A quattrocento anni dalla sua morte William Shakespeare, lo scrittore inglese per antonomasia, ha sempre suscitato un’enorme interesse tra gli studiosi, proprio in virtù della scarsità delle notizie biografiche in rapporto alla cospicuità della sua produzione teatrale. Infatti alcuni di loro sono arrivati a sostenere che le opere attribuite a Shakespeare, siano state in realtà scritte da un altro autore, ritenendo che egli fosse solamente il prestanome di personaggi più famosi come Francis Bacon o Ben Johnson. Inoltre visto i numerosi misteri che avvolgono la figura del Bardo, il dibattito tra accademici e studiosi, tra cui sono da inserire a pieno titolo sia il giornalista scillese Santi Paladino che lo studioso calabrese Domenico Rotundo , non si è mai del tutto placato.
Santi Paladino nel 1929 pubblicava “Shakespeare sarebbe lo pseudonimo di un poeta italiano”, ed è stato il primo italiano a sostenere che la paternità delle opere di Shakespeare fosse da ricondurre a Michealngelo Florio. Secondo il giornalista calabrese, Michel Agnolo Florio era nato ed aveva studiato a Venezia. Perseguitato perché assertore del calvinismo, dopo un lungo pellegrinare sia in Italia che in Europa, si rifugiò definitivamente in Inghilterra. Strinse amicizie ed ebbe protettori influenti come il conte di Pembroke, al quale lasciò la sua biblioteca. Paladino si chiedeva, come feceva uno che aveva frequentato una semplice Grammer School ad avere una cultura così vasta oltre che una conoscenza del greco, latino, francese e italiano? Come feceva uno come Shakespeare, che si era spostato da Statford-on-Avon solo per andare a Londra, a descrivere così fedelmente luoghi, paesaggi persone della nostra Italia? Quando anche Ben Johnson, nel preparare il First Folio, affermava che il Bardo “conosceva poco latino e ancor meno greco” Si esclude che Shakespeare fosse venuto in Italia. Eppure, ricordiamo che ben 15 su 37 opere sono ambientate in Italia. Secondo Paladino, il Valtellinese Michelangelo Florio era un uomo estremamente dotto, amico di Giordano Bruno e mentre era ancora in Italia pubblicò I Primi Frutti (1578) e I Secondi Frutti (1591). Quest’ultima opera è particolarmente interessante perché contiene molti proverbi in versi che sono presenti nell’Amleto, pur essendo essa stata pubblicata sei anni prima dell’opera Shakesperiana. Il giornalista notava che numerosi erano i modi di pronunciare il nome di Shakespeare e diversi erano i dipinti falsi e quelli autentici che raffiguravano questo autore. Ciò è sicuramente singolare visto che stiamo parlando del più famoso drammaturgo di tutti i tempi. Come abbiamo già detto prima, molte sono le opere Shakesperiane ambientate in Italia e con personaggi italiani. ( Coriolano, Cimbellino, Antonio e Cleopatra, Giulio Cesare, Molto strepito per nulla, I due gentiluomini di Verona, Tutto bene quel che finisce bene, La bisbetica domata, Il racconto d’inverno, Otello, Giulietta e Romeo, Il mercante di Venezia. Paladino, infine faceva notare, che il prof. Raffaele Sammarco aveva scoperto che nella IX edizione dell’Enciclopedia inglese, curata da Thomas Spencer Baynes, alla voce Michelangelo Florio venivano messe in evidenza le relazioni intercorse tra il linguista di origine italiana e Shakespeare. Stranamente però l’intero capitolo era stato eliminato già a partire dalla XI edizione. E anni dopo, comunque, Paladino, nell’opera “Un italiano autore delle opere shakespeariane”, ipotizzò una doppia stesura delle opere di Shakespeare. Le versione originali scritte da Michelangelo che sarebbero state poi tradotte e perfezionate dal figlio Giovanni in collaborazione con l’attore William Shakespeare, entrambi sotto la protezione del conte William Herbert di Pembroke. Un Giovanni Florio (1553-1625) umanista inglese di padre italiano e autore di un dizionario inglese- italiano, intitolato “ A World of Words” fu certamente conosciuto da Shakespeare. Tra le altre cose sembra che la Tempesta sia stata modellata sui Saggi di Montagne, saggi tradotti dallo stesso Giovanni Florio. Inoltre secondo la studiosa Frances Yates sarebbe stato proprio Florio a mettere in contatto il drammaturgo inglese con il pensiero filosofico di Giordano Bruno.
