Di dolce soavità ,tutta divina ,
umile e pia,spandevi incomparabile fulgore,
di sacre, ambrate, fulgide e ferventi vampe,
per te sgorgate, dal fianco del Signore.
Composte ,come vesti,cedevi le tue spoglie,
al grembo della terra,
tua dimora,per l’ultimo trapasso,
tuo d’amore,
librando l’alma tua, rapita e lieve,
verso l’empirea rota,d’alte sfere.
Da quel Costato,
arcata di salute, gote,
ti asperse, un rivolo di luce,
tenace varco, di volute alate,
dolce soavità ,d’arcana quiete,
‘che al petto tenero,Lancino centurione,
brandì la lancia atroce,
e lesto dilaniò coriaceo e adito.
Lo dilaniò ,per te la lancia ardita,
gocciò l’estrema stilla ,poi si schiuse,
spingendo il duolo fino all’infinito,
confitto al duro legno della croce,
e tosto, procurò fonde ferite.
Come suol arso,arido ,deserto,
ferì l’amabil petto, di quel Pellicano,
che, lacero ,per te, squarciò il suo velo,ascosto,
nel mirabile mistero;
e al fin, contuso esanime ,morente,
il capo reclinato, lo Spirito spirò,
dal volto austero,largendo alla sua ancella
e alla sua speme l’ultimo sorso e l’inclito Suo dono,
segno d’invitto amor e di virtù suprema,
e generoso pegno di perdono.
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3 Novembre 2017