Due delle tre fontane indipendenti dalla rete idrica del paese, Guido e la Scorciatina, oltre ad essere fornitrici di acqua fresca e limpida, davano spunto ad un’amena quanto romantica passeggiata. A qualche centinaio di metri dal centro abitato, erano un po’ fuori mano. Sulle loro strade nacquero gli ospedali …
Sessanta, settant’anni addietro, quando andavamo verso Guido, alla fine della prima, lieve salita, arrivati al gran muro di cinta che si trovava sulla destra, così, senza ragione, indicandolo con un movimento della testa, dicevamo: “lu spitali viecchiu”. Senza scomodare il grande maestro della logica, né alcuno dei suoi aristotelici discepoli, deduciamo che, se c’era un ospedale vecchio, per contrapposizione, avrebbe dovuto essercene anche uno nuovo. E c’era!
Si trovava sulla destra della strada che mena alla fontana della Scorciatina: alla fine dell’abitato, su un lieve promontorio, laddove inizia il pendio che scende fino all’acqua ed al quadrivio.
“Lu spitali nuovu” l’edificio che oggi ospita le scuole medie superiori, fu costruito negli anni venti. Poi, per lustri, rimase incompiuto. Lo si guardava con un senso di tristezza. Si vedeva, in quella grande costruzione lasciata a metà, qualcosa di tragico, come di una forza superiore che si era imbattuta su di essa con la ferocia implacabile della sorte. La dama nera, a volte anche cieca, aveva carpito, col cinismo della morte, e la distrazione che impone il suo cammino,come la definisce Victor Hugo in una poesia, il giovane chirurgo che voleva dotare Serra S. Bruno di una struttura ospedaliera.
Era in piena giovinezza il dottore Gaetano Manno quando il Signore lo chiamò a sè: aveva quarantadue anni e sei figli. Il sesto, Bruno, chirurgo come il padre, assistente al Policlinico di Roma, primario presso l’ospedale di Chiaravalle Centrale poi, già sindaco di Serra era stato dato alla luce appena dieci giorni prima da donna Edoardina, una nobile cosentina della famiglia Mosciaro.
Il matrimonio influì non poco sulla carriera del giovane chirurgo, dopo la laurea e la specializzazione infatti, il primo concorso di assistenza lo vinse a Cosenza. Sotto la guida del primario Giani, ebbe modo di mettere in pratica, l’evidente talento che faceva di lui un grande chirurgo.
Fu in quel periodo che per un disastro ferroviario nei pressi di Paola, i sanitari dell’ospedale di Cosenza si precipitarono sul luogo dell’incidente a portare gli aiuti necessari. Al prof. Giani non sfuggì l’abilità, la professionalità e l’umanità che caratterizzavano il giovane Serrese. Lui stesso infatti, con un altruismo che gli faceva onore, indicava al prezioso assistente la strada per Roma e la cattedra universitaria.
Intanto arrivò la signora Guerra e con essa lo scombussolamento, lo stop a tutte le carriere, le priorità spostate. Anche il Nostro partì per il fronte, anzi, per le retrovie, dove gli ospedali da campo si aprivano e dove i giovani medici divenivano dei missionari. Nei tre anni di guerra il dr. Manno ebbe modo di operare, anche se in condizioni non proprio ideali, ininterrottamente, creandosi un nome, specie fra i calabresi.
A guerra finita e con quella grande esperienza che si era fatta, il salto a Roma. Aveva vinto il concorso di assistente ed ebbe la fortuna di capitare con prof. Bastianelli, una specie di semidio della chirurgia. La carriera universitaria era la logica conclusione anche perché il primario, riconoscendogli le naturali doti, lo voleva sempre con sé.
Il pensiero del dr. Manno era altrove, il suo avvenire lui lo vedeva a Serra: voleva dotare il suo paese di un ospedale. Per I suoi brevi soggiorni al paese, aveva attrezzato una palazzina con una quindicina di posti letto: “lu spitali viecchiu” appunto, cui abbiamo fatto cenno, dove affluivano dai paesi circonvicini a farsi operare dal giovane chirurgo che faceva così tanto parlare di sé.
I fatti intanto dimostravano l’audacia del giovane dottore. Si raccontava, immagino si raccconti ancora, come salvò da morte sicura “lu tamburinaru”: con un colpo di accetta gli avevano aperto la scatola cranica facendo fuoruscire la sostanza celebrale. “ Nci lavau la miduddha ntra lu vacili” si diceva in paese.
Grazie all’operazione del valente chirurgo, “lu tamburinaru” visse fino agli anni sessanta. Un altro miracolato fu Ntuoni Calabretta, “lu bandituri” . Aveva ricevuto tante coltellate al collo che solo la professionale abilità del dr. Manno riuscì a farlo sopravvivere.
“Lu spitali nuovu” era quasi ultimato, il sogno del giovane chirurgo realizzato, quando la dama con la falce non ebbe pietà della giovane moglie, né delle figlie Wanda, poi maritata Maida, Iole, madre di Brunello De Stefano Manno collaboratore di questa rivista e Vera, passata a miglior vita. Né dei maschi: Enzo, che ha lavorato per poco tempo in Polizia e poi definitivamente nelle Poste Italiane; Gianni, medico specialista in clinica medica e gastroenterologia, libero docente alla Sapienza e primario all’Annunziata di Cosenza, nè il già citato Bruno.
Ci chiediamo: esiste a Serra una via o una piazza per onorare questo grande compaesano ?
Ciccio Pisani “di li guierri” da Montreal