Ho sempre ritenuto che le varie interpretazioni che possono nascere da una semplice storiella zen ci avvicinino sempre più alla comprensione del mondo in cui viviamo.
La storiella che vi racconterò oggi si intitola “La Strada Fangosa”.
Una volta due monaci, Tanzan ed Ekido, camminavano insieme per una strada fangosa. Pioveva ancora a dirotto. Dopo una curva, incontrarono una bella ragazza, in chimono e sciarpa di seta, che non poteva attraversare la strada. Tanzan si rivolse alla giovane e le disse: «Vieni, ragazza». Poi la prese in braccio e la portò oltre le pozzanghere.
Ekido non disse nulla finché quella sera non ebbero raggiunto un tempio dove passare la notte. Allora non poté più trattenersi. «Noi monaci non avviciniamo le donne» disse a Tanzan «e meno che meno quelle giovani e carine. È pericoloso. Perché l’hai fatto?».
Tanzan rispose: «Io quella ragazza l’ho lasciata laggiù. Sei tu che continui ancora a portarla».
Una delle prime conclusioni che posso trarre da questo racconto è quello che non sempre si può giudicare una persona da come essa appare esteriormente. A volte, come nel caso di Ekido, un comportamento apparentemente irreprensibile può celare una certa bassezza d’animo. Tanzan ed Ekido hanno entrambi vissuto lo stesso momento. La sola differenza è che Tanzan ha vissuto quel momento e, una volta conclusosi, lo ha lasciato nel passato, senza pensarci più. Mentre invece Ekido ci ha rimuginato sopra tutta la giornata, lo ha prolungato con la mente, avrà iniziato a coltivare pensieri negativi nei confronti dell’altro monaco, si sarà sicuramente sentito superiore a lui.
Questo mi fa pensare a chi crede di essere migliore degli altri solo per il fatto di sfoggiare un comportamento apparentemente irreprensibile. Per esempio chi crede di essere una brava persona perché va a messa la domenica. O chi finge di compiere buone azioni per apparire migliore agli occhi degli altri…
Non è mia intenzione fare di tutta l’erba un fascio. Voglio solo condividere l’idea che ciò che conta in ogni nostra azione sia la motivazione che ci spinge a compiere quel gesto. Mi è capitato di sentire persone dire “io il paradiso lo merito perché vado a messa ogni domenica”, ma poi rifiutarsi di andare se non c’era l’amica con cui chiacchierare durante la funzione… oppure discriminare la gente in base al colore della pelle… E che dire poi di quelle persone che si impegnano in opere di beneficenza a favore di paesi più poveri, che poi si lamentano per la presenza di immigrati nel nostro paese, esseri umani che fuggono da situazioni spaventose e cercano solo un futuro migliore per sé e per i propri figli…
Io penso che a volte ci sia più devozione nel contemplare un tramonto in silenzio che sedersi in chiesa durante una messa e pensare ad altro. Penso che sia più caritatevole l’uomo che aiuta la persona in difficoltà che ha di fronte che chi manda soldi all’estero solo per sentirsi in pace con la propria coscienza e se ne lava poi le mani.
Non sto affermando che tutte le persone sono uguali. Sto solo dicendo che è la motivazione ciò che fa la differenza.
Un altro elemento importante presente in questa breve racconto è l’idea che la vita, per essere tale, vada vissuta nel momento presente. Tanzan è il monaco che, vivendo nel qui e ora, ha superato la forma e ha colto il vero significato dello Zen. Bisogna vivere ogni istante della nostra vita con attenzione. Tanzan vive nel presente. Passato e futuro non lo turbano minimamente. La sua mente è calma. Dobbiamo smettere di rimuginare sul passato o preoccuparci del futuro. Dobbiamo essere qui e ora. L’attimo presente è ciò che davvero esiste. Questa è l’unica strada che può condurci alla felicità e, un giorno, all’illuminazione.