Un discorso a parte merita quello sui dipinti che raffigurano il Bardo. C’è il Flower Portrait che è l’immagine più nota di Shakespeare. C’è il Chandos Portrait di Burbage del 1610 e infine c’è il Janssen Portrait, opera di un pittore fiammingo della prima metà del XVII secolo. Questo quadro appartiene ad una famiglia inglese di sangue blu, i Cobbe. Ma i Cobbe erano convinti che il personaggio nel dipinto da loro posseduto fosse Walter Raleigh. Tutto sarebbe rimasto così se Alec Cobbe, non avesse visitato la Mostra (Searching Shakespeare – Alla ricerca di Shakespeare) promossa dalla National Portrait Gallery di Londra nel 2006. La notizia viene data dal quotidiano “La Repubblica” nel 2009 con il titolo “Shakespeare risolto il mistero. Londra svela il suo vero volto” . E noi, a questo punto, ci chiediamo, sarà vero? Perché ci sono tanti misteri intorno al ritratto di Shakespeare. Eppure noi calabresi conosciamo benissimo il volto di Bernardino Telesio o di Tommaso Campanella anche loro vissuti più o meno nello stesso periodo in cui è vissuto il Bardo. Ne’ va tralasciata l’iscrizione sulla sua tomba che recita “Caro amico per amore di Gesù rinuncia a scavare la polvere qui rinchiusa: Benedetto chi risparmia queste pietre, maledetto chi muoverà le mie ossa”. Un iscrizione davvero singolare per uno che non ha nulla da nascondere. Inoltre perché non si hanno documenti relativi alla vita di Shakespeare dal 1585 al 1592? E perche il suo testamento si concentra solo sui beni materiali e non nomina affatto il suo patrimonio librario. Non esistono suoi manoscritti, né tanto meno note e commenti. Altra cosa strana è che non intrattenne con i colleghi scambi epistolari. Incredibile visto che si tratta del più grande drammaturgo di tutti i tempi.
Nell’opera “Le origini Italiane di Shakespeare J. Florio e la Rosacroce, 2005, Domenico Rotundo non ha dubbi che Shakespeare sia Italiano. Si tratta solo di scoprire se era originario di Bagnara o di Sant’Agata di Reggio, né ci sono dubbi sulla sua affiliazione alla Rosacroce. Per Rotundo il Chandos Portrait è il quadro che maggiormente e più fedelmente rispecchia la figura di Shakespeare, il quale portava un orecchino al lobo destro, guarda caso, proprio come Giovanni Florio. Pare ci fosse l’usanza di portare l’orecchino tra persone legate alla società segreta di carattere esoterico, come quelli appartenenti alla Rosa-Croce. Il padre di Shakespeare “si chiamava Giovanni ( come il padre di Michele Florio Crollalanza), e a quanto pare era mercante di guanti e di pellami ”come tutti i Florio in Inghilterra…” Inoltre Rotundo aggiunge, “L’Inghilterra è una maniera di documenti, gli archivi dei municipi e delle canoniche traboccano di testimonianze del passato, si può ricostruire tutto sulla vita di un re come su quella di oscuri individui che vissero in tempi remoti. E’ tanto più strano quindi che su Shakespeare le notizie certe siano così poche”. Infatti non c’è l’atto di nascita di Shakespeare, ma solo la registrazione di battesimo, sacramento che i Valdesi ( per Rotundo, Giovanni Florio era un Valdese costretto ad abbandonare Bagnara dopo la strage dei Valdesi nel 1561) potevano ricevere anche in età adulta Nel suo libro viene citato il prof. Martino Juvara di Ustica, docente di letteratura Italiana all’Università di Palermo, il quale dopo anni di studio nel 2000 giunge alla conclusione che Shakespeare è siciliano. Eppure non c’è alcun riferimento a Santi Paladino, come se non avesse scritto nulla sul Bardo.
Nel 1979 Jorge Luis Borges sosteneva che Shakespeare. era “ il meno inglese degli scrittori “ perché tendeva troppo all’iperbole della metafora quindi doveva essere di origine italiana, o ebrea. Lamberto Tassinari, filosofo italo-canadese, ha scritto un libro nel quale va alla ricerca della vera identità di Shakespeare, con il titolo John Florio , the man who was Shakespeare. Corrado Panzieri e Saul Gervini del Centro Studi Flaviani, con le loro ricerche, hanno in parte confermato le teorie di Paladino e in parte aperto nuovi scenari.
Noi non possiamo affermare con assoluta certezza che William Shakespeare era calabrese. Tuttavia, tutti questi studi sulle sue origini dimostrano senza ombra di dubbio che la questione è tutt’altro che risolta.
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