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Sulle tracce di San Bruno: L'Addio al mondo.

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San bruno nel deserto
Lasciando Parigi nel 1082, Bruno si diresse verso Reims, per il disbrigo di diversi impegni, per prendere le ultime disposizioni di tutti gli interessi ivi lasciati, per dissipare le ultime illusioni nel clero e nel popolo che lo volevano per loro arcivescovo, per dare l'ultimo addio a tanti amici e discepoli fedeli. I Santi comprendono, più degli altri, i doveri dell'amicizia. Ma Reims non doveva essere che una sosta; Bruno era irrevocabilmente in cammino per la solitudine e il deserto.
Una tradizione, riferita da diversi biografi del nostro Santo, narra che lo scolastico pellegrino volle un'ultima volta salire sul pergamo. per prendere congedo dal clero e dai fedeli della chiesa di Reims, di cui era stato il sostegno e della quale era divenuto la gloria.
Appena incominciò il suo discorso, fu notato dall'uditorio che un nuovo spirito animava l'oratore: invece d'iniziare il suo dire colle sottilità della Scolastica o di cercare di penetrare nelle profondità del dogma sacro, egli non parlò che della rinuncia alle vanità del mondo: "Ecce elongavi fugiens, et mansi in solitudine” -Sono fuggito lontano per dimorare nella solitudine - Quell'amante del deserto, ripieno del suo soggetto, parlò con tanta forza, ardore e autorità, che produsse un'impressione vivissima e profonda. Qualche suo uditore si mostrò pronto a seguirlo. La storia cita, tra gli altri, Pietro e Lamberto, che sostituirono Rodolfo e Fulcio.
Bruno e quei due nobili discepoli vollero, prima di lasciare per sempre la città, distaccarsi intieramente dai beni fugaci di questa terra, per essere più liberi di consacrarsi completamente. senza riserve, a Dio. Distribuirono ai poveri tutto ciò che possedevano. Nella vita del secolo, Bruno aveva sempre dimostrato la più generosa carità verso i derelitti; ma dal giorno in cui si decise di abbracciare la vita monastica. riguardò la povertà e la rinuncia assoluta alle cose terrene, non solo come una virtù, ma come un dovere essenziale. Gli stessi documenti contemporanei attestano ch'egli “seppe abbandonare, col più profondo disprezzo la gloria del mondo allorchè questa lo voleva sedurre con lo splendore di ingenti ricchezze e immensi onori”. Egli possedeva tutto quello che poteva desiderare : Gloria, ricchezze, onori, scienza; ma tutto calpestò sdegnosamente. E scelse la via del deserto. Verso quale direzione rivolgerà Bruno i suoi passi? Abbandonando il mondo, quale genere di vita sarà il suo? A quale istituzione monastica si sottometterà coi suoi primi discepoli? Dio, di cui egli ama la Volontà, e le circostanze l'aiuteranno a determinarsi: Bruno è alla ricerca della volontà di Dio.
Guidato da una profonda umiltà e una saggia disistima di se stesso, egli volle, dopo la partenza da Reims, porsi, con una semplicità infantile, sotto la direzione di un maestro di vita spirituale. Si diresse verso l'abbazia di Molesme nella diocesi di Langres, e attinse, nella conversazione con S. Roberto, abate di quel monastero e futuro fondatore di Citeau, le conoscenze necessarie sulle regole constitutive e specialmente sulle virtù della vita monastica .
S. Roberto era entrato in possesso di Molesme con tredici religiosi il 30 dicembre 1075. Malgrado il rigore della stagione, quei coraggiosi solitari si erano fabbricati un oratorio con tavole e lo avevano dedicato alla SS.ma Vergine. Attorno all'oratorio, centro comune del sacrificio e della preghiera, ciascuno si era costruito una cella isolata, ove poter trascorrere una vita di orazione, di lavoro e di solitudine. La loro povertà e la mortificazione formavano 1'ammirazione dei paesi circonvicini.
Il loro fervore era ammirabile: un santo contagio di virtù si spandeva attorno e attirava un gran numero di vocazioni. Tra queste reclute citeremo Santo Stefano Harding, che, dopo S. Roberto e il Beato Alberico, resse l'abbazia di Citeaux e vi ricevette San Bernardo.
Molesme era dunque degno di proteggere l'inizio della vita religiosa che Bruno era risoluto di abbracciare. Nella compagnia dei tre santi che vi abitavano, il Fondatore dei certosini ritrovava lo spirito dei Padri del deserto e le più pure tradizioni della vita monastica. Egli vedeva quei grandi asceti, desiderosi di una perfezione maggiore, preparare la riforma, raccoglieva le loro riflessioni sullo stato di decadenza in cui si trovavano certi monasteri, ascoltava i loro consigli per i mezzi da adottare per ritrovare il fervore primitivo.

(da un cronista del tempo -Ricerca storica di Girolamo Onda)

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