o economo. Maestro Bruno resta come in secondo piano negli affari; Lanuino, intraprendente e pratico, agisce con personalità nell’amministrazione e conseguimento dei beni temporali, e nei rapporti con il mondo esterno». 

Ciò nonostante la successione di Lanuino a Bruno non era avvenuta senza contrasti, se la Santa Sede aveva inviato il vescovo di Albano a presiedere il Capitolo in cui si doveva procedere all’elezione. Sui problemi sorti in tale occasione ci informa una Bolla pontificia - Quod magnopere desideravimus - che reca la data del 24 novembre 1101 ed è inviata da Pasquale II, il successore di Urbano al soglio di Pietro, a Lanuino: «Ciò che ardentemente desideravamo e che speravamo con  intenso desiderio, con l’aiuto di Dio si è verificato. Giacché al ritorno del nostro fratello, il vescovo R[iccardo] di Albano, abbiamo saputo che la pace e la concordia dell’eremo si è ristabilita e che tu sei succeduto in luogo del maestro B[runo] di santa memoria, così, dunque, che tu abbia il suo stesso spirito, lo stesso sia il rigore della disciplina eremitica e la stessa la costanza nelle abitudini, perché noi, col sostegno di Dio e del suo spirito, ti concediamo personalmente l’autorità e la potestà che questo Maestro ricevette dalla Sede Apostolica, per la sua provata sapienza e religione». 

La documentazione coeva permette di intravedere chiaramente un saldo rapporto tra Lanuino e Pasquale II, che inviò al nuovo maestro dell’eremo numerose lettere, affidandogli missioni e compiti di Visitatore Apostolico presso monasteri e vescovadi vicini. In particolare, venne inviato dal papa per ben tre volte presso l’abate di San Giuliano per richiamarlo ai propri doveri e anche per presiedere alla sua sostituzione con un nuovo abate. Analogamente, fu chiamato da Pasquale II a presiedere all’elezione del vescovo di Mileto e, successivamente, per riconciliarlo con i monaci di Sant’Angelo. Al periodo del priorato di Lanuino risale pure la fondazione della grangia di Montauro, per quei religiosi che, inadatti alle durezze della vita eremitica condotta a Santa Maria della Torre, avessero voluto seguire una regola di tipo cenobitico. 

I certosini serresi, nella loro pubblicazione San Bruno. La Sua vita il Suo Ordine la Sua Certosa, danno di Lanuino questo ritratto: «[…] Fedele collaboratore di Bruno e suo immediato successore, che diede all’Eremo di S. Maria del Bosco e al Monastero di S. Stefano delle norme di disciplina, approvate dal Papa Pasquale II, il quale ebbe Lanuino in grande stima, affidandogli importanti e delicati incarichi nei riguardi di Diocesi e Monasteri della Calabria». 

In questo contesto, non si può trascurare l’opinione espressa da Padre Francesco Russo curatore della voce Lanuino per la Bibliotheca Sanctorum: Lanuino fu un religioso molto dinamico, che si distinse “nella sistemazione dei monasteri, posti alla sua dipendenza” e per l’estensione che durante il suo priorato vennero ad acquistare le donazioni normanne. «Lanuino deve essere considerato - a giudizio di padre Russo - come il genuino interprete e l’erede più autorevole dello spirito certosino, quale fu voluto dal fondatore» (BS, VII: 1116-1117). Come attesta un’altra pubblicazione - In Vitam Beati Lanuini ex Ordine Carthusianorum compendiosum commentarium - data alle stampe in occasione dell’autorizzazione del culto di Lanuino, egli rifulse sia nei numerosi incarichi a cui lo chiamò la Sede Apostolica sia nel “governo” del monastero certosino serrese. Fu un grande cultore della “disciplina regolare” e spinse costantemente i suoi confratelli alla perfetta osservanza di questa mediante la forza dell’esempio e delle parole. “Amantissimo” della solitudine, trasmetteva mirabilmente agli altri tale suo amore, che si preoccupavano di rassomigliargli con “santa emulazione”. Proprio per questo, era solito dire che gli “affari temporali” - di cui doveva occuparsi per le incombenze del suo ruolo - erano dati da Dio come penitenza, mentre soltanto la solitudine monastica permetteva di pregustare l’eterna e ineffabile beatitudine. Occorre, da ultimo, ricordare - per avere un quadro più completo dei giudizi intorno a questo santo monaco - alcune parole contenute nel Decreto, istitutivo del culto di Lanuino, firmato dal Cardinale Aloisi-Masella, Prefetto della Sacra Congregazione dei Riti. Qui Lanuino viene esplicitamente paragonato a San Bruno, è definito suo “figlio primogenito in Cristo”, meraviglioso propagatore e rettore dell’Ordine certosino. Per questo, ricordarne oggi il nono centenario della morte (11 aprile 1116), attraverso una serie di iniziative che vedono coinvolte importanti realtà del territorio quali il Santuario Regionale di Santa Maria del Bosco e il Parco Naturale Regionale delle Serre calabre, significa recuperare un’autentica pietra miliare della storia della Calabria medievale.

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