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Rivista Santa Maria del Bosco - Serra San Bruno e dintorni

Domenico Calvetta
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Il cruciverba in serrese

Gioacchino Giancotti
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Angelo rizzo
Si,proprio cosi’. Una meteora.Un’apparizione durata poco piu’ di 50 anni. Angelo Rizzo non apparteneva a questo mondo. Era una luce alimentata da energia cosmica. Viveva tra di noi ma non come noi. Contagiava di  buon umore   chi gli stava intorno con la sua personalita’ eccentrica, costellata di sogni e ammalianti voli di fantasia. La realta’ gli scivolava addosso senza turbare i suoi convincimenti. Angelo era un incurabile daltonico. Vedeva solo colori luminosi perche’ si intonavano bene con la sua anima da dandy.Molti ricordi comuni ci mantengono uniti al confine dei due mondi. Mi ricordo di quando accompagnammo un giornalista francese del “L’Humanite’” a Ragona’. Angelo, allora ancora student all’universita’ di Cosenza, doveva fare da interprete . Io ero un semplice ‘homme’ di compagnia. Arrivammo alla picccola frazione di Nardodipace su dei muli aiutati nel loro cammino da contadini del luogo. Angelo in mise da safari (panama, ampia camicia di canapa leggera, pantaloni di lino svolazzanti, un foulard profumato al collo  ); io in jeans e camicia a fiori. Ragona’  alternava ai profumi della primavera le puzzolenze  delle necessita’ corporali a cielo aperto.Dei bambini nudi sguazzavano nei rivoli di acque malsane facendo mostra  di addomi rigonfi da mal nutrizione. Angelo ,con passo leggero e accorto , seguiva i tracciati meno pericolosi per le sue scarpette di pelle delicata e, in un impasto di suoni nasali , si rifaceva a Zola nelle sue spiegazioni al giornalista francese.Io capivo bene il giornalista ma facevo fatica a capire Angelo, il cui francese era troppo nasale per eccesso di immedesimazione. Ragona’ esibiva solo  bambini denutriti e sporchi di fango e liquidi organici. Gli uomini erano impegnati nell’impari lotta con gli strapiombi di una natura pietrosa e poca generosa.Le donne , avvisate da accorte vedette , rimanevano rinchiuse nelle umide e maleodoranti cavita’ delle loro dimore-caverna. Angelo seguiva il francese nei suoi scatti fotografici riparando le sue delicate narici tra le pieghe profumate del foulard. Un simile foulard fu protagonista ,molti anni dopo, di un altro ricordo. Io abitavo a Roma, in un ampio appartamento nei pressi della Stazione Termini. Angelo in quel periodo aveva la poco motivata passione per il cinema. Voleva a tutti i costi apparire sul grande o sul piccolo schermo. Mi chiese di ospitarlo per alcuni giorni in quanto avrebbe dovuto girare un’importante scena nei pressi di Castel Sant’Angelo. L’ingaggio gli era stato procurato da una persona molto influente, con strettissimi legami di parentela. La scena fu girata piu’ volte e alla fine venne tagliata. Angelo mi spiego’ che il regista era un incapace e che un giorno sarebbe stato ricordato  solo come ‘colui che non seppe apprezzare il talento del grande Angelo Ryz (da pronunciarsi ‘rais’)’. Contando, invece, sul mio apprezzamento, mi chiese di rimanere ancora un po’ di tempo mio ospite. Ci rimase alcuni anni! Anzi fu io ad andarmene per primo lasciandolo da solo nell’ampio appartamento fino alla sfratto per morosita’.Il mio appartamento di Roma era a quel tempo un ritrovo per gente strana con ambizioni artistiche o creative. Abitava con me un violoncellista dell’Opera di Roma. Angelo, chiaramente, occupava la camera migliore, sempre pregna di profumi orientali. Io vivevo circondato da libri e foto di donne, avute o ambite.Un giorno decisi di sbarazzarmi di una vecchia lavatrice ,inutile quanto ingombrante. Chiesi ad Angelo, nelle sue pause di recitazione, di darmi una mano a caricarla sulla mia Renault 4, chiamata ‘Findus’ per i suoi innumerevoli spifferi invernali, per