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Rivista Santa Maria del Bosco - Serra San Bruno e dintorni

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Il cruciverba in serrese

Gioacchino Giancotti
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carmine mete mannellaI fatti e le conseguenze - Questo breve scritto dedicato nella prima parte alla memoria di un nostro giovane concittadino che non c’è più, parlerà non tanto del fatto di cronaca già narrato dai mass media e risaputo dalla collettività, ma attraverso una visuale più ampia, parlerà di un giovane perbene ed esempio per gli altri, che è morto come tanti italiani sulla strada, mentre si ritirava a casa dopo una giornata di duro lavoro.; Laureato seppe equilibrare il lavoro intellettuale con quello materiale e il suo dolce sorriso rimarrà nel ricordo di quelli che lo conobbero; questo articolo parlerà infine del senso e della percezione della Morte e della speranza nell’essere umano ma sempre con l’intento nobile di non turbare la suscettibilità dei familiari superstiti.
La notte del 31 dicembre 2022 la maggior parte delle persone festeggiarono l’arrivo dell’anno nuovo, augurandosi che sarebbe stato migliore dell’anno vecchio. Invece il primo gennaio poco dopo le h 21, un evento luttuoso inaspettato, colpì duramente alcune famiglie di Serra e, in un batter di ciglia, alla gioia euforica delle festa si sostituì il disperato dolore del pianto. La notizia del decesso del concittadino CARMINE METE MANNELLA di 32 anni dilagò come uno tsunami nei social e nel passa parola del comprensorio. Ma cosa era successo? Da una sommaria ricostruzione sommaria dei fatti, risultò che il giovane alla guida della sua mercedes insieme alla compagna Valentina Mannella, si era fermato ai bordi della superstrada delle Serre (altezza comune di Spadola) per controllare un’anomalia dell’auto. Nell’attimo che discese dallo sportello sinistro, fu urtato e sbalzato violentemente da una Peugout proveniente dalla medesima direzione e guidata da Daniele Carchidi pure residente a Serra. A seguito dell’urto Carmine perse la vita nel buio della notte, al bagliore delle luci artificiali delle auto e, forse, al riflesso perlato del “claire de lune” ( del chiaro della luna). In un attimo le sue energie corporali ed intellettive e il suo entusiasmo di costruire un radioso avvenire insieme alla sua compagna, si spensero come la fiamma di una lucerna che improvvisamente si spegne ad una folata impetuosa di vento. Lasciando così i suoi cari prima nello sgomento ed incredulità e poi nella consapevolezza del dolore indicibile che solo il tempo può appena lenire. Le responsabilità penali e civili che ne derivano sono di competenza delle forze dell’ordine, del Tribunale e dei periti, processo da celebrare all’insegna delle algide norme dei codici laddove i sentimenti dei protagonisti hanno un ruolo marginale, ma intanto Lui è tornato alla Casa del Padre per i credenti. Si poteva evitare questo grave sinistro mortale? Il tempo non è mai tornato indietro per poter mutare il corso degli eventi già accaduti!
Le statistiche: nel 2023 moriranno sulle strade italiane quasi 1500 esseri umani – Solo la statistica e gli algoritmi non sbagliano nel prevedere il futuro. Nel 2022 sono morte a causa di incidenti stradali in Italia 1489 persone con un incremento dell’11% rispetto al 2021 e quest’anno si calcola che vi sarà un ulteriore incremento rispetto all’anno precedente. Nell’anno in corso già deceduti più di 100 persone mentre parliamo ed anche il nostro concittadino ormai rientra in questi numeri. Gli incidenti stradali senza morti e alcuni con feriti e lesioni permanenti a persone nel 2022, superano i 7000 casi con un aumento evidente nell’anno in corso che ancora è solo all’inizio. Non c’è soluzione a questa piaga profonda se non quella di ridurre i numeri, ma il problema rimane. Perché tutti, ma soprattutto i giovani, pensano che questi eventi toccano sempre agli altri o, addirittura, alcuni pensano di essere immuni! Niente di più sbagliato! E che una buona parte di guidatori si sente sicura e viola sistematicamente la normativa stradale. Eccesso di velocità, mancato arresto allo stop, precedenze non rispettate, tenuta rigorosa della destra, mancata cura dell’auto, distrazione dei conducenti (radio e telefonino) e strade sconnesse, sono le cause principali degli incidenti. Le compagnie di assicurazione pagano o pagano parzialmente e se non pagano si apre un lungo contenzioso e alla fine per sopperire alle spese derivanti da risarcimento dei danni, con “il permesso dello Stato”, aumentano le tariffe a dismisura a scapito degli incolpevoli. Spesso il costo di una polizza annuale supera il valore commerciale dell’auto in circolazione. Questi sono i fatti difficilmente contestabili.carmine mete mannella2
Qualche nota sulla paura della Morte e il ruolo della Speranza nel mondo antico – Nello scrivere quest’ultima parte, il nostro intento non è tanto quello di risolvere ciò che è per sua natura è ineluttabile, ma quello di riportare qualche nota sul pensiero antico pagano e cristiano, ancora attuali che approfondito ed interpretato nella giusta direzione, possa essere di conforto e di consolazione alle persone poste, loro malgrado, di fronte ad eventi luttuosi e alla dura realtà della vita. Per sintetizzare questa tematica che talvolta appare di difficile comprensione anche agli studiosi del settore, abbiamo pensato di riportare l’impatto doloroso della Morte sulla vita umana, attraverso una breve ricognizione nel mondo antico, servendoci dell’illuminata metafora della lucerna. Essa è morta prima di essere accesa e quando viene accesa acquista ed emana vitalità per un periodo definito, poi si spegne e ritorna allo stato primordiale. Ma usiamo le parole dell’Autore: “Anche noi ci accendiamo, poi ci spegniamo: in questo periodo intermedio siamo sensibili ai mali, ma prima e dopo godiamo di una perfetta tranquillità. Se non sbaglio il nostro errore sta nel pensare che la morte venga dopo, mentre essa, come ci ha preceduti, così ci seguirà”. (Opere di Lucio Anneo Seneca I secolo d.c.). Ciò significherebbe che noi esseri umani siamo morti prima della nascita, poi nel periodo intermedio siamo sensibili e partecipi alle vicissitudini della vita, ma poi ritorniamo allo stato di prima, “là dove le cose non nacquero mai!”. Questa tesi materialistica suscita angoscia e sconforto nell’animo dell’uomo, ma per fortuna, almeno per i credenti, viene mitigata e risolta dalla religione cristiana. Senza cadere in pallide astrazioni teologiche riportiamo alcune semplici note della filosofia Patristica: “E’ impossibile rimanere insensibili quando ci separiamo da persone conosciute e amate. Il problema è di non affliggersi oltre e non cadere nella disperazione. Per superare il dolore del distacco delle persone amate aiutano moltissimo la fede e la speranza. Per i cristiani la morte è soltanto la penultima parola, l’ultima è la risurrezione”. La speranza affinchè sia giusta e completa ha bisogno dell’attesa e della perseveranza che sono necessarie per portare a compimento ciò che abbiamo cominciato ad essere. (dal libello di don Leonardo Calabretta “La speranza”). Concludo con una nota del tutto positiva: i nostri cari morti stanno bene dove sono perché in Mani Sicure, dove hanno iniziato dopo il trapasso, una nuova vita spirituale accanto al Signore e dove la simmetria dell’Amore non conosce turbamento

