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Rivista Santa Maria del Bosco - Serra San Bruno e dintorni

Domenico Calvetta
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Il cruciverba in serrese

Gioacchino Giancotti
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Bruno Caiazzo
La vita non gli aveva certo sorriso: da piccolo, infatti, aveva contratto una grave malattia che gli aveva storpiato le ossa e lo aveva ridotto in un letto. Poi la guarigione ma i segni lasciati dalla malattia erano grandi. Dapprima non riusciva ad alzarsi e camminare, poi, piano piano, anche se in modo claudicante e sostenendosi con un bastone riusciva a farlo. Ciò nonostante non si era mai perso d’animo ed anzi andava a lavorare con i falegnami facendo lavori molto pesanti come, tra gli altri: la manutenzione dei tetti delle case riguardante sia la struttura in legno che le tegole che andavano rimosse sostituite o se buone pulite e riposizionate. Aveva l'uso delle gambe molto limitato e per spostarsi da una trave all'altra usava le braccia e le mani ma non mostrava nessuna paura salendo anche sui tetti più alti con molta sicurezza e tranquillità. Viveva con la madre e due sorelle, di cui una si era poi sposata ed aveva anche un fratello emigrato in America mentre il padre lo aveva perso da tempo(stiamo parlando degli anni sessanta). Insomma era il capo famiglia ed oltre al lavoro faticoso di cui abbiam detto, gestiva anche un negozio di merceria sito all'inizio della via Sette Dolori(quando lavorava il negozio era gestito dalla madre o da una delle due sorelle). Io l'ho conosciuto che ero ancora ragazzino perchè mio padre gestiva un negozio di tabacchi e generi alimentari sito sulla stessa via ed a pochi metri dalla sua merceria. Era una persona molto socievole e ironica, aveva la battuta facile ma intelligente e tutti gli volevano bene proprio per questo suo modo di essere, gli piaceva scherzare ma non offendeva mai nessuno, portava rispetto ed era rispettato. Per guadagnare qualcosina in più, quando si trovava nella merceria, era solito fare lavori di piccola manutenzione come per esempio: aggiustare i ferri da stiro, che allora non erano complicati come oggi, ed altri piccoli oggetti di uso domestico che avevano guasti non gravi. La sua ironia prendeva sempre spunto dai comportamenti umani e spesso diventava auto-ironia, tanti sono gli episodi che potrei raccontare ma ci vorrebbe molto tempo e spazio, due mi sono rimasti molto impressi e quando mi vengono in mente mi fanno ridere e riflettere allo stesso tempo. Un giorno, arrivato al tabacchino di mio padre, come al solito, mi reco nella sua merceria per salutarlo, contemporaneamente arriva una signora la quale gli domanda: " a cumpari Brunu avia ghiutu mu nci lievu st'aradiu duocu a Mariu Cordinau (era un elettrotecnico) mu mi l'aggiusta ca non funziona ma non c’era, vui ndi capisciti?" e Bruno "e cuomu no, capiscimu nu puocu di tuttu", la donna "e buonu a Brunu allura vi lu dassu ccha mu lu guardati vui ca puoi viegniu e mi lu pigghiu", andata via Bruno prende l'apparecchio e chiaro che non sa cosa fare lui non è un elettrotecnico ma aprendolo dalla parte posteriore si accorge che c'è un filo dell'alimentazione staccato quindi lo ricollega e vede che l'apparecchio funziona, tutto contento grida "l'aggiustai", quando ritorna la donna con grande soddisfazione le dice "viditi a cummari appi mu sbattu quantu c’avia nu bruttu guastu ma vi l'aggiustai". Dopo questo fatto si sparge la voce che sa aggiustare anche questo tipo di apparecchi e se vogliamo se ne convince anche lui, succede quindi che un'altra persona gli porta un grammofano per farselo aggiustare ma questa volta il guasto è tecnico quindi non alla sua portata ma ciò nonostante lui smonta l'apparecchio e va a finire che non riesce più a rimontarlo, assieme a mio padre assistiamo alla scena e sinceramente non riusciamo a trattenerci dal ridere a causa delle battute che rivolge a se stesso "ma vidi tu chi mi vinna a mia, ma mi putia fari li c..... miei e mo chi fazzu", alla fine raccoglie tutto in una busta e lo porta presso un elettrotecnico per farlo aggiustare, quindi lo riconsegna alla proprietaria facendole credere di averlo aggiustato lui. Riconsegnato l'apparecchio si reca presso il tabacchino e rivolto a mio padre gli dice: " a Mastru Gianni mienumali ca non ci rimittivi di buggia" si era fatto dare, infatti, dalla cliente i soldi che lui aveva speso per farlo aggiustare. Qualche giorno dopo si presenta nel suo negozio un'altra persona con un apparecchio guasto, appena la vede esordisce "mi dispiacia ma mu s'aggiustanu si cuosi ci vonnu apparecchiaturi sofisticati e io non l'haiu".  Un altro episodio molto bello e quello successo in occasione dell'aumento delle sigarette. Lui fumava Esportazione con il filtro, ritenendo ingiusto l’aumento, si determina a togliersi il vizio del fumo e per questo si compra dei sigari toscani per incominciare, secondo lui, a disabituarsi. Acceso un sigaro se lo mette tra le labbra e si avvia tutto contento e con il suo passo claudicante verso il corso Umberto I, all'improvviso, dalla porta del tabacchino, io e mio padre, lo vediamo cadere in avanti riuscendo a mettere le braccia per evitare l'impatto con le pietre, scappiamo per sapere cosa gli è successo, si sarà sentito male pensiamo, giunti sul posto lo prendiamo per le braccia lo solleviamo e gli chiediamo: Bruno, cos'è successo!! "mastru Gianni mio mi scurdai ch'era nu sicarru e lu suspirai, parza ca mi spararu na pistulata alli primuni e mi mancau la terra e si scuraru l'uocchi" sia io che mio padre, certo dopo aver constatato che stava bene, non siamo riusciti a trattenerci dal ridere. Qualche ora dopo, Bruno, entra nel tabbacchino e rivolgendosi a mio padre gli dice: "a mastru Gianni datimi nu pacchettu di Sportazioni cullu filtru" e poi per giustificarsi con se stesso: "tehh si fu...... la lira e cu la pensa". Bruno ormai da tempo è scomparso ma dalla Casa del Padre, dove sicuramente si trova, sono certo che leggerà questo articolo e con la sua ironia si farà una bella risata.