poterla portare in un deposito privato di smaltimento alla periferia di Roma. Angelo prese cosi’ a cuore l’incarico che trascorse quasi un’ora nei preparativi allo sforzo. Si presento’ in una attillata  tutina di jeans, con bretelle da meccanico, indossata su una candida camicia bianca bordata dall’immancabile foulard. Capii immediatamente che non avrei potuto fare a meno dell’aiuto del  violoncellista.Cinque piani di scale incalzati dagli incoraggiamenti di Angelo, molto premuroso a farci strada con l’unico sforzo dello svolazzamento del foulard profumato ad unico conforto per il peso da noi sostenuto. Arrivati al deposito di smaltimento, Angelo si assunse il difficile compito  di indicarci , su istruzioni del proprietario, il punto esatto per lo scarico. Quando finalmente ci fummo sbarazzati della lavatrice , salutammo il custode  con una leggera inclinazione del capo e ci avviammo verso la macchina. In quel momento il proprietario del deposito si avvicino’ ad Angelo e mettendogli in mano 50 mila lire gli disse : ‘per i suoi uomini’. Meno male che almeno ebbe la delicatezza di non definirci  ‘facchini’. Angelo , aggiustandosi con un colpetto di mano una bretella che gli era scivolata nello sforzo mentale, introdusse in una tasca della tuta le 50 mila lire e saluto’ il suo collega proprietario con un sorriso di riconoscenza. Quella sera si ando’ in tre alla trattoria ‘Tana sarda’ e annegammo nel vino la munifica umiliazione. Ecco, questo era Angelo Rizzo. Un arcobaleno di insoliti colori   sullo schermo grigio della comune esistenza.

Sen Sei
Le persone vere, umili, quelle persone semplici che non sono avvezze a dare spettacolo, che eludono i riflettori della scena e rifiutano gli scranni tanto ambiti invece da arrivisti e giovani ambiziosi, senza scrupoli, corrono spesso il rischio di passare inosservati soprattutto in un mondo, come quello in cui stiamo vivendo, in cui è solo l’apparenza ciò che davvero conta.
Non importa se costoro abbiano vissuto con dignità la propria esistenza, se abbiano fatto del rispetto delle leggi, sia di quelle scritte che di quelle morali, il proprio stile di vita, se abbiano svolto con passione ed abnegazione il proprio lavoro, il proprio dovere, rifiutando compromessi, rinunciando a poltrone e prebende facili magari, ma sporchi, condizionati da meschini ricatti e loschi accordi sottobanco. Non importa se si siano prodigati a diffondere nella società con il proprio esempio e il proprio impegno quei valori sacri, civili e morali, così difficili da seguire, ma così importanti da costituire addirittura il fondamento stesso dell’intera umanità, come il rispetto, l’autocontrollo, la sincerità, la lealtà. Non importa se abbiano sacrificato, in dignitoso silenzio, senza clamore, la propria vita per educare ragazzi e bambini, ma anche persone adulte, nella speranza di dare un modesto ma sicuramente prezioso contributo alla edificazione di una società migliore più sana e corretta, senza pretendere nulla in cambio, se non il rispetto per il proprio lavoro.
E così succede che queste persone, sconfinate, immense, esempi emblematici di vita da imitare incondizionatamente e da proporre ai propri figli come maestri di vita senza alcuna riserva, vengono a mancare e lo fanno con lo stesso stile, con la stessa dignità con cui hanno condotto la loro vita, silenziosamente, in gran riserbo, temendo quasi di disturbare; ma non è per rispetto che tutti coloro che dovevano parlare . . . hanno taciuto, non è per rispetto che tutti coloro che dovevano ringraziare . . . sono rimasti in vergognoso silenzio, non è per rispetto che tutti coloro che avevano il dovere morale e civile di rendere omaggio e celebrare degnamente gente di tale caratura morale e civile . . . sono rimasti in silenzio, non è per rispetto che chi aveva beneficiato della loro presenza, della loro amicizia, della loro compagnia, della loro umanità . . . si sia defilata.
