sfondo-RM-2023

Rivista Santa Maria del Bosco - Serra San Bruno e dintorni

Domenico Calvetta
Marco Calvetta
white_search.png

DOVE CI TROVI

  • Profumo di Pane
  • Coop Serra San Bruno
  • La Bottega del Pulito
  • Serfunghi di Luigi Calabretta
  • Edicola Grenci
  • Bar Scrivo
  • Congrega Assunta di Terravecchia 
  • Museo della Certosa
  • Istituto Einaudi
  • Edicola Barillari
white_tick.png

Donazione

Aiutaci a sostenere la rivista! Fai una donazione spontanea.

Amount:


Otticairene
Different
Non solo frutta delle 2 P

Il cruciverba in serrese

Gioacchino Giancotti
A+ A A-

CappellaMiranda era una insegnante elementare rivoluzionaria che, durante il fascismo, fu espulsa da tutte le scuole del regime. Abitava nei pressi di Guido e allevava galline. Aveva una forte passione per l'insegnamento tanto che, imitando una collega americana, addestrò una gallina a camminare all'indietro. Un cronista la intervistò mentre, in età avanzata, si recava ad attingere l'acqua alla fonte di “Guido”:
Dopo le prime battute, Miranda, troncò di colpo il discorso e, come se dicesse basta a se stessa, scosse la testa annoiata e raccattò un ramoscello, lo spezzò in due e usò la punta scheggiata per tracciare per terra lo schema dell’antico gioco della campana. Fatto il tracciato spiegò: Facevo così quando insegnavo ai miei alunni e loro cominciavano a turno a saltellare, ignari, sulle caselle numerate. Non dissi mai che quello non era solo un gioco ma si poteva considerare un rito. Un viaggio iniziatico dove si scende simbolicamente agli inferi e poi si torna sulla terra. Ecco…l’avventura di questo gioco consiste nell’entrare in un labirinto designato e, malgrado le difficoltà, riuscire a superare tutti gli ostacoli; fino alla fine. Si, proprio così: fino alla fine. Come nella vita. I giochi, voluti dalla tradizione, non sono infantili o inutili, celano la loro essenza. Così spiegavo ai miei alunni; anche nel gioco della palla, come negli altri giochi: con i castelli di noci, la mazza con lo spizzingolo, il nasconderello, i morti con i mattoni...
Poi la vecchietta arrestò il discorso finché sfociò in un sorriso, uno di quei sorrisi appena accennati; ironici, come di chi dispera che l’altro possa intendere a fondo il pensiero che si vuole trasmettere e trova rifugio e consolazione in un enigmatico silenzio.
-Già, già, sussurrò quasi fra se e se: è proprio come il cavaliere che si è smarrito nel labirinto della vita ma, oltre al destino del cavaliere, vorrei dirvi di altri destini però, si è fatto tardi e non voglio fuggire come una ladra, preferisco lasciare dentro la vostra anima una sensazione di verità.
Vi racconto quello che è accaduto al cavaliere Guido. Il racconto non rappresenta un evento unico, ma è parte di un percorso umano che non deve chiamarsi destino; ha un altro nome...seguite il mio dire: A destra del ponte, mentre guardate la grotta con le fontane, c’è una cappellina rurale con l’effige della Madonna. Sulla sinistra, nascosto dalle fronde degli alberi, si vedono i resti di un mulino che aveva due macine. MulinoLa condotta che portava l’acqua alle ruote è rimasta intatta. Le ruote non ci sono più; sono state consunte e disperse dal tempo e così anche tutto il meccanismo che trasmetteva la forza dell’azione dell'acqua. A volte, questo mulino. mi appare più simile ad un pensiero che ad una macchina. Dunque, quella sera il cavaliere arrivò nei pressi di questo mulino che, a quel tempo, appariva isolato nel bosco. Non era ancora tardi, il sole mandava i suoi raggi di traverso, gli uccelli cantavano ancora; sembrava di mattina. La rugiada dell’erba bagnava gli zoccoli del suo cavallo. Era primavera inoltrata l’aria odorava di campi e di grandi alberi, e lui seguiva sulla strada che passa davanti al mulino senza intenzione di fermarsi. Tra il mulino e la strada scorreva un fiume e per giungervi bisognava attraversare un ponte. Al di la del ponte si scorgeva la porta del mulino che era aperta. Sembrava tutto così magico che tirò le briglie e sostò per guardarsi intorno. Il muro ai lati, e la porta del mulino erano bianchi. Anche il suolo del cortile era infarinato. Nel cortile c’era un vecchio veicolo, con le ruote anteriori senza cerchi ed i raggi quasi del tutto marciti, e le due stanghe puntate al cielo. Il mulino era un edificio massiccio, ampio, con un'alta e robusta condotta dell’acqua che alimentava due ruote; al centro sporgeva un grande abbaino nero con ripiano. Mentre ammirava