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Il complesso musicale degli anni ’70. Da sinistra Carmelo Errichiello al basso, Cesare Pelaia alla chitarra e voce, Cesare Staropoli alla chitarra e voce, Gianfranco Procopio al saxofono contralto.

Erano passati circa 10 anni dall’ultima mia venuta in Calabria. Adesso ho sessant’anni.
Mentre l’auto percorreva le strade nelle immediate vicinanze di Serra, avendo lasciato alle spalle la canicola badolatese, ho risentito gli odori che avvertivo quando, da ragazzino, la “corriera” (o “postale”…) da Pizzo completava il viaggio iniziato in treno da Reggio.
Desideravo fortemente rivedere i miei vecchi amici, sentiti solo sporadicamente per telefono in questi anni.
Li ho rincontrati e riabbracciati, ma non tutti. Ho rivisto Gianni Manganaro, Mimmo Calvetta, Cesare Pelaia, Gianfranco Procopio, Mimmo Celano…non ho avuto la fortuna di poter incontrare Angelo Bruno Carchidi, Salvatorino Regio, Vincenzo Regio, Cesare Staropoli, Mimmo Calabretta...
Ho cercato disperatamente di rivedere la mia amica di prima infanzia e fanciullezza Pina Ariganello, con la quale ho condiviso i primi giochi quando abitavamo entrambi a Reggio.
Sono riuscito, dopo carambolesca ricerca, ad avere finalmente il suo numero di cellulare, e con profonda emozione l’ho chiamata e ritrovata telefonicamente, riprovando sensazioni forti al raccontarci episodi della nostra fanciullezza.
Ho potuto anche riabbracciare i miei cugini, Rosamaria e Carmelo Genovese, figli di Gaetano fratello di mia madre Lena.
Gradevolissimo è stato l’incontro con i fratelli Gerardo e Mario Letizia.
E poi ancora tanti volti noti, incrociati sul corso, passeggiando “susu e vasciu”.
Ho rigustato il piacere di ascoltare musica proveniente dai “palchi”; e poi gli “spari” ed ancora la serata a San Rocco per vedere “lu ciucciu ca aballa”.
L’impatto con la musica dal vivo sul palco mi ha riportato a quella che è forse stata la parentesi più bella della mia gioventù. Con Cesare Pelaia, Gianfranco Procopio, Cesare Staropoli e Tonino Errigo avevamo messo su un “complesso” musicale che ci ha permesso di suonare anche in pubblico, compresa l’occasione in cui ci fu l’incontro musicale con “La ragazza 77 e le gatte”, presso il cinema Aurora di Serra.
Però il ricordo più vivo che ho in merito al nostro complesso musicale è senz’altro l’aver organizzato la festa di matrimonio del carissimo amico Fernando Zaffino “lu forgiaru”. Mi ha sempre confidato che se non fosse stato per noi, il matrimonio non ci sarebbe stato! Penso che sia un tantino esagerato il complimento del mio vecchio amico…
Bello è anche il ricordo della preparazione dei pezzi musicali per poter suonare in Chiesa, alla “Messa beat”. I tempi non erano ancora maturi per una tale novità e non ci fu concesso di accompagnare con le melodie le funzioni religiose.
Io conservo ancora gelosamente il mio “basso” elettrico, un Hofner a violino identico a quello di Paul McCartney dei Beatles. Ho avuto numerose allettanti offerte perché lo vendessi: lo custodisco gelosamente nel mio studio di casa.
