Lo sprovveduto, il distratto o il pigrone che si limitasse a leggere solo il titolo di questo scritto, senza poi approfondirne il contenuto, potrebbe essere indotto a pensare che l’argomento questa volta proposto ai lettori, riguardasse ad esempio, le compagnie di assicurazioni, le compagnie di società di capitali o le grandi compagnie petrolifere ect. Niente di tutto questo, perché in tal caso il tema sviluppato, non sarebbe stato consono e attinente alla tendenza e all’indirizzo che questo giornalino persegue da tre anni. Al contrario, l’attento lettore che ha vissuto nelle nostre contrade, capisce subito che si tratta della “compagnie” ( chiamate così in gergo paesano) delle quali, azzardiamo una breve definizione, necessaria ed utile per entrare nel vivo dell’argomento trattato; quindi “compagnia” nel senso di compagine o aggregazione sociale di persone che condividono, nel bene e nel male, principi e fini comuni, soprattutto per quanto riguarda il tempo libero, al di fuori dell’ambiente familiare e lavorativo. Queste persone, all’interno del gruppo, per stare insieme per tanti anni, dovevano essere accomunate da interessi comuni, come lo sport, la caccia, il mestiere, la professione, la scuola, la bevanda, il gioco ect.
Negli ultimi anni, “le compagnie”, hanno perso il loro vigore antico e duraturo, perchè quella mentalità obsoleta paesana sta perdendo colpi sotto l’incalzare del cambio generazionale che sta incidendo profondamente ed repentinamente sull’ambiente sociale del nostro comprensorio, per ciò che concerne, usi, costumi e modi di vivere.
Queste brevi riflessioni sulle “compagnie”di una volta, mi sono state ispirate e dovute, dalle emozioni che hanno suscitato in chi scrive, alcune foto pubblicate nella rubrica “Miscellanea…come eravamo” della nostra rivista. Dietro quei volti, quelle pettinature, quell’abbigliamento, talvolta buffi, quei sorrisi, si carpisce e si capisce a volo, l’ambiente sociale e il contesto storico nei quali, loro e noi siamo vissuti; guardando queste foto, non vi è più bisogno di commenti, didascalie e spiegazioni, le immagini si commentano da sole.
Parleremo quindi di quelle compagnie costituite da sole uomini che caratterizzavano la vita di paese del tempo che fu e senza essere coniati per maschilisti, tralasceremo di trattare le “compagnie” femminile ( fenomeno molto più ristretto) in altra occasione.
Per entrare in queste piccole aggregazioni sociali, non abbisognava di domande o istanze scritte o essere annotati in elenchi speciali. C’era qualcosa di naturale e impercettibile che legava una persona a questa compagnia anzicchè ad un’altra..
Ma andiamo adesso ad analizzare qualche nota caratteristica dell’argomento che ci siamo proposti.
In ogni età si poteva a fare parte di queste “combricole naturali”. Per i bambini fino a sei anni, l’entrata in una compagnia veniva imposta dal luogo dove essi vivevano, cioè fuori dall’uscio della propria casa, quindi nelle strade, nei vichi e nelle piazze limitrofe e adiacenti alle case di abitazioni. Essi stavano insieme praticando giochi da strada sotto i vigili occhi dei parenti; Da sei anni fino ai diciotto o vent’anni, l’entrata in una compagnia veniva quasi imposta dalla scuola. Stare chiusi in una aula di scuola per un anno scolastico e condividere gioie e dolori, significava pure fare amicizia o inimicizia, avere antipatie e simpatie, e poi continuare a vedersi fuori dall’ambiente scolastico, per le faccende della vita quotidiana e spendere insieme le ore di tempo libero. Si studiava insieme, la sera si corteggiava e poi la c.d. “mangiata”, cioè un cena insieme, dove si discuteva un po di tutto, dallo sports fino ai problemi personali. Dopo la scuola, iniziava la dispersione. Chi partiva e chi restava. Chi tornava e che non tornava più. A questo punto il numero delle varie compagini veniva ridimensionato, bisognava trovare nuovi componenti. Dopo, finita la scuola e conseguito il diploma ( per chi poteva e voleva studiare) o per chi iniziava a lavorare in giovane età, l’aggregazione nelle compagnie mutava la sua composizione. Impiegati e professionisti fra di loro. Operai, artigiani, commercianti fra di loro e così via…Gli uomini maturi e gli anziani continuavano a fare parte di questa o quella compagnia. lmente con le dovute eccezioni, perché esistevano ed esistono delle compagnie c.d. “miste”, cioè costituite da persone appartenenti a diverse estrazioni sociali. Una volta la differenza di classe era palese in tutti i settori, con il passare del tempo si è giustamente ridimensionata, ma non sparita.
