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Un racconto di Caterina Tagliani: Una rosa rossa

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Pubblichiamo volentieri questo racconto della nostra poetessa Caterina Tagliani già ospitata con pieno merito nella fortunata rubrica Pagina della Poesia.
Rosa rossa caterina tagliani
Ogni volta che doveva attraversare la strada, Romina si ricordava sempre delle ammonizioni ricevute..-“Stai attenta….gli autisti sono dei pazzi…..attraversa sempre sulle strisce…”, ogni giorno la raccomandazione giungeva puntuale mentre lei finiva di infilarsi il maglione, afferrare la borsa, dare un bacio a sua madre che l’inseguiva per le scale e rimaneva sul portone fino a quando non scompariva in fondo alla strada.
Era davvero in ritardo quella mattina e probabilmente non avrebbe fatto in tempo ad essere come sempre puntuale al suo banco di lavoro, perciò si mise a correre così in fretta da dimenticare ogni elementare prudenza e non si accorse neppure dell’auto che cercava prima di evitarla quando sbucò dalla curva all’improvviso e sentì, insieme al rumore dei freni anche un forte dolore alla testa…le sembrò che tutto le girasse intorno e quando si riprese si accorse di essere in un bianco lettino d’ospedale.
La prima cosa che la colpì fu il forte odore di disinfettante…poi vide gli occhi gonfi e rossi di sua madre che la stavano fissando e infine, quando riuscì a ruotare un po’ la testa, una rosa rossa dentro un vaso sulla finestra.
Sua madre si affrettò a chiamare subito un medico che le raccomandò di non agitarsi visto che un agente di polizia era fuori in attesa di poterla interrogare; Romina non sapeva di essere stata in uno stato comatoso per oltre tre giorni, né riuscì ad essere utile quando venne interrogata dal solerte agente della stradale deciso a fare luce sull’incidente per arrestare il colpevole al più presto.
Nessuno sapeva niente della macchina che l’aveva investita, né lei ricordava di che colore fosse o di che marca….ricordava solo il rumore dei freni e le strisce bianche per terra che non aveva fatto neppure in tempo ad attraversare…pensandoci, rifletté che proprio alla curva…che ci stavano a fare quelle strisce? A quell’ora poi, non c’era quasi mai nessuno per la strada che conosceva bene a memoria…poi ritornò a guardare la rosa rossa e s’incuriosì: chi mai le poteva regalare una rosa rossa? Passò in rassegna mentalmente i visi e i nomi dei suoi amici ma si accorse che nessuno di loro era tipo da…rose rosse e comunque, quando era stata portata?.
Lo chiese a sua madre che però non seppe risponderle anzi l’accusò scherzosamente di mantenere segreto un suo possibile innamorato ma Romina si sentiva troppo stanca e dopo poco si addormentò….Sognò di essere seduta in mezzo ad un prato e nel prato c’erano tante margherite disposte a strisce e si mise a ridere…” per far attraversare i conigli” si chiese..Si sentiva un po’ come Alice nel paese delle meraviglie..poichè ogni cosa che vedeva sembrava disposta come in una fiaba e in questa fiaba all’improvviso spuntò un giovane vestito con una divisa bianca, non si capiva se fosse un marinaio o un infermiere ma tutti e due avevano un buffo cappellino in testa e…una rosa rossa in mano….
Romina si svegliò di soprassalto, la gola chiusa per l’arsura e ancor più si spaventò non vedendo sua madre accanto al letto ma un’ombra bianca, cercò di parlare ma nessun suono uscì dalla sua bocca, poi si accorse che si trattava di un’infermiera che le stava semplicemente cambiando il flaconcino al quale era appesa la flebo.
La seguì con lo sguardo e si accorse che non si trattava della stessa che al mattino le aveva somministrato altre pillole…ma di un infermiere e, sul comodino una rosa rossa era pronta per essere messa nel vaso, cosa che fece andando a cambiare prima l’acqua e poi con calma le accomodò le coperte e si avviò alla porta.
“ Chi sei?” -chiese Romina adagio, l’uomo si voltò con un viso contrito “ Nessuno, faccio solo il mio lavoro” e si girò nuovamente per aprire la porta ma la voce di Romina lo fermò sull’uscio “Anche portare rose alle pazienti rientra nei tuoi compiti?”. chiese con voce un po’ ironica…ma l’infermiere scosse la testa, sembrava quasi triste e se ne andò.
Per tutta la giornata non fece che fantasticare su quella visita, forse era un maniaco dei fiori e li portava alle pazienti, forse era un innamorato deluso che andava girando l’ospedale in cerca di qualche emozione ma quello che l’aveva maggiormente colpita era l’aria triste del giovane in camice bianco.
Per questo appena iniziato il turno, fin dal mattino aveva cercato di fare qualche domanda alle infermiere cercando di essere quanto più possibile discreta ma non ne ricavò nulla..quello era un reparto femminile e tutte le infermiere erano donne e per questo Romina lasciò cadere man mano il discorso lasciando intendere sorridendo che la rosa era l’omaggio di un amico.
