Il termine reificazione deriva dal latino res, ossia “cosa” e facere, ossia “fare”, e può essere tradotto in italiano come «far diventare oggetto» oppure «rendere cosa». Questo concetto ha le sue origini nella diffusione del sistema capitalistico e delle sue regole di base nello scambio delle merci, ma successivamente, dall’ambito economico passa a quello sociale, e grazie al contributo di alcuni filosofi e sociologi contemporanei è oggi utilizzato per indicare un atteggiamento di mera neutralità, e freddezza nei rapporti interpersonali. Il comportamento distaccato e del tutto contemplativo da parte di un soggetto verso un altro soggetto è dato, secondo alcuni filosofi, dalla mancanza, o meglio dalla dimenticanza del riconoscimento che sta all’origine di ogni rapporto umano: io riconosco l’altro come un soggetto facente parte della società di cui io stesso faccio parte, dotato dei miei stessi diritti e doveri, con determinate caratteristiche, abilità, capacità e qualità psiche-emotive. La reificazione oggi purtroppo esiste, anche se la maggior parte degli uomini non conosce il significato filosofico di questo atteggiamento in realtà lo adopera ogni giorno, da quando la mattina esce di casa per andare a lavoro sino a quando ritorna nella sua dimora a fine giornata. I rapporti interpersonali non hanno più le caratteristiche di rapporti tra umani, ma di rapporti tra “cose”, e tra le tante cause di questa trasformazione di relazioni sociali scorgiamo in particolar modo la diffusione dei mass media. La società tecnologica ha creato un’immensa rete di media (giornali, radio, cinema, pubblicità, televisione, ecc.) che fungono da manipolatori di coscienze, utilizzati dal Sistema (culturale) per l’autoconservazione e per la sottomissione degli individui. Il sistema mediatico può essere paragonato a al sistema capitalistico poiché all’interno della sua struttura l’obiettivo è sempre lo stesso: i prodotti del lavoro umano sono tutti simili, le merci appaiono tutti identici, e allo stesso modo avviene per i programmi dell’industria culturale. Nell’industria culturale il soggetto non è tale, ma al contrario diventa oggetto in quanto viene annullato come individualità. I soggetti sono resi massa informe in quanto vengono dettati dall’esterno i bisogni e determinati i consumi: i mass media generano negli uomini un sentimento di desolazione, il soggetto si sente solo e abbandonato quando non vi è l’adesione da parte sua al sistema. La sensazione che i media generano nell’uomo è la stessa di quella che proviene dalle ideologie di cui parla la filosofa ebrea Hannah Arendt, come l’ideologia crea sradicamento ossia la sensazione dell’essere umano di non avere un posto riconosciuto e garantito dagli altri, allo stesso modo, la strategia dei mass media consiste nel creare nell’essere umano un senso di solitudine, di inadeguatezza, di insoddisfazione e angoscia: in tal modo l’uomo sarà assoggettato al Sistema, e non sarà più attivo, ma passivo. Se da un lato l’industria culturale appare qualcosa di positivo in quanto porta la cultura alle masse, in realtà porta dentro una contraddizione in quanto la nozione stessa di cultura viene svuotata dal suo valore più profondo. In essa troviamo anche un processo di manipolazione, come ho detto sopra, l’individuo è assoggettato e manipolato dai mass media e dalla logica che si trova all’interno del processo di comunicazione: gli utenti non sono anche emittenti, il ruolo è passivo e non più attivo.
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