l’abbaino che dava sul cortile, dal buio interno apparve il mugnaio seguito dalla figlia. Lui era un uomo gagliardo e bruno, con gli abiti bianchi di farina, ma con mani da meccanico; sporche e unte d’olio. La figlia, che non aveva più di venti o ventidue anni, era un tipo snello forte e affabile e, quando si avvicinò al cavaliere, i suoi seni si delinearono sotto la veste mettendo in risalto le prosperose rotondità. A quel punto un gran fragore costrinse il mugnaio a infilarsi di nuovo nel mulino per vedere cosa era accaduto, la donna restò fuori e cominciò a discorrere con il cavaliere. Mostrava un vivo interesse per il nuovo arrivato e rimase male quando apprese che il cavaliere voleva proseguire subito per la sua strada.
-Perché vuoi proseguire; come puoi avere una simile idea, che cosa indendi per “proseguire” -Andare avanti, rispose il cavaliere
E la donna: Ma la strada termina qui
-Possibile? - domandò sbalordito.
-Sicuro, rispose la mugnaia, e confermò con cenni della testa. Poi incrociò le braccia sotto il seno e tutto il suo viso si illuminò di un sorriso bonario: ”Proprio così: la strada termina qui, “la strada termina qui”
Ma l'uomo non diede importanza; quella notizia lo aveva persino infastidito eaggiunse: Credevo che fosse la strada giusta, che conducesse “oltre”.
-Neanche per sogno! Affermò la donna e, sorridendo precisò: Se volevi proseguire, dovevi prendere “prima a sinistra e; giunto alla biforcazione qualche miglio più addietro nel bosco, dovevi prendere a destra, poi di nuovo a sinistra, indi a destra, a destra ancora e da ultimo a sinistra.
Il cavaliere esclamò: Oh, Signore Iddio. ma è un labirinto!
La donna soggiunse: Quella che ti indicoè la strada giusta ma, in realtà, non la trova nessuno.
Il cavaliere si sentì alquanto irritato. Ma la mugnaia lo confortò cordialmente:
-Qui il posto è accogliente, perciò il danno non è poi così grave. Puoi pernottare al mulino e ripartire domattina per tempo. Cercheremo di farti stare a tuo agio. Nel sottotetto abbiamo una stanza dove puoi dormire comodamente.
Poi aggiunse: Vieni. Lo prese per mano e lo condusse alla fontana e, giunta raccolse una larga foglia e la sistemò a gronda all’apice del getto; l’acqua sorgente fluì in modo ordinato. Invitò l'uomo a bere, ma il flusso era troppo basso per riuscirci. La donna lo scostò con grazia, lasciò le mani a detergersi sotto la colata, poi le unì a coppa e quando furono piene le portò gocciolanti alle labbra e bevve, e invitò l'uomo a ripetere il gesto. La imitò e così bevve anche lui. Sempre gioiosa, la donna riprese per mano il cavaliere e lo ricondusse al mulino: era in pensiero per il padre che si attardava intorno alla ruota. Salirono nello stanzone anteriore e da una porticina comparve il mugnaio che sbottò: Ci vuole una nuova ruota, una ormai è tutta sgangherata e mi darà sempre più fastidio indi, rivolto al cavaliere aggiunse: Non avete fame giovanotto?
-No, rispose il cavaliere: vi ringrazio per l’ospitalità ma devo ripartire subito; prima che faccia notte. Scese nel cortile e rimontò a cavallo. Salutò prima il mugnaio che rientrò subito nel mulino a controllare il moto della macina. Il cavaliere passò a congedarsi dalla donna. Nel salutarla si guardarono intensamente negli occhi e, a quel punto il cavaliere pronunciò “una fatale bugia”.
Disse: Tornerò, bella mugnaia.
-Dimmi almeno il tuo nome, chiese compunta la mugnaia con un filo di voce.
-Guido, rispose il cavaliere, mi chiamo Guido e balzato a cavallo riprese la strada verso il suo “destino”. Giunto nel bosco, ripeteva l'indicazione della mugnaia: alla piccola biforcazione a sinistra, poi a destra e ancora a destra …
E così ripetendo cavalcava veloce quando sentendo un ululato alle spalle si voltò all’indietro. Fu un attimo e cozzò con la testa contro un ramo basso di un albero e le tenebre della notte lo avvolsero.
Quanto tempo dopo ricominciò a pensare, non si sa, ma non era più corpo e spirito; era solo spirito.
Cadde in una nuova concezione dell'esistenza, una nuova forma di conoscenza. Forse è a questo punto che comincia “l’assurdo”. Davanti al non-senso dell'assurdo le sensazioni si spostano verso una nuova realtà impenetrabile che assume il significato intimo di una nuova “forma di vita”.
