Le abbazie strumento della politica normanna.
L’attesa del 2000, anno del Giubileo e di transizione al terzo millennio, ha fatto proliferare libri, riviste e films sul medioevo:
epoca avvolta da un alone di mistero con le sue ansie e le sue paure ; prima fra tutte la paura della fine del mondo che si diffuse intorno all’anno mille.
Un libro che, pur non essendo recente, ci introduce in pieno medioevo é ” I pilastri della terra “, di Ken Follet. L’autore narra la storia di un costruttore di cattedrali nell’Inghilterra dell’XI secolo e ci dà uno spaccato altamente suggestivo di vita medievale. Uno dei suoi protagonisti, l’indomito priore Philip, non si arresta di fronte a nessuna difficoltà pur di costruire la sua cattedrale. L’abate, per disegnare la pianta della chiesa,si alza prima dell’alba e in compagnia di un capomastro traccia l’asse della cattedrale orientandola da est ad ovest
Così immaginiamo che abbia fatto l’Abate Robert de Grandmesnil sulla collina dell’abbazia di Mileto tra il 1063 ed il 1066. Qui realizzò un’opera tanto superba che neppure i terremoti che l’hanno demolita sono riusciti a cancellare il ricordo della sua grandiosità. E’ probabile che a Mileto il costruttore abbia usato la stessa tecnica del priore citato nel romanzo. Infatti il prof. Paolo Peduto dell’Università di Salerno, durante gli scavi eseguiti nel 1995 sulla collina dell’abbazia miletina, ha ipotizzato che la chiesa sia stata tracciata su un banco di arenaria tuttora esistente.
Ma chi era Robert de Grandmesnil ?
Era l’abate dell’ abbazia di Saint ‘Evroul sur-Ouche (nord della Francia) da dove fuggì nel 1061 assieme alla sorellastra Giuditta d’Evreux, la quale proprio a Mileto nel Natale del 1061 sposò il Conte Ruggero. L’abate giunto in Calabria assieme ad 11 monaci, con il favore di Roberto il Guiscardo fratello di Ruggero, fondò l’abbazia di Sant’ Eufemia (Lamezia Terme) da cui in origine dipendevano le abbazie di Venosa (Basilicata) e di Mileto. La figura di questo abate è stata sapientemente tratteggiata dallo storico dell’arte Giuseppe Occhiato in un suo scritto dal titolo “Robert de Grandmesnil”, apparso nella rivista Calabria Bizantina. L’abate era di carattere irruento, insofferente della disciplina ed ambizioso e fu costretto a fuggire dalla Normandia per salvarsi la vita dopo il fallimento di una congiura a cui prese parte contro il potente duca normanno Guglielmo “il bastardo”.
La sua formazione quale architetto maturò proprio dall’ osservazione delle forme architettoniche adottate nelle abbazie di Bernay e Cluny ; da quest’ultimo centro monastico della Francia prese avvio la riforma benedettina che portò alla costruzione di abbazie e cattedrali in tutta Europa.
Infatti era regola dell’ordine benedettino studiare l’architettura e gli abati (ma anche i vescovi) avevano l’obbligo di tracciare la pianta delle chiese e delle abbazie ad essi affidate. L’Abbazia di Sant’ Eufemia Vetere e quella della Trinità di Mileto, poi seguite dalla chiesa di Gerace, furono le prime chiese che hanno importato nel nostro sud lo stile nordico – benedettino della Normandia.
I modelli francesi di queste costruzioni si diffusero con i Normanni anche nella vicina Sicilia dove vennero costruite le cattedrali di Catania, Messina, Cefalù, Palermo. Nella planimetria di queste chiese appaiono tre absidi. L’abside centrale è più ampia e sporgente rispetto a quelle laterali : questo elemento assieme alla tendenza alla verticalità,appartiene allo stile cluniacense. La pianta della chiesa cruciforme e le tre navate, invece, appartengono alla tradizione latina : le navate, infatti sono delimitate da colonne come le basiliche paleocristiane (G. Occhiato : La Trinità di Mileto nel romanico italiano).
Lo storico Pontieri parlando dei monaci normanni li descrive come uomini di chiesa, di mondo e di guerra, dediti più alle cose terrene che a quelle divine : questo monaco ” passa con estrema facilità da un’opera di religione a dirigere l’assedio di città nemiche, da una congiura politica al governo di una comunità monastica, dai meschini e occulti intrighi feudali alle profferte più appassionate di fedeltà “.
Il motivo per cui i conquistatori normanni si sono rivolti alla costruzione di chiese si spiega con l’accordo stipulato a Melfi nel 1059 tra Papa Gregorio VII e i normanni. Il Papa legittimava le conquiste normanne nel sud d’Italia ed in cambio i conquistatori si impegnarono a riportare sotto l’ influenza della chiesa di Roma tutti i territori conquistati che erano di rito Bizantino. Perciò costruirono chiese e monasteri e appoggiarono i monaci benedettini i quali nelle abbazie svolgevano un ruolo politico ed economico oltre che religioso. Questi monaci erano veri e propri feudatari: amministravano possedimenti, godevano di privilegi.
Le abbazie per meglio svolgere il loro ruolo erano sottratte alla giurisdizione dei vescovi ed erano soggette direttamente all’autorità pontificia di Roma.
Questa autonomia fu causa di conflitti tra gli abati e i vescovi che non tolleravano i poteri concessi ai monaci. Le lotte per il potere non stanno a significare però che nell’ Europa dell’XI secolo non vi sia stato un forte fervore religioso, fervore che così fu espresso, con suggestive parole, dal monaco e cronista dell’epoca Rodolfo il Glabro : ” Era come se il mondo stesso, scrollandosi di dosso la sua vecchiezza, si rivestisse d’un bianco mantello di cattedrali “.
Mentre Orderico Vitale, altro cronista dell’epoca, si compiaceva osservando come nelle mura delle abbazie di Venosa, di S. Eufemia e di Mileto si udissero gli stessi canti che si udivano a S. Evroult sur-Ouche (J. Lindsay – I Normanni – Bur).
Accadde che i monaci normanni nel sud d’Italia guardassero all’architettura del Nord della Francia per costruire le loro chiese ed i condottieri normanni rimasti in Normandia si ispirassero all’esperienza del sud Italia per conquistare l’Inghilterra.
Il cronista Guglielmo di Malmesbury, afferma che Guglielmo il Conquistatore prendeva a modello il carattere risoluto e ardito di Roberto il Guiscardo, il quale già nel 1059 era divenuto duca di Puglia e Calabria. Considerava un disonore ” esser meno in valore ad uno come Roberto che egli superava di rango “. Gli Altavilla, infatti, appartenevano alla piccola nobiltà normanna e costruirono le loro fortune guerreggiando nell’Italia meridionale. Essi, com’é riconosciuto da tutti gli storici, gettarono le basi del futuro Stato moderno e centralizzato. Però la loro rigida organizzazione amministrativa, di tipo feudale, impedì che nel sud d’Italia nascessero i Comuni i quali divennero centri di crescita economica e nell’Italia del centro-nord crearono una società di tipo mercantile.
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