Tra fede e tradizione
Biagio è un santo molto popolare, molto noto e diffuso il suo culto ma la sua biografia è alquanto incerta. Nato, forse, a Sebaste in Armenia nel 300, esercitò per qualche tempo la professione medica e divenne poi vescovo della sua città. La sua morte, per decapitazione, si fa risalire all’epoca delle persecuzioni di Licinio dopo aver abbandonato la sua terra e nascostosi in una caverna dove guariva persino gli animali. Scoperto, fu denunciato e rinchiuso in prigione. Il corpo del Santo fu deposto nella Cattedrale di Sebaste e nel 732 parte dei suoi resti mortali furono imbarcati alla volta di Roma, ma una violenta tempesta portò l’imbarcazione sulle coste lucane e precisamente Maratea che accolse le reliquie in una sua chiesetta sopra il Monte, da allora detto di san Biagio dove, dal 1963, svetta verso il cielo una gigantesca statua (21 mt di altezza) del Redentore al quale il Santo fu sempre fedele.
La tradizione vuole che un bambino, ormai sul punto di morire per una lisca di pesce conficcatasi nella gola, sia stato portato davanti al Santo; con la sua benedizione quel fortunato bambino ottenne la guarigione. Al particolare episodio è legato da sempre il popolare culto a san Biagio in quanto protettore di tutti i mali della gola e pertanto la religiosità, nei secoli, ha confermato il rito della benedizione della gola. Tante sono le chiese, le cappelle, i santuari dedicati al Santo la cui festa è celebrata il 3 febbraio. Tanti sono anche le località che portano il suo nome e per restare solo in Calabria: San Biase di Lamezia Terme, San Biagio di Castiglione Cosentino, San Biagio di Cetraro e san Biagio di Fiumefreddo Bruzio. Il Santo è venerato anchhe in molte altre parti della Penisola: in Sicilia ad Acate, Bronte, Baronia, Militerno Rosmarino, San Piero Patti; ma anche in Lombardia e particolare in alcuni centri della provincia di Mantova, in Emilia, in Puglia e nella Lucania. Ma anche in Romania, Spagna, Grecia, Francia e Germania ed in particolare in Croazia.
In Calabria il culto al Protettore della gola è presente già in epoca bizantina. In questo periodo sono nate le chiese di Amantea, Scalea, Mormanno e Rossano dove san Nilo, nel X sec., gli dedica un monastero che prenderà il titolo di san Biagio di Vale. Ed ancora. A Cassano la Cattedrale è dedicata al Santo dove si conserva una pregevole statua d’argento come pure a Serra San Bruno dove gli è intitolata la chiesa parrocchiale della Matrice ed è il compatrono, assieme a san Bruno, del paese e se ne conserva una pregevole statua; lo stesso a Chiaravalle Centrale dove anche l’ospedale locale prende il suo nome.. Tante le forme espressive di una devozione che conserva ancora tutta la sua originalità e freschezza. In Calabria, a Plaesano, piccola frazione di Feroleto della Chiesa nel reggino, la festa viene celebrata il 3 febbraio e la prima domenica di giugno con la caratteristica processione che si conclude con tre giri intorno alla chiesa che vengono effettuati di corsa in segno di riverenza verso la Chiesa in difesa della quale il Santo patì il martirio. A Spezzano della Sila vengono confezionati, e distribuiti a familiari e fedeli, dolci tipici detti “mastazzuoli” a forma di S o delle iniziali dei componenti della famiglia, in chiesa si compie un giro all’interno invocando la benedizione del Santo e il sacerdote appoggia due candele incrociate alla gola dei fedeli. A Serra San Bruno nell’omonima chiesa, il sacerdote, dopo la celebrazione eucaristica, benedice la gola con le candele incrociate a seguire la benedizione degli “abaculi”..
Sulla particolare celebrazione serrese mi piace riportare una bella pagina di Sharo Gambino tratta dal suo Sull’Ancinale…del 1982. Leggiamola: “Annuncia la festa non un colpo scuro, ma l’odore che per le strade si spande dai forni dove cuoce il dolce che ripete il pastorale vescovile da voi [il Santo] tenuto nelle mani guantate di rosso: il baculum dei latini, l’abbaculo di torrone o di ‘nzullo di mostacciolo o più modestamente di farina, latte e uova con la cannella; non la musica di ottoni e clarini, l’allieta, ma la frignata d’impazienza interrotta dal ceffone materno per non farvi torto: quando mai si è visto un abbaculo spezzato e gustato, se prima l’arciprete in mozzetta e stola, a nome vostro, non lo avrà benedetto nella selva di altri abbaculi sollevati in alto dai bambini, mentre i grandi fanno benedire mannelli di fieno, bottiglie di fieno, frutta e qualche mattone da applicarsi caldo sulle parti indolenzite? La festa, tolti i tre giri (tanti ne fece, mozzato, il vostro capo di martire) che litaniando si fanno attorno alla chiesa matrice, è tutta qui”.
Per molti, questa festa sarebbe il San Valentino serrese perché la suocera regala alla nuora l’abaculu benedetto che poi viene diviso: la parte superiore attorcigliata al fidanzato e quella superiore alla giovane. In altre parti della regione si distribuiscono “i panini di san Biagio”. Ma il nostro Santo non è solo protettore delle malattie di gola ma anche della difterite, degli animali ai quali si fa bere l’acqua benedetta in suo onore. E anche le ragazze in cerca di un giusto e buono marito lo eleggono a loro patrocinatore.
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2 Marzo 2025