Dolcemente e inaspettatamente è passato da corpo a spirito e il mondo terreno non gli apparteneva più. Ormai “anima” si rimise a cavallo e continuò il viaggio “infinito”. Ogni volta che giungeva alla biforcazione prendeva a destra, poi a sinistra, indi a destra, a destra ancora, da ultimo a sinistra, e tornava invariabilmente sulla strada nei pressi del mulino senza poter varcare il ponte. Poi ricominciava andando verso la piccola biforcazione; prendeva a destra, poi a sinistra, indi a destra … e così via per secoli e secoli.
E’ la Coscienza dell’individuo che ripercorre tutte le tappe dello Spirito Assoluto, e dopo molti tentativi e travagli, viene ad identificarsi con esso.
Ripeteva l'eterno ritornello: Aveva ragione la mugnaia… la mia strada, nel momento giusto, doveva terminare proprio là: a quel mulino.
In tutto questo viaggiare per tanti secoli, solo una volta gli fu permesso di rivivere quell'episodio come in un sogno: La mugnaia lo teneva per mano e insieme andavano tra gli alberi verso la fontana. Ora, attraversato il ponticello che scavalca il torrente si notava che tutto era cambiato; di fronte si vedeva la fontana posta a modo; due cannelle di acqua cristallina sboccavano sotto una grande volta di mattoni, del mulino non era rimasto che la condotta, il vano della ruota e qualche vecchio muro. Sedettero sulla sinistra dell'arcata di mattoni; su due blocchi di pietra a mo di sedile che prima sovrastavano l'asse delle ruote del mulino. Il cavaliere sul blocco interno di sinistra, e proprio quello indicò la mugnaia dicendo: Questo blocco di pietra è cavo; sigillato con un cuneo di marmo e dentro è pieno di oro; era questa la mia dote; conteneva il tesoro che avrei diviso con te. Ora tutto era diverso come i destini dei nostri personaggi, anche il ponte era stato ricostruito più a valle e, appena dopo il ponte sulla destra, adesso sorgeva una cappellina votiva con l’immagine della Madonna. Si alzarono e si fermarono muti davanti a quel tabernacolo. Colpiti da quella costruzione che, oltre all’immortale immagine della madre di Gesù, custodiva cose che la memoria aveva riposto altrove, apparve chiaro che quella cappellina era stata costruita con i resti del vecchio mulino. Oltre ai mattoni e alle pietre facevano mostra pezzi consueti, ora incastrati nella muratura. Labbeveratoio-del-mulinoAl centro si vedeva parte della pietra del mulino, la base era coronata con le volte della porta e, a formare una mensola, vi era stato posto il gradino dell'uscio con l’abbeveratoio che prima giaceva a destra della porta del mulino. Quest’ultima opera di pietra era stata incastonata nella parte anteriore della cappellina con il foro di scarico a fronte. A quella vista, la donna ebbe un sussulto che non riuscì a reprimere. Disse con voce calda: Come sarebbe stato diverso se quella sera avresti accettato la mia promessa d’amore. Mi hai detto che saresti tornato ma non è stato così. Io ti avevo detto la verità. Guarda, aggiunse: ora ti provo la sincerità della mia promessa: Il sole ha scaldato questa pietra e l'interno cavo potrebbe essere diventato un covo di vipere. Guarda, non ho alcuna paura perché io ho detto la verità. E così dicendo Infilò la mano nel foro della pietra e ve la tenne per un po’. Lo guardò in viso con la mano ferma nella pietra, poi la ritrasse lentamente e mentre la ritraeva continuava a guardarlo con un leggero sorriso di sfida. Diventò cupa e di colpo lo sfidò a imitarla. La coscienza gli impediva di compiere quel gesto, e Guido rimase incerto. L’incertezza durò quel tanto che bastò a svelare la sua realtà. La donna si confuse nel verde del bosco dissolvendosi. Restò di nuovo solo con tutto il peso della sua bugia, e questo lo intimoriva. La “realtà” gli aveva impedito di imitare il suo gesto, non poteva dimostrare una verità che non c’era. Infilò il piede nella staffa, montò a cavallo e dette uno strappo di lato alle briglie. Il cavallo girò rapido su se stesso e s’infilò veloce nel fogliame, con il rumore del fiume giunse lo scalpiccio degli zoccoli del cavallo che attraversava il ponte. Infine si udì solo il rumore del fiume. Da allora sostando sul ponte si ode sempre e solo il rumore del fiume. Il cavaliere continua a girovagare nel suo labirinto senza fine, giunge al bivio e: “prima a sinistra, poi di nuovo a destra, poi ancora a sinistra, indi a destra, a destra ancora e da ultimo a sinistra.... “
La vecchia Miranda, lascia l'intervistatore e si avvia alla fontana, posiziona il recipiente e s'immerge nei suoi pensieri. Si attarda a ritrarre la brocca già piena; osserva attentamente quel flusso di entrata ed uscita che trabocca, trabocca limpida, cristallina come una “funzione purificatrice”.

