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Elisir di lunga vita | I 105 anni di Salvatore Vincenzo Nardi, un illustre soldato che ha sempre onorato il suo Paese.

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Intervista a salvatore nardi 105 anni
Ancora oggi è la guerra il ricordo più vivido nella mente di Nardi Salvatore Vincenzo, nonostante siano passati ormai ben settantadue anni dal giorno del suo congedo. Un resoconto pieno di dettagli minuziosi che ti lasciano di stucco. Gli anni passati al fronte hanno riempito talmente la sua vita, al punto da far passare tutto il resto in secondo piano. Persino la sua famiglia, i suoi figli, avuti da due diverse mogli, il lavoro in Francia fino al giorno del grave infortunio, sembrano rientrare in un altro mondo, un mondo più ordinario, monotono, consuetudinario, incapace di scalfire l'intensità del tempo vissuto durante il periodo bellico, le forti emozioni, la tremenda esperienza della guerra, capace di incidere profondamente negli animi e nelle menti di chiunque abbia avuto la sfortuna di conoscerla. Certo la presenza costante della morte al proprio fianco, la cruda esperienza della perdita continua di amici e compagni, la lunga esposizione alle intemperie ed agli stenti, hanno contribuito inevitabilmente a rafforzare il carattere di un uomo che, temprato nel corpo e nello spirito, ha potuto affrontare con relativa facilità la più amena vita civile e i problemi, certamente più leggeri, ad essa collegati. La passione del suo racconto ti porta quasi a credere che chi non ha vissuto l'esperienza della guerra non può dire di avere vissuto per davvero.
Nato nel lontano 14 ottobre del 1912, oggi vanta 105 anni, ma conserva ancora l'energia di un ragazzino, una lucidità mentale invidiabile ed una buona condizione fisica; solo la vista gli impedisce di essere ancora autonomo, ma il suo carattere forte e frizzante, e il discreto sostegno della figlia, gli hanno consentito di metabolizzare, senza troppi drammi, questo deficit, a cui ha fatto oramai l'abitudine.
"Era il 1936 quando partì soldato in Africa, dove rimasi per 10 anni. Mi portarono in Uganda vicino alla Nigeria, sotto l'equatore, e il caldo che fa qui la mattina, lì lo faceva allo spuntar dello sole. La notte la temperatura non scendeva sotto i venti gradi. Facevamo il bagno quattro volte al giorno. Abitavamo in baracche di paglia lunghe più di quaranta metri e ci davano da mangiare 100 g di pane al giorno. Quando, per necessità, ci coricavamo per terra, le termiti divoravano i nostri indumenti, tant'è che a volte ci alzavamo nudi. Ogni indumento che rimaneva a terra spariva in breve tempo. Ho visto termitai alti più di tre metri. Meno male che quelle termiti non toccavano la carne. Era da due anni che in quel luogo non pioveva ed il caso volle che proprio dopo il nostro arrivo arrivasse la pioggia, una pioggia torrenziale, tant'è che le popolazioni indigene ci accusavano di averla portata noi. Le zanzare erano così numerose da coprire, come nuvole, la luce del sole e la notte le guardie controllavano che tutti avessimo chiuso accuratamente le tendine, sotto le quale dormivamo, per proteggerci dalle loro fastidiose punture. Il momento più bello è stato quando ci siamo ritrovati 8 simbariani, tutti nella stessa baracca. Il 2 luglio del 1941 fummo fatti prigionieri dagli americani. Fummo portati in Kenia, dove rimasi tre anni e mezzo. Qui le provviste alimentari previste per 30.000 soldati americani, dovettero bastare anche per noi, che eravamo più di 74.000 prigionieri italiani. Così gli americani ci sfottevano, invitandoci a suggerire a Mussolini di non affondare le loro navi cariche di provviste, se volevamo continuare a mangiare. Il menu prevedeva una patata tagliata in quattro pezzi, un pò di brodo ed un pezzo di carne così sottile che attraverso potevi vedere il sorgere del sole. A volte mangiavamo polenta rancida. La mattina ci facevano lavare con acqua fredda e poi ci davano un bicchierino per riscaldarci. I bagni erano collocati distanti dai nostri alloggi e la notte era pericoloso andarci, perché gli indigeni del luogo praticavano il cannibalismo e spesso si appostavano per prenderci di sorpresa al buio. A dire il vero con me si sono comportati sempre bene, mi portavano frutta e mi invitavano spesso insieme ad altri miei compagni a mangiare con loro injera con berberè, si trattava di una specie di pitta fritta che veniva inzuppata in una salsa piccante, da bere ci offrivano il tech, un idromele lievemente alcolico ottenuto dalla distillazione di miele, acqua e gensho; prima di bere sciacquavano il bicchiere, ne bevevano un pò loro, per mostrarci che era buono, risciacquavano il bicchiere e lo versavano per noi. La cosa che mi è rimasta impressa è che quando andavano al bagno, per coprire i rumori strofinavano delle pietre con le mani, per pudore. Dopo il tradimento di Al Alamein, due prigionieri, di notte scapparono, salirono sul monte Kenia e cambiarono la bandiera. La risposta degli inglesi fu tremenda, minacciarono di cacciarci anche dai nostri alloggi. Ci pagavano 10 lire al giorno, di cui cinque li mandavo sempre alla mia famiglia.
salvatore nardi attestato 105 anniTornato dalla guerra avevo due figli maschi, dopo vent'anni di matrimonio mi risposai ed ebbi un altro figlio maschio ed una femmina, questa mia seconda moglie morì giovane a 51 anni. Per un breve periodo, circa dodici anni, vista la miseria che c'era al paese, emigrai in Francia, dove lavorai in fabbrica, negli alti forni ed infine nell'edilizia, fino a quando mi infortunai. Tornato in Italia, a dicembre del 1959, ebbi la fortuna, se così possiamo dire, di essere pensionato. Oggi sono nei 106 anni, non pensavo di campare così tanto anche perché nessuno dei miei parenti è vissuto così a lungo. Mio padre è morto a 90 anni, mio fratello a 94 anni, mia sorella a 90. Mi è sempre piaciuto camminare. Fino a quattro anni fa cucinavo da solo; pasta, carne, fagioli e da bere vino, acqua, aranciata. Ora ho problemi anche con la vista e mia figlia mi aiuta in tutte le faccende domestiche.
Un stile di vita sobrio e preciso, quello di Nardi Salvatore Vincenzo. Come un buon soldato. Lunghe camminate e cibo buono, prevalentemente prodotti locali, di origine contadina, accompagnato da un buon bicchiere di vino e acqua di sorgiva, poca tv e la sera a letto all'imbrunire, per poter essere in piedi al sorgere del sole.

 

 

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