Un altro ricordo vivissimo è quello delle uscite in bicicletta con Cesare e Gianfranco. Quando ci davamo appuntamento per il giorno dopo, ci chiedevamo: “con” o “senza”?, in riferimento all’utilizzo o meno delle bici. Possiedo ancora, qui a Torino, la mia vecchia “Bianchi sport”, con il suo manubrio piccolo, in orizzontale ed il cambio a tre rapporti con levetta di comando sul telaio. L’avevo acquistata presso l’officina di “Peppisello”, mettendo da parte tante “500 lire” d’argento che i miei mi regalavano quando lo meritavo…
Per chiamarci tra di noi, usavamo un “fischio” con tonalità tali, che ci si riconosceva immediatamente.
Quando sono a Serra, una tappa desiderata, ancorchè carica di tristezza e languida nostalgia, è quella che faccio dove riposano tutti i miei cari.
Ho fatto il mio solito giro al Cimitero, a salutare i miei genitori Giovanni Errichiello e Lena Genovese, le mie zie Raffaelina ed Ada Genovese, mio suocero Biagio Zaffino papà di mia moglie Gabriella.
In quel giro di “saluti” ho avuto modo di constatare l’avvenuta morte di tante persone dal volto noto, spesso dal nome sconosciuto, ma che hanno fatto parte comunque di un pezzo di vita che appartiene ormai ai miei ricordi.
Ho apprezzato i molti lavori di abbellimento e di efficienza messi in essere in questi anni a Serra. Però ho anche provato un profondo dispiacere per lo stato di abbandono di alcuni luoghi che ricordavo molto più “belli”, e per qualche nota stonata ambientale, dovuta probabilmente allo scarso senso civico e rispetto da parte di pochi.
Per concludere, non so dire se questa cascata di emozioni provate quest’anno in Calabria siano un corollario fisio-patologico dei miei sessant’anni, con inevitabili sbalzi di umore, oppure una necessità interiore di uno spirito ancora “giovane” che il fardello del lavoro (sono in pensione, ma di fatto sono più impegnato di prima!), l’ansia delle preoccupazioni quotidiane, l’affanno del tempo che comunque scappa via, siano risultati talmente opprimenti, da assopire pesantemente per anni dei sentimenti che avevano la prorompente necessità di essere ritrovati e rivissuti fino in fondo.
Forse tutto ciò sarà (almeno lo spero) motivo valido per meditare sui valori reali della vita, sull’importanza degli affetti, sulle priorità che dobbiamo stabilire nel rapportarci con il mondo che ci sta intorno, per non correre il rischio di perdere il bello ed il buono che ci sta accanto, nella rincorsa di qualcosa che ci appare illusoriamente appagante, ma che di fatto si rivelerà una accorata disillusione, quando però sarà ormai troppo tardi, per recuperare il tempo perduto.
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Da sinistra Tonino Errigo, Cesare Pelaia, Carmelo Errichiello, Gianfranco Procopio.
Serra San Bruno…luogo di vacanza scolastica estiva per tanti anni e punto di incontro con gli amici del cuore. Ma soprattutto luogo natio della persona che ha condiviso con me 40 anni di gioie e dolori, compagna dolcissima anche quando l’egoismo di uomo mi ha distratto, preso da interessi apparentemente fondamentali ed irrinunciabili, sottraendomi agli affetti più intimi che solo una moglie e dei figli possono darti.
Ben vengano, allora, i momenti di “crisi”, se riescono a farti toccare con mano che basta poco per godere intensamente delle emozioni che molto spesso avevi dimenticato, ma esse erano rimaste lì, ad aspettare di riaffiorare e farti di nuovo sentire vivo “dentro”.
Serra San Bruno… Ricordi del passato: una sottile tristezza che ti rende piacevolmente malinconico.

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