“Il mare che bagna la Sicilia si gonfiò e diventò per dieci miglia di lunghezza come una spina di montagna nera, e quella della Calabria spianò, e comparve in un momento un cristallo chiarissimo e trasparente che pareva uno specchio e pareva con la cima appoggiare sulla montagna e col piede al lido della Calabria.
In questo specchio subito comparve una fila di più di diecimila pilastri equidistanti, tutti di un vivissimo chiarore e uguali in larghezza e altezza, di un’altra medesima tinta erano gli sfondi tra i pilastri. In un momento poi i pilastri si smezzarono di altezza e si curvarono in una forma simile a quella degli acquedotti di Roma, e restò semplice specchio il resto del mare, ma per poco; perché tosto si formò un gran cornicione. Poco dopo sopra il cornicione si formarono castelli reali in quantità, disposti in quella vastissima piazza di vetro, e tutti di una forma e lavoro. Poscia le torri si cambiarono in teatro di colonnati e, il teatro si estese e fece una doppia fuga; quindi la fuga dei colonnati divenne una lunghissima facciata di finestre in fila; in quella facciata si vide una varietà di selve, di pini e di cipressi uguali, e di altre varietà di alberi; poi tutto disparve, e il mare, con un po’ di vento tornò mare.
Questa è la Fata Morgana che per anni ho stimata inverosimile ed ora ho veduto vera e più bella di quella che mi si era dipinta”.
E’ questa la suggestiva ed affascinante descrizione contenuta in una lettera che Ignazio Angeluccio, nel lontano 1648, inviò al frate Leone Sancio.
In realtà La Fata Morgana è un affascinante effetto ottico, per quanto insolito, che si verifica a cavallo dello stretto di Messina, generalmente all’alba, quando ci sono delle particolari condizioni climatiche, come il cielo terso e tempo sereno.
Infatti quando si verificano queste condizioni, capita, ovviamente raramente, che si formi un condotto atmosferico che funge da lente di rifrazione. La luce del sole passa attraverso strati d’aria a temperature diverse generando delle immagini sospese in cielo e a volte anche capovolte. In pratica una sorta di miraggio che si può scorgere in una fascia stretta al di sopra dell’orizzonte, quando la temperatura dell’aria in prossimità del suolo è minore di quella dell’aria sovrastante.
Il nome ci è tramandato dai Normanni e fa riferimento alla fata Morgana di origine Celtica, che ingannava i marinai con visioni fantastiche di castelli galleggianti, per attirarli e condurli alla morte.
La leggenda ci presenta fata Morgana come la sorellastra di Re Artù, verso il quale nutriva un sentimento di odio ed allo stesso tempo di amore incestuoso, tant’è che quando il fratello, in una delle sue ultime battaglie, fu ferito a morte, portò il suo corpo nella magica terra di Avalon, per farlo curare.
La fata Morgana, sempre secondo la legenda, decise di costruirsi un castello di cristallo nelle profondità del mare proprio nello Stretto di Messina, e da lì iniziò a dilettarsi a beffare gli ignari marinai che avevano la sfortuna di passare per raggiungere la Sicilia.
A cadere vittima dell’inganno della beffarda fata Morgana fu anche un re arabo, che, giunto sulla punta estrema della Calabria, rimase incantato da quella fantastica terra che si era magicamente palesata al sua sguardo. Apparve all’improvviso al suo cospetto una bellissima donna, che gli promise in dono quella terra. La Sicilia sembrava a portata di mano, così il re arabo, si tuffò illuso di poterla raggiungere in poco tempo, ma fini per annegare.
Anche Ruggero il Normanno fu vittima della fata Morgana, la quale gli fece apparire le due estremità della Sicilia e della Calabria così vicine quasi da potersi toccare. Per convincere il re, il quale desiderava invadere la Sicilia, fece apparire un potente vascello ed un esercito, che, a sua detta, lo avrebbe aiutato nell’impresa, ma Ruggiero, fervente cattolico, diffidò da quella promessa pagana. L’anno successivo, e precisamente 1061, il re sbarcò con un esercito di millesettecento soldati in Sicilia, liberandola dall’occupazione araba.
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