No! Non è per rispetto, forse è per vigliaccheria, per invidia, forse per paura, per un senso di frustrante inferiorità, per non offrire magari agli altri l’opportunità di scoprire il vero valore di questa gente speciale, meravigliosa. È preferibile allora fare in modo che passi inosservata, in modo che nessuno se ne accorga e lasciare invece i riflettori accesi solo per chi si è fatto sempre notare, e non certo per l’impegno o per la condotta morale, ma per il pennacchio, spesso fondato su una solida base di superbia, falsità ed ipocrisia, per quella sfarzosa apparenza di cui si nutre oggi questa nostra società malata, una società che è disposta a prostrarsi davanti al potere o al dio denaro, ma è riluttante a farlo davanti al sacrificio, davanti alla sincerità, davanti all’umiltà . . . davanti alla verità.
Salvatore era tutto questo, un ragazzo vero, sincero, incorruttibile, ma soprattutto umile e leale, un ragazzo che amava la vita e conosceva i valori importanti che la animano. Questi valori li aveva scoperti già da bambino nel Karate, una disciplina di vita più che di sport, ed attraverso questa disciplina aveva cercato meticolosamente con impegno e sacrificio di inculcarli anche nella mente di tutti quei bambini e ragazzi che avevano avuto la fortuna di frequentare la sua scuola. La sua guida era saggia ed inflessibile. La sua preparazione era talmente professionale, talmente meticolosa da non temere rivali. Eppure nonostante la sua professionalità, la sua dedizione, il suo amore per il Karate, nella federazione dove era conosciuto da tutti, non ha mai trovato spazio. Quanta linfa ha portato alla sua tanto amata federazione, quanti bambini e ragazzi ha fatto partecipare alle varie competizioni regionali e nazionali, quanta gente ha fatto avvicinare a questa affascinante disciplina che di marziale ha il nome, ma è costruita su una solida base di rispetto e valori umani e spirituali, che nulla hanno a che fare con la violenza, ma che invece possono offrire una efficace guida fisica e spirituale per una crescita sana ed equilibrata di ogni ragazzo.
Certo l’umiltà non premia, ma non erano i premi venali ed effimeri che la nostra società aveva da offrirgli che Salvatore rincorreva, il premio ambito era dato dalla passione per la sua professione di grande maestro V dan, dalla gioia che faceva provare ai suoi allievi quando, grazie ai suoi saggi insegnamenti, riuscivano a conquistare una medaglia o un trofeo, dall’impegno che riusciva a stimolare nei suoi cadetti, dal rispetto e dalla fiducia che i genitori dei suoi ragazzi nutrivano in lui.
Nessuna associazione, nessun ente pubblico si è accorto della tua scomparsa, eppure tutti ti conoscevano bene e con tanti hai ufficialmente interagito anche proficuamente, grazie alla tua indiscussa professionalità, alla tua assoluta abnegazione. Se oggi, però, girano per il mondo ragazzi e uomini, che conoscono bene il significato di valori importanti come la sincerità, la costanza, il rispetto e l’autocontrollo, ragazzi che con la loro educazione e preparazione possono davvero dare un grande contributo alla nostra malata società, ebbene questo è grazie a te Sen Sei; forse questa è la gratifica più importante che tu potessi avere, ma sicuramente è proprio quella alla quale più di ogni altra hai sempre ambito.
. . . rimane ai posteri il tuo insegnamento più importante: “coltivare i valori dello spirito non è sbagliato, prima o poi tutti torneremo spirito e tutte le vanità che in vita ci hanno distratto dalla verità, periranno insieme al nostro corpo”.

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