Sotto la pioggia benedetta ed accanto alla tomba del conte Ruggero.
C’è un breve rito della liturgia cattolica che richiama alla memoria il battesimo di Gesù da parte di San Giovanni il battista ed è il rito dell’aspersione con l’acqua santa attraverso cui chi la riceve la prima volta diventa un “fedele” .La benedizione attraverso il segno-simbolo dell’acqua santa rinnova la salvezza dei credenti consacrandoli a Cristo e di questo erano ben consapevoli quei nobili che facevano sì che dopo la morte ai loro sepolcri non mancasse l’acqua santa . Come? E’ facile a dirsi : si facevano seppellire sotto lo stillicidio di chiese e cattedrali . Questa usanza è emersa anche nel corso degli scavi fatti a Mileto antica fin dal 1995 dal prof. Paolo Peduto dell’Università di Salerno . A ridosso delle absidi dell’abbazia della SS. Trinità,fondata nell’ XI secolo, è stato rinvenuto un sepolcreto di tombe senza corredo funerario. Tra queste vi erano parecchie tombe “ alla cappuccina”, e cioè a cassa con coperchio in lastre di laterizi a due spioventi (XII-XIII sec.) ; vi erano anche sepolture terragne (sec. XIV) e infine una tomba a cassa più consistente delle altre risalente al XV sec. . Non deve sorprendere, secondo quanto detto dal prof. Peduto,che i signori dell’epoca si facessero seppellire in terra perché nel Medioevo, secondo l’ideale cristiano della povertà e dell’umiltà, anche i signori più impenitenti e peccatori esprimevano la volontà di essere sepolti in questo modo e a ridosso delle cattedrali. Si pensava ,infatti, che l’acqua piovana si santificasse cadendo sul tetto delle chiese e andasse a purificare e a benedire le tombe situate attorno alla base. Anzi, per godere di questo privilegio i signori facevano donazioni alla Chiesa, come dimostra una scrittura notarile rinvenuta a Salerno che aveva ad oggetto, tra denaro ed altro,il lascito di due lenzuola. Ma probabilmente quei signori avevano anche altri motivi per farsi seppellire a ridosso della Chiesa Abbaziale della SS. Trinità di Mileto perché proprio in essa era sepolto il suo fondatore, il Gran conte Ruggero d’altavilla morto a Mileto il 22 giugno del 1101. Essere sepolti vicino alla tomba di quello che di fatto è stato il primo re della dinastia normanna del meridione d’Italia era motivo di grande prestigio (formalmente Ruggero era vassallo del fratello maggiore Roberto il Guiscardo). Sappiamo che il regno normanno continuato fino ai borbone, fu fondato dal figlio del gran conte Ruggero II incoronato a Palermo nel 1130, ma fu il padre Ruggero I con la sua accorta politica a gettare le basi per la creazione di quello che divenne il Regno delle due sicilie. Rocco Pirro descrisse come si presentava la tomba del Gran Conte Ruggero (Rocco Pirro, Cronologia dei re della sicilia –Palermo,1643).Egli ci tramanda il seguente epitaffio : “linques terrenas migravit dux ad amoenas- Rogerius sedes, nunc coeli detinet aedes” ( Il duce Ruggero lasciando le terrene migrò verso le dimore amene,ora occupa le sedi del cielo). A questo punto una curiosità: Ludovico Antonio Muratori annovera questi e simili versi, (detti “leonini” dal nome di un certo Leone, monaco benedettino e poeta) tra le prime forme di poesia italiana in rima. La sepoltura del Gran Conte (oggi al Museo nazionale di Napoli) è costituita da un sarcofago in marmo bianco di età romana (III sec. D.C.) scolpito su tre lati essendo il quarto addossato al muro della navata destra dell’abbazia ove era inserito in un baldacchino marmoreo di porfido rosso e ricorda la tomba di Federico II nel duomo di Palermo. Il sarcofago è strigilato (con scanalature verticali a forma di onde ) è lungo 2,40, largo 92 cm. ed alto metri 1,91. Fu riscolpito sui due lati stretti ove le gorgoni (volto di donna e capelli di serpenti) che vi si trovavano furono trasformate in croci. Il sarcofago apparteneva ad un magistrato romano che vi era sepolto con la moglie, infatti ai lati vi sono due busti uno maschile ed uno femminile.In mezzo al pannello centrale vi è scolpita nel marmo una porta socchiusa che sta a simboleggiare il passaggio del defunto al mondo dei morti. L’abate Pacichelli nel 1690 riporta una iscrizione (confermata da altri studiosi)dalla quale risulta che la tomba fu realizzata da un marmoraro romano , Petrus Oderisius ,vissuto nel XII secolo d.C. e quindi parecchi secoli dopo l’epoca in cui venne scolpito il sarcofago romano (III sec. D.C.). La contraddizione è stata spiegata dalla storica dell’arte Lucia Faedo e da altri studiosi. Pare che il riuso di sarcofagi di epoca classica fosse diffuso tra i potenti per il prestigio che questo comportava; il rifacimento della tomba con l’uso del porfido rosso per il basamento ed il baldacchino sarebbe stato commissionato a Petrus Oderisius dalla terza moglie del conte Ruggero, Adelasia, o dal figlio Ruggero II, non si sa se subito dopo la morte del Gran Conte o verso il 1145 . Le sepolture normanne , secondo lo studioso Deer erano un “monumento autoritario di glorificazione laica” e l’uso del porfido grazie al suo colore purpureo dava alla tomba una connotazione regale che risaliva all’età ellenistica e venne successivamente copiata dagli imperatori di Roma e di Bisanzio ed infine dai Papi.
Tanto per rendersi conto del potenza economica e politica dei committenti normanni di Mileto , che fecero realizzare la tomba del Conte Ruggero, basta ricordare che Petrus Oderisius apparteneva ai marmorari romani detti Cosmati ,autori di sepolture importanti come quella di Re Edoardo d’Inghilterra ( detto il “Confessore”) che si trova nell’Abazia di Westminster e quella di Papa Clemente IV,che si trova in una chiesa di Viterbo.