La Certosa di Serra San Bruno non è proprio come le altre. Esiste qui, infatti, un doppio che altrove è assente.
Le mura monastiche di Santo Stefano e l’Eremo di Santa Maria sono due piatti della stessa bilancia, che si mantengono in perfetto equilibrio: l’uno ha bisogno dell’altro.
Nell’Eremo, il carbone delle Serre ha fornito brace viva, ardente, per forgiare la santità di Bruno; nel Monastero ogni massello di ferro grezzo è divenuto attrezzo per lavorare e rendere produttive le terre del Signore.
E sono luoghi di preghiera, sorti in un tempo lontano e trasformati, per più vicende, da aggiunte e rifacimenti che ne hanno celato il primitivo aspetto.
Sono, inoltre, luoghi di grande potenza e suggestione e riportare alla luce qualche traccia delle più antiche costruzioni e frequentazioni sarebbe come scoprire nuove reliquie o fare la ricognizione di quelle esistenti con diverso approccio: per conoscere meglio il passato e rafforzare l’identità a volte smarrita di questi luoghi, la loro vocazione sacra, il loro valore civico.
Alcune cose, sebbene con diverso metodo, sono state già fatte dai Certosini a Santa Maria, negli anni Settanta del Novecento. Ma altro si potrebbe oggi fare sia nella zona dell’Eremo, “in nemore”, e sia fra le rovine della vecchia chiesa monastica, in Certosa. Si potrebbe ripartire utilizzando quanto la tecnologia mette a disposizione, come ad esempio il georadar, per valutare preliminarmente l’esistenza e la consistenza di strutture sepolte e scegliendo poi con cura, anche in base ai dati architettonici ed archivistici di cui disponiamo, le poche ma significative aree in cui intervenire con uno scavo archeologico. Con discrezione, senza turbare, soprattutto in Certosa, la silenziosa esperienza di vita e preghiera dei religiosi. Definendo con loro tempi e modi; così come si farà per Santa Maria d’intesa con il Rettore. Il tutto sotto il patrocinio e la supervisione della Soprintendenza e tenendo conto del sostegno che, soprattutto per la parte logistica, potrà dare anche l’Amministrazione comunale.
Non nascondo che questo è il mio grande sogno: definire, con maggior dettaglio, la storia di questi spazi così
cari a san Bruno; del paese in cui i miei antenati hanno vissuto percorrendo sentieri di granito. Mettendo in evidenza ulteriore le superstiti testimonianze di una esperienza monastica straordinaria che ha avuto i suoi riflessi in Europa e non solo.
Sarebbe, per me, come tornare a prendermi cura di questi luoghi; tornare ad esserne custode.
Del resto, come ha scritto il glottologo tedesco Gerhard Rohlfs, Cuteri, o meglio Cutieri, come si dice a Serra, deriva dall’antico provenzale “cutier”: “guardia campestre”. Custodi, pertanto, dei campi della memoria.
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15 Febbraio 2025