Spesso, guardandoci intorno, non possiamo fare a meno di notare le ingiustizie, e le assurdità di questo mondo. Ciò ci porta a volte a mettere in discussione il senso della vita stessa e ad interrogarci sul significato dell’esistenza, senza essere comunque in grado di trovare risposte definitive. A volte, mi domando anche io il perché di tutto questo. Che senso ha la vita? Qual è il significato del dolore e della sofferenza? Perché sforzarsi di arrivare in alto, quando poi tutto ciò che abbiamo fatto verrà vanificato dalla morte? Perché amare? Perché odiare? Perché gioire? Perché piangere? A cosa potrà mai servire questa nostra strenua lotta per rimanere a galla?
Ma poi, come sempre, trovo la risposta a queste domande nelle profonde parole dei poeti. Citando Walt Whitman:
Oh me! Oh vita!
Domande come queste mi perseguitano,
Degli infiniti cortei d’infedeli, di città gremite di stolti,
Di me stesso sempre a biasimare me stesso (perché chi più sciocco di me, e chi più senza fede?)
Di occhi che invano bramano la luce, di scopi meschini,
Della battaglia sempre rinnovata,
Dei poveri risultati di tutto, delle folle che vedo sordide camminare a fatica attorno a me,
Dei vuoti ed inutili anni degli altri, io con gli altri legato in tanti nodi,
La domanda, Oh me! che così triste ricorre – Che cosa vi è di buono in tutto questo, Oh me! Oh vita?
Risposta.
Che tu sei qui – che la vita esiste e l’identità,
Che il potente spettacolo continua, e che tu puoi contribuirvi con un verso.
Anche al grande poeta capitò di domandarsi che senso potesse avere l’esistenza. Che cosa può esserci di buono in questa lotta continua per la sopravvivenza, negli scopi meschini degli uomini, nelle persone, che hanno smesso di essere individui per tramutarsi in una folla sordida, nei risultati delle nostre azioni, quasi sempre tristi e poveri, negli anni vuoti e inutili che gli uomini passano a inseguire chimere, nel continuo invocare una luce che ci possa tirare fuori dalle tenebre che ci circondano, ma invano, nelle città popolate da uomini stolti e senza fede, e nel nostro incessante biasimarci perché, in fondo, sappiamo di non essere meglio di loro, perché siamo individui, sì, ma al tempo stesso siamo legati agli altri attraverso tanti nodi, siamo parte dello stesso mondo, della stessa sostanza, della stessa esistenza. Facciamo parte di un tutto. E che cosa c’è, dunque, di buono in tutto questo?
Ed ecco la risposta: Che tu sei qui.Che la vita esiste e l’identità. Sei un individuo, non la massa, e sei vivo, sei qui. Che il potente spettacolo continua. È la vita che trova la sua ragione d’esistere in se stessa, lo spettacolo deve continuare. E che tu puoi contribuirvi con un verso. “Tu” hai il potere di fare la differenza. Molti uomini hanno perso la fiducia in se stessi, nelle proprie capacità e nella vita stessa. Ma Whitman restituisce grande dignità all’uomo. Ogni uomo può lasciare un’impronta su questa terra. Si tratta solo di scegliere il proprio “verso”. Può trattarsi di poesia, ma potrebbe trattarsi anche d’altro, perché ogni azione umana “nobile” può essere considerata poesia. Una creazione artistica, un lavoro ben fatto, l’impegno che mettiamo ogni giorno in qualsiasi nostra azione, un semplice sorriso, una parola gentile, l’amore che doniamo in maniera disinteressata, un traguardo raggiunto, il tempo che dedichiamo agli altri… Ogni vita umana, in qualsiasi direzione essa vada, sia essa considerata come un successo o un fallimento dalle altre persone o da se stessi, fa parte del poema della vita. Tutti noi recitiamo la nostra parte e ognuno di noi può contribuire con il suo verso.