L'origine del segreto è legata ad un nobile personaggio storico: Antonio Despuig y Dameto, coinvolto in una enigmatica vicenda ancora irrisolta.
Un segreto nascostoAntonio Despuig y Dameto nacque il 31 marzo 1745 nell'isola di Palma di Majorca. Aveva 29 anni quando fu ordinato sacerdote; è stato anche appassionato di geografia ed esperto esploratore costiero. Dameto a bordo di una speroniera era intento e rilevare le coste calabresi ma, a causa del mare agitato, l'imbarcazione dovette riparare alla fonda nelle acque antistanti Tropea. Era il il 5 febbraio 1783; il giorno del grande terremoto che devastò Calabria e Sicilia. Dalla imbarcazione tutti avvertirono le devastanti scosse tanto che, il nobile Dameto, non esitò a scendere a terra con l'intento di prestare soccorso alle vittime del sisma. Vista la gravità dell'evento, da caritatevole uomo di chiesa ed esperto in geografia, volle verificare quanto era avvenuto nel famoso Convento dei Domenicani; in quel di Soriano, e anche nella vicina Certosa di santo Stefano del Bosco in Serra. Accompagnato da due marinai, dopo un non facile tragitto, vi giunse e trovò situazioni desolanti in entrambi i siti. Infatti, dopo aver constatato il crollo del Convento di Soriano, i tre raggiunsero a fatica la certosa di Serra; dove tutto era andato distrutto e i monaci, oranti e sconvolti, si erano radunati all'aperto nei pressi della fontana. Dameto e i due marinai si dedicarono alacremente ad aiutare i Certosini collaborando prima con l'anzianoDom Benedetto Tromby che, da qualche settimana, sostituiva il priore in carica: Dom Pietro Paolo Arturi, che giunse il giorno seguente. Per due giorni, Dameto e i suoi marinai, continuarono a prestare la loro assistenza infondendo fiducia e coraggio alla comunità certosina e condividendo anche i momenti di preghiera. Antonio Despuig y Dameto, da eccellente studioso non ignorava la Vita Certosina e, in dottrina aveva appreso che Bruno aveva concepito il deserto come un organismo vivente: un corpo, dove ogni membro aveva il suo posto e la sua funzione, dove i doni che la grazia ha deposto in ogni solitario, potevano fruttificare a vantaggio di tutti. E’ questa la dimensione comunitaria della vocazione certosina, perché il certosino non è un puro eremita, ma vive nel deserto con dei fratelli che condividono la sua ricerca di Dio e con i quali si ritrova nei momenti comuni di vita ecclesiale e, quando condizioni avverse e inaspettate mettono a dura prova la forze fisiche e spirituali di questi eremiti -come in questo caso estremo- ancora più forte emerge il senso della comunanza e del sacrificio che si concretizza nel prodigarsi per il bene di tutti. La qualità e l’intensità della vita comune dei certosini fu, per Dameto, la testimonianza dell’amore che alimenta la loro vita solitaria, perché: “ chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede”.

