Si,proprio cosi’. Una meteora.Un’apparizione durata poco piu’ di 50 anni. Angelo Rizzo non apparteneva a questo mondo. Era una luce alimentata da energia cosmica. Viveva tra di noi ma non come noi. Contagiava di buon umore chi gli stava intorno con la sua personalita’ eccentrica, costellata di sogni e ammalianti voli di fantasia. La realta’ gli scivolava addosso senza turbare i suoi convincimenti. Angelo era un incurabile daltonico. Vedeva solo colori luminosi perche’ si intonavano bene con la sua anima da dandy.Molti ricordi comuni ci mantengono uniti al confine dei due mondi. Mi ricordo di quando accompagnammo un giornalista francese del “L’Humanite’” a Ragona’. Angelo, allora ancora student all’universita’ di Cosenza, doveva fare da interprete . Io ero un semplice ‘homme’ di compagnia. Arrivammo alla picccola frazione di Nardodipace su dei muli aiutati nel loro cammino da contadini del luogo. Angelo in mise da safari (panama, ampia camicia di canapa leggera, pantaloni di lino svolazzanti, un foulard profumato al collo ); io in jeans e camicia a fiori. Ragona’ alternava ai profumi della primavera le puzzolenze delle necessita’ corporali a cielo aperto.Dei bambini nudi sguazzavano nei rivoli di acque malsane facendo mostra di addomi rigonfi da mal nutrizione. Angelo ,con passo leggero e accorto , seguiva i tracciati meno pericolosi per le sue scarpette di pelle delicata e, in un impasto di suoni nasali , si rifaceva a Zola nelle sue spiegazioni al giornalista francese.Io capivo bene il giornalista ma facevo fatica a capire Angelo, il cui francese era troppo nasale per eccesso di immedesimazione. Ragona’ esibiva solo bambini denutriti e sporchi di fango e liquidi organici. Gli uomini erano impegnati nell’impari lotta con gli strapiombi di una natura pietrosa e poca generosa.Le donne , avvisate da accorte vedette , rimanevano rinchiuse nelle umide e maleodoranti cavita’ delle loro dimore-caverna. Angelo seguiva il francese nei suoi scatti fotografici riparando le sue delicate narici tra le pieghe profumate del foulard. Un simile foulard fu protagonista ,molti anni dopo, di un altro ricordo. Io abitavo a Roma, in un ampio appartamento nei pressi della Stazione Termini. Angelo in quel periodo aveva la poco motivata passione per il cinema. Voleva a tutti i costi apparire sul grande o sul piccolo schermo. Mi chiese di ospitarlo per alcuni giorni in quanto avrebbe dovuto girare un’importante scena nei pressi di Castel Sant’Angelo. L’ingaggio gli era stato procurato da una persona molto influente, con strettissimi legami di parentela. La scena fu girata piu’ volte e alla fine venne tagliata. Angelo mi spiego’ che il regista era un incapace e che un giorno sarebbe stato ricordato solo come ‘colui che non seppe apprezzare il talento del grande Angelo Ryz (da pronunciarsi ‘rais’)’. Contando, invece, sul mio apprezzamento, mi chiese di rimanere ancora un po’ di tempo mio ospite. Ci rimase alcuni anni! Anzi fu io ad andarmene per primo lasciandolo da solo nell’ampio appartamento fino alla sfratto per morosita’.Il mio appartamento di Roma era a quel tempo un ritrovo per gente strana con ambizioni artistiche o creative. Abitava con me un violoncellista dell’Opera di Roma. Angelo, chiaramente, occupava la camera migliore, sempre pregna di profumi orientali. Io vivevo circondato da libri e foto di donne, avute o ambite.Un giorno decisi di sbarazzarmi di una vecchia lavatrice ,inutile quanto ingombrante. Chiesi ad Angelo, nelle sue pause di recitazione, di darmi una mano a caricarla sulla mia Renault 4, chiamata ‘Findus’ per i suoi innumerevoli spifferi invernali, per poterla portare in un deposito privato di smaltimento alla periferia di Roma. Angelo prese cosi’ a cuore l’incarico che trascorse quasi un’ora nei preparativi allo sforzo. Si presento’ in una attillata tutina di jeans, con bretelle da meccanico, indossata su una candida camicia bianca bordata dall’immancabile foulard. Capii immediatamente che non avrei potuto fare a meno dell’aiuto del violoncellista.Cinque piani di scale incalzati dagli incoraggiamenti di Angelo, molto premuroso a farci strada con l’unico sforzo dello svolazzamento del foulard profumato ad unico conforto per il peso da noi sostenuto. Arrivati al deposito di smaltimento, Angelo si assunse il difficile compito di indicarci , su istruzioni del proprietario, il punto esatto per lo scarico. Quando finalmente ci fummo sbarazzati della lavatrice , salutammo il custode con una leggera inclinazione del capo e ci avviammo verso la macchina. In quel momento il proprietario del deposito si avvicino’ ad Angelo e mettendogli in mano 50 mila lire gli disse : ‘per i suoi uomini’. Meno male che almeno ebbe la delicatezza di non definirci ‘facchini’. Angelo , aggiustandosi con un colpetto di mano una bretella che gli era scivolata nello sforzo mentale, introdusse in una tasca della tuta le 50 mila lire e saluto’ il suo collega proprietario con un sorriso di riconoscenza. Quella sera si ando’ in tre alla trattoria ‘Tana sarda’ e annegammo nel vino la munifica umiliazione. Ecco, questo era Angelo Rizzo. Un arcobaleno di insoliti colori sullo schermo grigio della comune esistenza.
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