rione
Il mio rione non aveva un nome. Troppo lontano per dirlo “arriedi lu momumentu”, impreciso dire  non lontano dal corso: era tra Bonsignuri e la Chiesa Matrice, a metà stada tra via Sette Dolori e lo Zaccano.Un tempo, proprio in mezzo al largo, c’era un tombino (furmali) dove una lieve incanalatura portava l’acqua piovana.Dalla parte del largo, la mia casa era attaccata a quella  delle “Giulie”, sorelle del capotecnico Pisani, insegnante di “officina” all’Istituto Tecnico Industriale di Catanzaro.Dall’altra parte, dall’entrata del portone, con quella della figlia della “Bella”.Avevamo una porta, che dava sul largo, “alla mercantili”, divenuta utile durante la seconda Guerra Mondiale, perché durante i cinque anni del conflitto le mie sorelle esercivano un negozietto di generi alimentari.Due sole strade, oltre al Corso, ovviamente, erano indicate col loro nome, via Roma, che partiva dalla chiesa dell’Assunta e andava fino al rione “Galella” e via Sette Dolori, che partiva dalla chieda dell’Addolorata e saliva fino all’incrocio della strada che veniva da Bonsignuri.E basta. Il resto del paese si indicava servendosi di punti precisi di riferimento: La Cruci, e ce n’eran tante; la funtana di Cheli; Guozzi; lu Schicciu; arriedi la chiesa; arriedi lu jiumi; San Giluormu; arriedi la Pretura e...chi piú rioni ha, piú ne metta. Per definirlo devo dunque fare ricorso alle persone che lo abitavano.Ma, si dirà qualcuno, a che pro parlare di gente ormai scomparsa; ricordi che il tempo ha cancellato dalla  memoria; fatti e persone che erano di moda dieci lustri addietro? Appunto! Proprio perché non le ricorda piú nessuno, le persone che abitavano il mio rione vanno ricordate. Sono le stesse che popolano i miei ricordi, i miei sogni. Sono quelle che ho abbracciato mezzo secolo addietro, quando partivo.“Questa mattina hai fatto la comunione, parti?” Me lo chiedeva Michelino di Assunta. Era lui il priore quell’anno.Lui sapeva che sarei dovuto partire, e come avrebbe fatto ad ignorarlo? La sua porta dista dal mio portone una ventina di passi...Tanto quanto distava la porta dei Cutullé, la nuova porta, quella che dà sul largo, dove prima abitava Maria Grazia di l’Arciviscuvu. Ma la casa piú vicina alla mia era quella di Gregorio Politi di Soverato che passò la vita a Serra impiegato al comune; sul suo muro due angioletti uno di granito l’altro di marmo...quante paure per quegli angioletti...“ Si non abbidisci, ti fai di petra” diceva  “mama Cuncetta” e m’indicava quegli angioletti affissi a quel muro.L’altra porta che si apriva sul largo era quella di Rusarina Gusmano e Annunziato Amato, genitori dell’amico Turuzzo, che ha fatto carriera in Aviazione;di Teresa; di ‘Nzina, che ho rivisto a Toronto; di Raffaela, emigrata in Francia; di Aldo e dei due gemelli: Biagio e Bruno, come i nostri protettori, il primo sacerdote l’altro emigrato in CanadaPoi il largo si riduce e ridiventa via all’altezza delle stalle della famiglia Tedeschi. (e l’Adda riprende il suo nome)Beh? A chi non va a genio la similitudine?Nel “ridotto’ abitava Gina, sorella di mastru Rafieli di ‘Ncinni, maritata a Nazzareno Valente (di la Mazzaropa) e qui è duopo dissertare. Nazzareno, pur essendo un ottimo mastro falegname, non aveva bottega, continuava a lavorare presso il suo Mastru. Quest’ultimo, mastru Lissandru, di che calibro doveva