Vi racconto una delle tante storie incredibili che la ragione umana non può spiegare ma che intanto si è verificato ed è stato vissuto in prima persona, insomma uno di quei racconti che a noi bambini venivano narrati una volta intorno al focolare: li chiamavano “fatti dei Morti” per farci stare buoni.
Detto cio’, invito chiunque a segnalare alla redazione un fatto inspiegabile del quale è stato protagonista o che gli è stato narrato da parente o amico. Sono fatti che succedono davvero, il lettore, ovviamente, è libero di crederci o non crederci.
Mio zio Vincenzo Schiavello ( marito defunto di mia zia Rita ) verso gli anni 70’ mi raccontò un breve episodio del quale fu protagonista suo malgrado, ma che ancora oggi mi si rizzano i capelli solo a pensarlo. Fatto che la mia memoria aveva rimosso, anzi che aveva posto ad un angolino, ma proprio l’altra notte, per una serie di circostanze di tempi e di luoghi, simili o quasi, a quelli che lui visse, mi tornò drammaticamente alla mente.
Dopo la mezzanotte del primo di novembre di quest’anno, mi stavo ritirando da Vibo verso Serra dalla strada provinciale che attraversa Soriano. Ero solo e come sempre assorto nei miei pensieri su come organizzare il mio lavoro professionale per il giorno seguente. Era una notte buia e nuvolosa e la luna coperta da brandelli di “nuvolazze”, tentava di spuntare ma invano, esse la inseguivano rendendo vano il suo tentativo. Un silenzio maestoso regnava intorno a me, rotto e infastidito dal rumore ritmico del motore. Le nebbie notturne a sprazzi e a tratti coprivano la piena visuale del nastro stradale nonostante la luce potente dei fari che squarciavano momentaneamente la naturale oscurità. In questa atmosfera rarefatta e surreale, improvvisamente apparirono le sagome di due persone che volevano forse un passaggio! Non ebbi dubbi o incertezze di sorta, accellerai egoisticamente, senza pensare allo stato di necessità nelle quali si potevano trovare quegli esseri umani, perché in quell’attimo mi balenò nella mente, dopo circa 40 anni, il racconto di mio zio Vincenzo che si svolse in un contesto simile a quello che stavo vivendo!
Lui mi raccontò, e non solo a me, che nella tarda notte dell’inizio di novembre del 1949, si stava ritirando da Vibo verso Soriano, a bordo della sua Balilla Fiat nera, dopo avere accompagnato dei conoscenti all’attuale provincia, essendo lui noleggiatore di professione. Stanco ma contento per aver guadagnato qualche lira, quasi a metà strada provinciale fra le due cittadine, vide due persone che alzando il braccio gli facevano cenno di fermarsi. Lo fece, ignaro di che cosa gli poteva succedere, ma era un temerario e abituato a superare le difficoltà della dura vita di allora. Il teatro dell’accaduto e la scenografia erano le stesse che io vissi per un attimo nel racconto di prima, senza tuttavia poter sapere mai chi erano quelle due persone e cosa volevano.
Tornando alla sua narrazione, breve ma dettagliata e raccontata con la sua usuale passione, mio zio, intravide prima la sagoma di questi due persone e quando si fermò, vide per un attimo il loro aspetto fisico perché si trovavano sulla destra della strada, illuminati appena dal faro di sinistra dal basso verso l’alto perché quello di destra “era cecato”.
Erano persone distinte e vestiti da abiti scuri. Uno aveva baffi e moscone e l’altro no. Sembravano normali ad eccezione di qualche tratto fisionomico singolare come il viso e come l’abbigliamento troppo elegante; l’uno e l’altro dettaglio colpirono la fantasia maliziosa del guidatore. Un pallore marcato, gli occhi troppo chiari, un frak e un cappello cilindrico di altri tempi li distinguevano da tutti le altre persone. Entrando nell’auto, disse uno dei due che volevano un passaggio per andare a Soriano, parole pronunciate da quello con i baffi senza muovere le labbra e senza alcuna inflessione della tonalità della voce, ma con l’alterigia di chi era abituato a comandare, per di più, prima l’uno e poi l’altro, nell’attimo di entrare e di sedersi nella parte posteriore non provocarono alcuna flessione o leggero inarcamento, come se nell’auto che rimase rigida, fossero entrati persone senza peso! A questo punto mio zio si pentì di averli ospitati nella sua Balilla ma ormai era troppo tardi! Iniziò la sua corsa accelerando al massimo consentito in quella strada ghiaiosa; Mancavano circa dieci minuti per giungere a Soriano ma stranamente ne erano passati almeno venti e quella strada che lui conosceva bene, quella sera non finiva mai. Assillato dal dubbio, decise così di prendere dei punti di riferimento come qualche segnale stradale o viottolo trasversale ed ebbe la netta sensazione di percorrere le stesse curve almeno due volte. Guardò per la prima volta nello specchietto interno e nell’oscurità del retro auto, notò nei due passeggeri solo la luminosità dei loro occhi fissi che lo guardavano con aria cattiva e spettrale. Iniziò a sudare freddo e a tremare e cercò di parlare con loro per rompere quel silenzio tombale, ma guardando nello specchietto per la seconda volta, con sua grande stupore non riuscì a vedere le sagome scure di quelli strani viaggiatori, come se i sedili fossero vuoti. Continuò nella sua pazza corsa e oltrepassato il cimitero di Soriano, con un atto di coraggio si girò e dei due strani signori nessuna traccia! Spariti nel nulla senza che l’auto si fosse mai fermata! I capelli si rizzarono all’insù. Si portò a casa e la notte fu colto da febbre ed incubi al solo pensare cosa era successo e cosa poteva succedergli…