Il grazioso borgo della vallata del Mesima, con la Basilica Minore e il Bosco, merita maggiore visibilità ed inserimento nei circuiti turistici nazionali.
Vallelonga, grazioso paesino a quattro passi da Serra San Bruno, si accinge a celebrare la festa della Madonna di Monserrato; fervono i preparativi per allestire i diversi momenti spirituali tra cui la tradizionale infiorata, organizzata e realizzata dai giovani in omaggio alla loro Madonna che, domenica 14 luglio , attraversa il tappeto di fiori per raggiungere il suo Trono in Chiesa, per come vuole la tradizione centenaria.
Sul versante tirrenico delle Serre vibonesi, a 646 mt slm, si erge il piccolo borgo di Vallelonga nella vallata del Mesima e contornato da Filogaso, San Nicola da Crissa, Simbario, Vazzano e Torre Ruggiero che lo limita col Monte Cucco. Circa le origini, P. Fiore nella sua Della Calabria illustrata del 1691 scrive: “Gio’ Giacomo di Martino la vuole l’antica Nicefora [alla fine del primo millennio luogo dei Basiliani ] e dice trarsi da alcune Bolle dei Vescovi antichi di squillaci, nella cui Diocesi, altre volte ella fu. Non m’occorre da chi fabbricata, ben è vero che ella fu nei tempi più in qua ristorata e munita dal Conte Ruggiero e poi rovinata dall’altro suo figliolo, […] si ridusse quasi a niente e pertanto dal Barrio e da Marafioti vien chiamato picciolo Castello, ma ricco di molte commodità nel vivere.”
Secondo il Lenormant, l’antica Nicefora, durante il fortunato periodo normanno, il suo toponimo diventò Rocca Falluca dal suo nuovo padrone Hugon Faloch e comprendeva i villaggi di Pizzoni, Vazzano, Brognaturo, San Nicola, Nicastrello e Simbario. Attorno a questo periodo è utile leggere Sharo Gambino, in Calabria Letteraria 6/1996, che suggerisce per opportuni approfondimenti, l’Apprezzo dello Stato di Soriano in Calabria, scritto nel 1650 da Antonio Tango, ingegnere fiscale e regio archivista, per la Corte di Napoli ed in occasione della vendita dei feudi da Ferdinando II d’Aragona a Galeazzo dei Carafa della Stadera. Ebbene, in detto Stato o Contea di Soriano, Vallelonga vi figura come baronia comprendente i citati villaggi. Ancora dal Tango si ricava che al tempo Vallelonga, capoluogo della baronia, contava 34 fuochi e “l’abitato di case in pietra e calce, in gran parte casematte e il restante rialzate di un piano. […] Le terre attorno montuose con boschi e parti seminative […], dei luoghi di culto, il più importante di tutti era la chiesa parrocchiale col titolo di Santa Maria Maggiore […]. Poco distante dall’abitato, il convento dei Padri Predicatori Domenicani al quale era accorpata la chiesa dedicata a Nostra Signora di Monserrato.” Questo convento sorgeva nella parte alta dell’abitato e probabilmente fondato verso la metà del 1500. Insomma fino al 1648 Vallelonga seguì le vicende dei Domenicani di Soriano e della stessa Contea. Indi per alcuni anni è appartenuta al Regio demanio e dal 1672 venduta ai Morelli di Cosenza e successivamente passata a Francesco Maria Castiglione Morelli. Morto questi in Vallelonga nel 1774, il feudo vallelonghese passò al nipote Lelio Castiglione Morelli e la sua famiglia terrà la Terra di Vallelonga fino all’eversione napoleonica del 1806. Di questa famiglia resta il sontuoso e abbandonato palazzo nella zona sud del paese. Oggi Vallelonga appare quasi scheletrito, abbandonato pur con case e villette nuove. Troppa emigrazione subita. Ormai moltissimi figli di questa terra nobile vivono sparsi tra America, Australia ed Europa.
Oggi unico appiglio, grande, per il ritorno alla vecchia terra è la festa, la sontuosa festa che si celebra la seconda domenica di luglio. È la festa dedicata all’antica Madonna di Monserrato la cui devozione parte dagli anni della dominazione spagnola. E per la grande festa che accoglie migliaia di pellegrini da ogni dove, Vallelonga si impreziosisce anche perché va orgogliosa del suo maestoso Santuario, elevato a Basilica minore da Paolo VI nel luglio del 1971. La chiesa basilicale, che custodisce la Vergine solennemente incoronata con decreto del Capitolo Vaticano del 1932, già esisteva, come detto prima, nel ‘500 e affidata ai Domenicani. Dopo il terremoto del 1783 è stata ricostruita fastosamente e portata all’aspetto attuale. All’interno, tra le altre opere d’arte, si possono ammirare le pitture del soffitto di Andrea Cefaly da Cortale che nelle tre centrali tele ha voluto raffigurare Giuditta e Oloferne, la Natività e la Fuga in Egitto. Nella stessa piazza centrale che abbraccia la Basilica, si può ammirare e godere il polmone verde di secolari elci, detto “Bosco” tutelato dallo Stato come monumento nazionale ed oggi trasformato anche in parco giochi per bambini e ristoro per anziani. Inoltre Vallelonga si dice fiera ancora per aver dato i natali a mons. Antonio Galati, zelante arcivescovo di Santa Severina e all’on. Vito Giuseppe Galati, docente universitario di storia e filosofia, prolifico scrittore e giornalista, uomo politico sano ed austero, più volte parlamentare e Sottosegretario nel 2°,6°e 7° ministero De Gasperi e soprattutto uomo di profonda cultura che ha lasciato vari scritti e trai tanti ricordo Religione e Politica. Questo piccolo
e prezioso borgo, soprattutto d’estate, ospita l’estemporanea di pittura “Vallelonga e i suoi colori”, il raduno regionale degli zampognari e le piacevoli serate organistiche.
Mi piace concludere questa visita a Vallelonga con l’auspicio che la Basilica di Monserrato e il Bosco possano essere maggiormente conosciuti ed inseriti nei circuiti turistici internazionali. Sarebbe buon pro per la Calabria.