I componenti di esse c.-dalle cinque alle dodici persone o più- trascorrevano insieme il tempo libero: passeggiavano, andavano in chiesa, al cinema, alla partita, a raccogliere i funghi. Si trovavano in un luogo o località sempre le stesse (qualche angolo di piazza o sul corso) e ad un’ora del giorno prestabilita ( intorno all’imbrunire). Giocavano a carte o a bocce insieme e nell’intanto parlavano e si confrontavano sui problemi della vita quotidiana, imparando sempre qualcosa l’uno dall’altro. La serata veniva chiusa con la solita “mangiata” a base più di vino che di companatico, in una casa di uno dei componenti o nelle botteghe artigiane, ( talvolta a turno) o nelle cantine sociale che all’epoca pullulavano nel paese. Molti componenti di queste “combricole”, di sera, non cenavano quasi mai con le rispettive famiglie, tanto era l’abitudine di mangiare con gli amici di sempre. Abbondavano in questi incontri “baccali”, burle, giochi goliardici e scherzi carnevaleschi di cui i serresi sono specialisti anche oggi. Alcuni di questi gruppi organizzavano, negli anni 60’ e 70’, le prime feste di ballo con le ragazze, tabù per l’ambiente sociale di Serra. Adesso è giunto il momento di menzionare qualche compagnia segnalata dai nostri lettori ma anche dall’esperienza vissuta.
Fra le tante compagnie, noi ricordiano la compagnia di Mastru Duminucu Sodaro il sarto, Gennaro De Stefano, Peppi Cordiano, Nardo Calabretta lu Cutrinisi, Vincenzino De Stefano, Bruno di Gisardo, Micuzzo Cuteri, Francolino ( anni 30’-40’); la compagnia di Mastru Rafieli di Ncinni, di Pepparò, di Talau; la compagnia del rag. Turino de Stefano, Gigi Sodaro, Turuzzo Cutullè, Geppi Cordiano, Occhi Celesti”, Peppino Carnovale, Ciccio Centarioni ( Calabretta), Biagio De Stefano, Bianco, Gianni Minasi; anni 50’-60’ e 70’), la compagnia che si riuniva dalla signora Piccininni, personaggio singolare femminile delle serate d’inverno serresi, ( Clemente Pisani, Peppe Federico, Roberto Sodaro, Fernando Grenci, Peppi Criaco, anni 60’-70’); la compagnia di Totò Staltari, Turuzzo Candeloro Francesco Pupo (Tana)ect – anni 70’.); la compagnia di Brunello Salerno, Enzo Aliciati, Cesare Melia, Alberto Carella, Pinuccio Calvetta, Pino Ferro, Ciccio Tucci, Carlo De Raffele ect.( anni 60-70’);la compagnia di Angelo Bruno Carchidi, Gianni Manganaro, Cesare Staropoli, Pompeo Tripodi, Mario di Fiorindo, Mimmo Barillari di Ncinni, Domenico Calvetta, Aldo Bentivoglio, Cesare Pelaia, Gianfranco Procopio, Carmelo Errichiello “lu Speziali”, Mimmo Celano, Michele Zaffino ed altri- anni 70’.
Con il trascorrere del tempo, molte di queste persone, sono morte e sparite, altre si sono trasferiti all’estero o in altro posto, altre sono malate e non si frequentano piu’, altre ancora si sono sposati cambiando vita ed è per tali ragioni che “le compagnie” di una volta, hanno perso quel vigore antico e duraturo -di cui parlavamo nella premessa di questo lavoro- di piccola aggregazione sociale che contribuiva nel bene e nel male a formare la personalità del singolo componente, forse, più sotto il profilo dei vizi che delle virtù…
Oggi, pur presenti, sono cambiate le compagnie di una volta ma allorquando guardiamo quelle foto bianconere, è sempre bello ed affascinante parlare di loro e per questo che le ricordiamo con affetto e con un pizzico di gratitudine.