Si sorprese anche a pensare che nessuna delle sue compagne di lavoro erano venute mai a trovarla e pensò che probabilmente avevano cambiato tutti i turni ma capì che malgrado questa scusa si sentiva ugualmente ferita..che diamine…tutta l’amicizia e le confidenze che le andavano facendo non contavano nulla? E le serate in discoteca passate insieme, le pizze..le risate..si sentì triste all’improvviso e per tutto il giorno finse anche con sua madre, un’allegria che non provava affatto.
Quando giunse finalmente la sera, decise di attendere l’arrivo dell’uomo vestito con un camice bianco che le portasse una rosa ma si addormentò quasi subito per svegliarsi di soprassalto quando una mano le sfiorò la fronte e le scostò i capelli, incontrò lo sguardo del giovane chino su di lei che la fissava sempre con quel velo di tristezza negli occhi.
Decise di essere più diretta e gli chiese immediatamente perché fosse proprio lì accanto al suo letto, in quella stanza e con quella rosa rossa ancora fra le mani; il giovane scosse la testa, sembrava restio a parlare ma quando cominciò fu come se un fiume in piena troppo a lungo trattenuto, avesse finalmente trovato il suo varco. “ Devi sapere-cominciò- che molto tempo fa avevo una giovane fidanzata, era bella, bruna come te, sempre sorridente, felice, un carattere d’oro, andava d’accordo con tutti, un’anima davvero…solare, non dite così oggi? lavorava e avevamo fatto tanti progetti, una piccola casetta tutta per noi in campagna, risparmiavamo il più possibile per realizzare il nostro sogno, lei lavorava, non un lavoro fisso ma bastava e io facevo l’autista in una grande ditta di trasporti- s’interruppe mentre Romina lo ascoltava fissandolo attentamente e pensando che cosa c’entrasse lei e l’ospedale in quella storia, poi riprese-“ Una mattina, mentre andava al lavoro, fu investita da un camion, sulle strisce pedonali…e fu portata qui, in questa stanza dove dopo difficili operazioni e lunghi giorni di sofferenza entrò in coma, non ci fu un medico in grado di curarla, né preghiere che commuovessero Dio…nessuna grazia, dopo molti giorni di sofferenza è morta senza neppure conoscere il nome del suo investitore”.
Romina era rimasta ad ascoltare molto attentamente quella storia dolorosa così simile alla sua ma con una finale tragico e non poté fare a meno di pensare quanto fosse stata fortunata sentendo nel contempo una grande pena per il giovane, quando lo vide un poco più calmo chiese -“E la rosa rossa?”- “Erano le sue preferite”- le rispose quasi sorridendo al ricordo “ ogni volta che potevo gliene regalavo sempre una”.
Il sonno oramai era passato completamente e Romina fissava la rosa rossa nel vaso che sembrava volerle dire ancora qualcosa -“Almeno-chiese, chi l’ha investita è stato arrestato ? E’ stato condannato ?” Il giovane scosse la testa e mormorò “ Era un vigliacco”, poi si alzò dal lettino e si avviò alla porta…”Domani te ne andrai a casa ma io ritornerò qui, ogni sera”, Romina balzò dal letto presa da un’improvvisa ispirazione e gli mise una mano sul braccio “ Aspetta, dimmi chi è stato ad investire la tua ragazza?, Chi è così insensibile dopo una colpa così grave da fuggire senza neppure dare aiuto”
Togliendole con delicatezza la mano dal braccio, il ragazzo abbassò il capo e rispose prima di lasciare la stanza e Romina con gli occhi sgranati:- “Quel vigliacco… sono io”.
Lasciò l’ospedale il giorno dopo, completamente guarita ma con un’ansia nel cuore che non sapeva spiegarsi pensava tra sé che in fondo il trauma dell’incidente l’aveva scossa e lei era ancora convalescente, aspettava che qualche amica finito il turno l’andasse a trovare, ma non raccontò a nessuno della rosa rossa sul comodino della stanzetta dell’ospedale, temendo che le dessero della visionaria.
Organizzò le sue giornate prevedendo lunghe passeggiate che non aveva mai avuto il tempo di fare, troppo occupata ogni giorno a correre avanti e indietro dal lavoro per rispettare gli orari dei mezzi pubblici e non subire le rimostranze del caporeparto, sua madre, la riempiva come sempre di attenzioni e raccomandazioni appena vedeva che era in procinto di uscire: “Copriti…metti la sciarpa….ma dove vai che oggi non c’è neppure un po’ di sole…”
Romina scuoteva la testa sorridendo e ogni mattina usciva, arrivava con calma in fondo alla strada, proprio alla curva e sulle strisce bianche dove era stata investita posava una rosa rossa.

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