All’interno di una busta contenente antichi documenti provenienti da Serra, venduti da una famiglia da tempo trasferitasi altrove, ho potuto rintracciare una lettera scritta in francese, firmata dal fratello certosino Arsenio Compain, già ingegnere e ispettore per i ponti e le strade di Parigi, e indirizzata al Padre priore dom Stefano Franchet che in quel momento si trovava a Napoli. La lettera, datata 5 luglio 1844, fu scritta circa tre mesi prima del noto omicidio avvenuto all’interno delle mura della certosa e non fu mai recapitata. Rimase infatti ben custodita a Serra. Per il delitto fu incriminato un contadino di nome Salvatore Tozzo, che secondo le prime indagini fu aiutato da suo padre Giuseppe, morto successivamente in prigione, da suo fratello Michele e da suo genero Salvatore Dominelli usciti assolti dalla vicenda. Secondo una prima ricostruzione dei fatti Tozzo avrebbe colpito più volte il certosino con un pugnale e con uno strumento contundente. La crudeltà e l’efferatezza del delitto culminarono con la violenta estrazione dei denti della vittima avvenuta, per sua fortuna, dopo il decesso. Brunello De Stefano Manno aveva scritto, prima della sua prematura scomparsa, un agile volumetto noir intitolato Assassinio alla Certosa, cercando di individuare attraverso l’arringa dell’avvocato difensore di Tozzo, Giuseppe Marini Serra, ed altre lettere da lui rese note, i mandanti del delitto. Di loro l’unico a pagare affrontando più di tre anni di latitanza fu Domenico Antonio Peronacci, discendente ed omonimo del più famoso vescovo di Umbriatico, che risiedeva nel palazzo ubicato in una località del centro storico ancora oggi denominata Bonsignore o, più correttamente, Monsignore. Le vicende sono ben raccontate da una pagina della Platea che difende il presunto mandante dell’omicidio descrivendolo come una persona dabbene. Non la pensava certo così il fratello converso assassinato, che in un passo della lettera ritrovata, dopo aver elencato i suoi bisogni culturali, spirituali e materiali, si rivolse così al Priore Franchet : «Non so se ti ho detto che Luigi Chimirri è stato nominato sostituto del giudice, ma quello che non ti ho detto, dato che lo so solo da ieri, è che Domenico Peronacci, che si è definito il suo migliore amico, e Luigi Damiani, che aveva tramato per avere questo posto, lo hanno denunciato al ministro come un intrigante che ottenne quella nomina solo con la forza dell’astuzia e degli intrighi e di mille altre calunnie. Don Ciccio può raccontartelo, ha visto, come me, la lettera in cui Chimirri è avvertito di questa perfidia; non mi sbagliavo a pensare che la devozione di Peronacci fosse l’amicizia del gatto». Questo breve stralcio della lettera ovviamente non prova nulla se non la personale antipatia di fra Arsenio verso gli avvocati serresi Domenico Antonio Peronacci e Luigi Damiani ma aggiunge senza dubbio un importante tassello di valore indiziario alle indagini, ormai storiche, sui mandanti a 173 anni dal delitto.