essere per tenere dei mastri, e che mastri, come discepoli? La tradizione della grande maestranza terminò coi due figli: mastru Gatanu e mastru Brunu Barillari.Dall’altra parte della strada  la casa di Stefano Catroppa.A sinistra di quest’ultima, le stalle.In estase, quando scendevano in paese per andare verso il loro palazzo, venivano a cavallo. In testa era sempre lui, don Giacuminu, seguito dal fratello, don Michilinu, così li chiamavano i nostri vecchi, omettendo il titolo di colonnello per il primo e di avvocato per il secondo. Poi venivano i due piú giovani: donna Lalla e don Azaria.Da bambini conoscevamo i nomi dei cavalli: Lola, Titina, Sully...Là, la scalinata in granito di casa Cutullé, che serviva per gli estranei, gl’intimi entravamo dalla porta a pian terreno. Lello, che è stato l’ultimo a sposarsi; Umberto, che si è trasferito a Vibo Marina; Turuzzu che continuò l’industria del padre; Peppe il maggiore dei fratelli... e Fiora, e Teresa.Il mio largo era passaggio obbligato di tanta gente. Io li riconoscevo dal rumore del passo. Vi passava don Luigino Rachiele, dotto sacerdote che aprì la prima Scuola Media a Serra. Camminava con passo lento, piano piano. Passava il mio professore, dr. Giuseppe Tucci, poi Provveditore degli studi; passava Nando Cordiano ed il figlio Mimì; passavano i Pisani (Bergolo) e i Principe (di lu Sindacu) e diecina d’altri che io mantengo nella mente.Dal mio largo partivano quattro strade: la prima, vico Sette Dolori che menava alla via omonima. In quel vico abitavano “li Gamnbini” amici d’infanzia, compagni di scuola, mentori...L’altra via, Cesare Battisti, che iniziava al mio portone, includeva la casa di Saredda, di Pietro e di Palma, poi quella di Rusarina di Battistina, maritata Cordiano. Questa signora Battistina, moglie di mastru Michiali Manno, dava a questi del tu, chiamandolo per nome, lui invece le dava del voi col titolo di Majistra.In un altro scritto abbiamo parlato del figlio maggiore di questa coppia: Bruno. Stando a mastru Micuzzu (Fiorello), Bruno Manno era un dantista come pochi. Poi c’era Raffaelino, maresciallo dell’Aeronautica e Antonio, emigrato a Toronto. Oltre a Rusarina ricordo Coletta, amica di suorna Vicinzina, Chiarina e ‘Nzina, emigrata a Toronto.Lo vidi una volta a Toronto a Nando Cordiano, era venuto a vedere il figlio Luciano, che abbraccio!Poi veniva la casa di Rafiluzza di l’Arre maritata a mastro Salvatore Pisani, scalpellino di Badolato:  come mio padre, figlio di scalpellino serrese.Sfefano, Pino ed Ettore i figli maschi, Nunziatina, Ernesta e Maria, le femmine.Un’altra strada, via Chimirri, partiva dalla cantina di Michelino Borello, marito di Bruna Ariganello e padre  di Assuntina, Sandro (insegnante) e Luigi (cardiologo) e va fino alla casa di mastro Peppi Albanese. In quella strada un grande amico: Bruno Pisani, ( lu luongu) uno dei piú bei giovani di Serra.Chissà per quanto potrei continuare a scrivere; a citare nomi e nomignoli;a indicare le case e i loro abitanti; le abitudini; le risse; il bene che si volevano...Li ho tutti nella mente; li rivedo e li custodisco gelosamente perché sono loro che abitano i miei sogni; le mie speranze di rivederli... 

                                                           Francesco Pisani "Ciccio Pisani di li Guerri"

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