L’origine del segreto è legata ad un nobile personaggio storico: Antonio Despuig y Dameto, coinvolto in una enigmatica vicenda ancora irrisolta.
Antonio Despuig y Dameto nacque il 31 marzo 1745 nell’isola di Palma di Majorca. Aveva 29 anni quando fu ordinato sacerdote; è stato anche appassionato di geografia ed esperto esploratore costiero. Dameto a bordo di una speroniera era intento e rilevare le coste calabresi ma, a causa del mare agitato, l’imbarcazione dovette riparare alla fonda nelle acque antistanti Tropea. Era il il 5 febbraio 1783; il giorno del grande terremoto che devastò Calabria e Sicilia. Dalla imbarcazione tutti avvertirono le devastanti scosse tanto che, il nobile Dameto, non esitò a scendere a terra con l’intento di prestare soccorso alle vittime del sisma. Vista la gravità dell’evento, da caritatevole uomo di chiesa ed esperto in geografia, volle verificare quanto era avvenuto nel famoso Convento dei Domenicani; in quel di Soriano, e anche nella vicina Certosa di santo Stefano del Bosco in Serra. Accompagnato da due marinai, dopo un non facile tragitto, vi giunse e trovò situazioni desolanti in entrambi i siti. Infatti, dopo aver constatato il crollo del Convento di Soriano, i tre raggiunsero a fatica la certosa di Serra; dove tutto era andato distrutto e i monaci, oranti e sconvolti, si erano radunati all’aperto nei pressi della fontana. Dameto e i due marinai si dedicarono alacremente ad aiutare i Certosini collaborando prima con l’anzianoDom Benedetto Tromby che, da qualche settimana, sostituiva il priore in carica: Dom Pietro Paolo Arturi, che giunse il giorno seguente. Per due giorni, Dameto e i suoi marinai, continuarono a prestare la loro assistenza infondendo fiducia e coraggio alla comunità certosina e condividendo anche i momenti di preghiera. Antonio Despuig y Dameto, da eccellente studioso non ignorava la Vita Certosina e, in dottrina aveva appreso che Bruno aveva concepito il deserto come un organismo vivente: un corpo, dove ogni membro aveva il suo posto e la sua funzione, dove i doni che la grazia ha deposto in ogni solitario, potevano fruttificare a vantaggio di tutti. E’ questa la dimensione comunitaria della vocazione certosina, perché il certosino non è un puro eremita, ma vive nel deserto con dei fratelli che condividono la sua ricerca di Dio e con i quali si ritrova nei momenti comuni di vita ecclesiale e, quando condizioni avverse e inaspettate mettono a dura prova la forze fisiche e spirituali di questi eremiti -come in questo caso estremo- ancora più forte emerge il senso della comunanza e del sacrificio che si concretizza nel prodigarsi per il bene di tutti. La qualità e l’intensità della vita comune dei certosini fu, per Dameto, la testimonianza dell’amore che alimenta la loro vita solitaria, perché: “ chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede”.
Cosciente che la speroniera non poteva sostare molto in porti di fortuna, il nobile Dameto e i due marinai si prepararono per il ritorno e ad essi si unì, con il benestare del Priore Arturi, uno dei monaci che dimoravano nella certosa di Serra: padre Juan Madera. Padre Madera, ex priore della certosa andalusa di Jerez, chiusa nel corso del 1776, era giunto alla Certosa di Serra con un carro e due pariglie di cavalli di razza Andalusa; due al tiro e due di scorta, portò con se molti oggetti sacri e in particolare un dipinto di Francisco de Zurbaràn che rappresentava la Vergine; antico dono del Comune spagnolo di Llerena al monastero di Jerez. Ora, questo funesto terremoto, che obbligava tutti quei religiosi a lasciare la casa di Bruno, spingeva padre Madera a concretizzare la sua idea di fare ritorno alla sua Jerezper tentare di riaprire la magnifica Certosa di quel luogo. In quel frangente, anche lo storico per eccellenza dei certosini: Dom Benedetto Tromby, avanti con gli anni e malato, decise di ritornare a Monteleone nella casa natìa; dove viveva una sua sorella che l’avrebbe assistito.
Dopo un tragitto non facile, Don Antonio Despuig, i suoi accompagnatori e l’aggiunto padre Madera, giunsero sulla speroniera ancorata preso Tropea e si diressero in quel di Messina dove, insieme al resto dell’equipaggio, si prodigarono nel prestare soccorso ai superstiti di quella martoriata città. Pochi giorni dopo, Dameto, tornato nell’isola di Maiorca e congedatosi da padre Madera -che proseguì via mare per Cadice- annotò, nel diario della sua chiesa i passi salienti della disavventura vissuta in terra di Calabria. Era ormai consueta prassi del Dameto, quella di annotare sul diario della sua chiesa gli avvenimenti di rilievo della Comunità di Palma e di quanto avveniva d’ importante nell’ambito della sua sfera sacerdotale.
Negli anni a seguire don Dameto, per la sue eccellenti doti, ottenne nomine prestigiose in campo ecclesiastico e in diversi settori culturali. Fu, fra l’altro, Pastore all’Arcivescovado di Valencia e poi, nel 1795, trasferito a quello di Siviglia. Alla morte di Pio VI si recò a Venezia per il Conclave e, alla solenne incoronazione di papa Pio VII, era presente come ambasciatore del Re di Spagna. Il 26 marzo 1808 ebbe l’incarico di Pro-Vicario al servizio di Sua Santità in Roma. Infine, fu eletto Camerlengo del Sacro Collegio dei Cardinali. Ai primi dell’ 800, Mons. Antonio Despuig y Dameto, in età avanzata e cagionevole di salute, concluse in Vaticano la sua brillante carriera ecclesiastica; abbandonò il suo Ufficio e scelse di soggiornare in Italia. Morì a Lucca nel 1810 e fu sepolto nella cattedrale metropolitana di quella città. Nell’ottobre del 1993, i suoi resti mortali furono portati a Palma di Maiorca e tumulati nella chiesa di Santa Magdalena.
Nota:
Nel racconto precedente: “La certosa di Serra nei giorni dell’Apocalisse”, pubblicato nel marzo 2015 sulla rivista on-line “Santa Maria del Bosco”, che trattava di questo argomento, così concludevo:”Chi scrive è tuttora impegnato nella ricerca della documentazione consegnata dal Priore Dom Pietro Paolo Arturi al nobile Don Antonio Despuig y Dameto. L’ambito da esplorare si chiude nel triangolo: Certosa di Serra-Palma di Majorca-Vaticano.”