Cosciente che la speroniera non poteva sostare molto in porti di fortuna, il nobile Dameto e i due marinai si prepararono per il ritorno e ad essi si unì, con il benestare del Priore Arturi, uno dei monaci che dimoravano nella certosa di Serra: padre Juan Madera. Padre Madera, ex priore della certosa andalusa di Jerez, chiusa nel corso del 1776, era giunto alla Certosa di Serra con un carro e due pariglie di cavalli di razza Andalusa; due al tiro e due di scorta, portò con se molti oggetti sacri e in particolare un dipinto di Francisco de Zurbaràn che rappresentava la Vergine; antico dono del Comune spagnolo di Llerena al monastero di Jerez. Ora, questo funesto terremoto, che obbligava tutti quei religiosi a lasciare la casa di Bruno, spingeva padre Madera a concretizzare la sua idea di fare ritorno alla sua Jerezper tentare di riaprire la magnifica Certosa di quel luogo. In quel frangente, anche lo storico per eccellenza dei certosini: Dom Benedetto Tromby, avanti con gli anni e malato, decise di ritornare a Monteleone nella casa natìa; dove viveva una sua sorella che l'avrebbe assistito.

Dopo un tragitto non facile, Don Antonio Despuig, i suoi accompagnatori e l'aggiunto padre Madera, giunsero sulla speroniera ancorata preso Tropea e si diressero in quel di Messina dove, insieme al resto dell'equipaggio, si prodigarono nel prestare soccorso ai superstiti di quella martoriata città. Pochi giorni dopo, Dameto, tornato nell'isola di Maiorca e congedatosi da padre Madera -che proseguì via mare per Cadice- annotò, nel diario della sua chiesa i passi salienti della disavventura vissuta in terra di Calabria. Era ormai consueta prassi del Dameto, quella di annotare sul diario della sua chiesa gli avvenimenti di rilievo della Comunità di Palma e di quanto avveniva d' importante nell'ambito della sua sfera sacerdotale.

