È da un po’ di tempo che, tra le conversazioni di genitori di qualsiasi età, sembra risuonare, costantemente, la stessa musica: i nostri figli sono partiti per studiare e o lavorare e sicuramente qui non torneranno se non per pochi giorni all’anno. Una melodia, questa che, spesso e purtroppo, ha un sottofondo triste e che spinge tutti a riflettere. Ci sono, infatti, quelle famiglie che, nonostante la lontananza, spesso forzata, dei loro figli, continuano a vivere qui , ma ci sono quelle che, invece, anche perché genitori di figli unici, decidono di preparare le valigie, chiudere le proprie dimore e partire. Parlando con vari interlocutori ,più grandi di me, si fa riferimento alle numerose case oramai chiuse, ad abitazioni diventate oramai fantasma. Ma cosa spinge queste persone ad abbandonare la terra natia per andare a vivere lontano, in una terra dove ci sono abitudini e modi di vivere differenti? Il primo motivo potrebbe essere la solitudine e quella sensazione di abbandono che si avverte a causa di una casa vuota, senza figli che urlano, che generano dibattiti per qualunque cosa, che creano scompiglio e disordine ma nello stesso tempo felicità. Poi ci potrebbe essere quella volontà di tentare nuove esperienze, in luoghi lontani che possono diventare facilmente familiari. E poi , motivo forse più importante, quella propensione naturale, che è presente in tutti i genitori, di vivere un po’ più vicini ai loro figli, quindi alla loro famiglia. Sempre più spesso, infatti, ci si incontra per la strada con conoscenti che, diventati nonni, passano in rassegna fotografie e video che hanno lo scopo di renderli partecipi della crescita dei nipotini. Basta prestare una piccola attenzione per leggere nei loro occhi la tristezza e l’amarezza del non essere lì in quel momento. Questi potrebbero sembrare degli avvenimenti insignificanti ma se uniti a infinite domeniche trascorse in solitudine, a passeggiate che ,fatte da soli, non hanno chissà quale sapore, ai piccoli ma straordinari e speciali avvenimenti che si verificano tutti i giorni, allora la situazione diventa un po’ più complicata rispetto a quello che ci si aspetterebbe. È vero, soprattutto nei periodi estivi, sono tanti i figli che, costretti a lavorare, permettono ai nonni di fare il loro “mestiere”, ma comunque qualche mese è poco da dedicare ai nipoti. O ancora le brevi settimane che i figli decidono di trascorrere con la loro famiglia sono sempre insufficienti se paragonati ai 365 giorni dell’anno. E allora cosa fare? Concedersi dei periodi da passare in quei luoghi che ai propri figli permettono di vivere in modo felice e che gli hanno dato la possibilità di realizzare i loro sogni o trasferirsi del tutto lì. Probabilmente però a farne le spese sono i piccoli centri abitati che soprattutto durante l’inverno risentono di questo stato di abbandono, salvo poi recuperare nel periodo estivo. Cosa dire, si tratta di una triste e dura verità che la maggior parte delle famiglie deve accettare e condividere, nonostante nel cuore rimanga sempre accesa una piccola speranza: quella di ritornare, genitori, figli e nipoti, nella terra d’origine.
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