Roma, in una giornata di sole qualsiasi di un inverno non troppo rigido, nel quartiere Testaccio, ai piedi della Piramide Cestia, forse non tutti sono a conoscenza dell’esistenza di un piccolo cimitero. Proprio lì, al di là dei rumori cittadini, sorge il cimitero acattolico di Roma che vanta tra l’altro la presenza di illustri poeti e personaggi storici di spicco (uno fra tanti Antonio Gramsci). Il cimitero fu aperto ufficialmente nel 1821 con editto della Segreteria di Stato, sotto il pontificato di Pio VII Chiaramonti.Esso è destinato all’ estremo riposo in generale dei non cattolici stranieri senza distinzione di nazionalità. Un piccolo gioiello di sacralità e silenzio inserito nel trambusto noto a tutti della capitale.
Proprio lì, con i cipressi che fanno da contorno, bagnati dalla luce di un sole tiepido, è possibile passeggiare tra le viuzze che le stesse lapidi poste l’una di fianco all’altra hanno formato nel corso del tempo. I gatti, immancabili, che sembran fare da custodi, il prato verde dal sapore tipicamente inglese, ti invitano a proseguire lì dove lo spazio si estende maggiormente e puoi ritrovarti dinanzi alla lapide del poeta John Keats .
Ancora un attimo prima che il sole tramonti, quell’attimo in cui è possibile assaporare la voce silenziosa dei grandi personaggi qui sepolti sedendo su una delle tante panchine sparse qua e là in mezzo al verde. Poi si fanno le 16:45 e qualcosa cambia. La magia, la suggestione, il senso di sacro e rispetto che un luogo del genere dovrebbe trasmettere, lasciano il posto all’altro volto del cimitero: quello del luogo di interesse turistico, di meta segnata sulla mappa delle cose da vedere a Roma. E così non è in realtà infrequente che
nella personale ricerca di riflessione all’interno del cimitero, ci si imbatta in gruppi di turisti attrezzati di fotocamere al seguito di guide dal tono di voce poco consono al terreno calpestato. L’interesse culturale o artistico che sia, porta con sé inevitabili esigenze di gestione del “reperto storico”. E’ così che appunto, ad un quarto alle 17, sentiamo l’altoparlante informare i “gentili visitatori” dell’imminente chiusura del cimitero. Una voce che parla molte lingue ed è accompagnata dall’Aria sulla quarta corda di Bach. Lungi dal voler commentare, peggio ancora giudicare le modalità di organizzazione scelte da chi gestisce il sito, una riflessione inevitabile siamo portati a farla. Per un attimo vorremmo immaginare di essere accompagnati fuori dal cimitero monumentale del Verano con la sinfonia n 9 di Beethoven che ci suona nelle orecchie, o ancora ritrovarci in un qualsiasi altro cimitero cattolico insieme a tanta altra gente e al loro vociferare continuo. Risulta difficile immaginare queste situazioni. Stranisce alquanto notare come l’idea di sacro sembri dover andare di pari passo con l’idea di religioso, ancor di più come la nostra sete di conoscenza e curiosità per la vita di certi personaggi riesca a mancare di rispetto alla loro morte. Vi sono luoghi come questo che meritano di rimanere inviolati e incontaminati, luoghi carichi di suggestione e spunti di riflessione che dovrebbero accompagnare il visitatore in un personale percorso interiore di conoscenza che non si esaurisca nella contemplazione superficiale di un’architettura particolare e che culmini nel racconto agli amici delle “tante” cose viste nella città eterna.