Negli anni a seguire don Dameto, per la sue eccellenti doti, ottenne nomine prestigiose in campo ecclesiastico e in diversi settori culturali. Fu, fra l'altro, Pastore all'Arcivescovado di Valencia e poi, nel 1795, trasferito a quello di Siviglia. Alla morte di Pio VI si recò a Venezia per il Conclave e, alla solenne incoronazione di papa Pio VII, era presente come ambasciatore del Re di Spagna. Il 26 marzo 1808 ebbe l'incarico di Pro-Vicario al servizio di Sua Santità in Roma. Infine, fu eletto Camerlengo del Sacro Collegio dei Cardinali. Ai primi dell' 800, Mons. Antonio Despuig y Dameto, in età avanzata e cagionevole di salute, concluse in Vaticano la sua brillante carriera ecclesiastica; abbandonò il suo Ufficio e scelse di soggiornare in Italia. Morì a Lucca nel 1810 e fu sepolto nella cattedrale metropolitana di quella città. Nell'ottobre del 1993, i suoi resti mortali furono portati a Palma di Maiorca e tumulati nella chiesa di Santa Magdalena.

Nota:

Nel racconto precedente: “La certosa di Serra nei giorni dell'Apocalisse”, pubblicato nel marzo 2015 sulla rivista on-line “Santa Maria del Bosco”, che trattava di questo argomento, così concludevo:”Chi scrive è tuttora impegnato nella ricerca della documentazione consegnata dal Priore Dom Pietro Paolo Arturi al nobile Don Antonio Despuig y Dameto. L'ambito da esplorare si chiude nel triangolo: Certosa di Serra-Palma di Majorca-Vaticano.”

 

white_info.png

Annunci in Bacheca

  • image
  • image
  • image
Previous Next
Tucci Motors

Come eravamo - Foto d'epoca

Loading script and Flickr images

The Best Bookmaker Betfair Review FBetting cvisit from here.

Traduttore

Italian English French German Spanish
white_arrow.png

Calendario articoli

Aprile 24
L M M G V S D
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30 1 2 3 4 5

Seguici su facebook

white_arrow.png

Articoli più letti

  • 1
  • 2
  • 3
  • 4
  • 5
Prev Next

Fatti straordinari: NATUZZA MI DISSE: “ …

Fatti straordinari: NATUZZA MI DISSE: “ Guardate meglio il Vostro orologio…adesso mi credete?”

Hits:42921|VISITE Franco Inzillo - avatar Franco Inzillo

Il lungo calvario di Natuzza Evolo

Il lungo calvario di Natuzza Evolo

Hits:22701|VISITE Sharo Gambino - avatar Sharo Gambino

Inchiesta su Paravati | Il caso di Natuz…

Inchiesta su Paravati | Il caso di Natuzza…una diatriba per denaro e potere!

Hits:16992|VISITE Domenico Calvetta - avatar Domenico Calvetta

Il mistero della foto di Padre Jarek.

Il mistero della foto di Padre Jarek.

Hits:13808|VISITE Domenico Calvetta - avatar Domenico Calvetta

La mia terra spogliata di tutto dal 1860…

La mia terra spogliata di tutto dal 1860 ad oggi!

Hits:13566|VISITE Antonio Nicoletta - avatar Antonio Nicoletta

Rivista Santa Maria del Bosco - 89822 Serra San Bruno. Reg. n. 1/15 Tribunale Vibo Valentia. Copyright © 2021 Rivista Santa Maria del Bosco. Tutti i diritti riservati. Web Designer Marco Calvetta

Questo sito utilizza cookies. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookies clicca su “Maggiori Informazioni” e leggi l’informativa completa. Cliccando sul tasto “Accetto” acconsenti all’uso dei cookies. Maggiori Informazioni