Qualche tempo fa mi è capitata tra le mani una poesia di Daito Kanushi:
Se l’occhio potesse udire,
Se l’orecchio potesse vedere,
Vi incanterebbe
Il semplice suono dell’acqua sul tetto.
Queste semplici parole mi hanno fatto riflettere. Mi sono resa conto che la maggior parte degli esseri umani vive senza esserne cosciente.
Ogni mattina ci alziamo dal letto credendo di essere svegli, ma di fatto stiamo ancora dormendo. Compiamo ogni azione in maniera meccanica, automatica e spesso dimentichiamo ciò che abbiamo fatto pochi istanti prima proprio per questa assenza di coscienza. Non vediamo niente, non sentiamo nulla. Siamo come automi. Non siamo capaci di agire, noi “subiamo”. Nessuno è più in grado di stupirsi, di vedere quanta bellezza c’è nel mondo, la meraviglia e il mistero che ci circondano. Secondo il filosofo Gurdjieff, l’uomo è una “macchina”: tutto ciò che fa, le sue azioni, parole, pensieri, sentimenti, convinzioni, abitudini, opinioni altro non sono che il risultato di influenze e impressioni esteriori. Di per sé l’uomo non può produrre un solo pensiero, una sola azione perché tutto quello che dice, pensa, sente, di fatto accade. Questo perché egli non è mai cosciente di se stesso mentre fa, dice, pensa, sente qualcosa. La sua mente è sempre distratta, altrove. È come se fosse sempre qualcun altro a fare le cose al posto suo, la macchina. Il suo vero essere, la sua coscienza, se così vogliamo chiamarla, in realtà sta dormendo. Nel Dharmapada il Buddha insegna che l’attenzione è il solo sentiero che conduce all’immortalità. Gli “attenti” non muoiono, mentre i “disattenti” sono come già morti. Per essere vivi, dunque, bisogna essere svegli.
Ma come fare a “svegliarsi”? Il primo passo è conoscere se stessi. Conoscere se stessi è l’inizio e probabilmente il fine del nostro viaggio in questo mondo. Siamo su questa terra per una ragione, e continueremo a nascere, morire e rinascere finché non avremo conquistato quello per cui siamo venuti. Non si tratta di conquistare potere, denaro, o fama. Si tratta invece di conquistare qualcosa che neanche la morte potrà portarci via: coscienza, consapevolezza, volontà. Scriveva Henry David Thoreau, “Datemi la verità, invece che amore, danaro o fama”. Forse non vogliamo interrogarci seriamente su chi siamo per paura di scoprire che c’è un’altra realtà oltre a questa. E dalla comprensione conseguirebbe la responsabilità. Così appare più appetibile continuare a dormire, vivere immersi in questo sogno. Perché, come insegna il Buddha, le cose del mondo, quando le si osserva attentamente, sono soltanto illusioni viste in sogno. Ma questo sonno non è vita. La gente ha così paura di morire perché di fatto non ha mai vissuto. Soltanto chi è rimasto “sveglio”, chi ha sempre mantenuto desta la coscienza di sé, ha vissuto veramente. Costui non teme la morte, perché sa che altro non è che un nuovo inizio, l’inizio dell’autentica vita dell’essere. Mentre chi dorme è destinato al samsara, l’eterno ciclo di nascite e morti. L’unica via d’uscita è trovare la verità e, come diceva Sant’Agostino, “In interiore homine habitat veritas”. La verità è dentro di noi. Per questo motivo dobbiamo svegliarci e mantenerci desti. Thoreau scrive: “Il vento mattutino soffia eternamente, il poema della creazione è continuo; ma poche sono le orecchie che riescono a udirlo”. Allora cerchiamo di essere presenti a noi stessi, di non “dormire”, di essere “svegli”, e non trascuriamo mai la ricerca della nostra vera essenza, che è divina e luminosa. Solo così potremmo un giorno liberarci da questa catena infinita di nascita e morte che ci tiene avvinghiati ormai da migliaia di anni, ed essere finalmente vivi.
Immagine tratta dal sito: http://petali-di-loto.blogspot.it/