I rappresentanti dell’Associazione amici della Certosa di Serra San Bruno, nel novembre 2013, accompagnati dal Priore Dom Jacques Dupont, hanno portato in Vaticano l’icona di San Bruno per la benedizione del Santo Padre.
L’icona, opera di Suor Mirella Muià, monaca eremita diocesana, biblista e raffinata iconografa, che da alcuni anni vive ed opera presso l’“Eremo dell’Unità” di Gerace, è stato il simbolo dello storico ritorno dei certosini nell’eremo calabrese e, nel contempo, anche il simbolo della ricorrenza del cinquecentenario della canonizzazione di San Bruno.
L’icona, dopo la benedizione, è stata esposta nella Basilica romana di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri in Roma. Per l’occasione il Priore: Dom Jacques Dupont, in detta basilica, ha celebrato una messa alla quale hanno presenziato i Serresi al seguito.
Perché, per celebrare detta ricorrenza, è stata scelta proprio la Basilica romana di S. Maria degli Angeli e dei Martiri?
La vicenda ebbe inizio nel 1091 quando, Brunone da Colonia costretto a restare in Vaticano in qualità di consigliere del Papa Urbano II, avendo l’intenzione di chiamare nella capitale i suoi compagni lasciati a Grenoble, chiese al Santo Padre la costruzione di un apposito monastero; additando l’area intorno alle terme diocleziane; dove, al tempo, sorgeva la chiesa di San Ciriaco.
Lo storico Duchesne, riporta che S. Ciriaco fu consegnata, da Urbano II al santo monaco Brunone nello stesso anno 1091. La chiesa di San Ciriaco sorgeva dove ora si trova il Ministero delle Finanze e i resti sono stati identificati all’atto degli scavi delle fondamenta di questa nuova costruzione statale.
Per alterne e avverse vicende storiche il progetto certosino non si realizzò. Comunque, l’idea del fondatore, restò sempre viva nel cuore dei monaci bianchi di Brunone da Colonia.
Nel 1304, il Padre Generale dei Certosini ottenne da papa Benedetto XI, Niccolò Boccassini (1303-1305), la concessione di costruire una Certosa alle Terme di Diocleziano e, ancora una volta, l’impresa non ebbe la conclusione sperata. Nel 1363, due fratelli di nobile famiglia, Nicola e Napoleone degli Orsini, ritentarono l’impresa. Chiesero l’autorizzazione della fabbrica al Papa Urbano V (Guglielmo di Grimoard, 1362-1370) che, con Bolla datata 5 gennaio 1363, li autorizzava a costruire una Certosa sulle Terme di Diocleziano ma, il Napoleone Orsini venne a mancare e, il gravoso compito, restò al solo fratello Nicola. Nicola, per insufficienza dei fondi necessari, non riuscì a proseguire il progetto comune. Scoraggiato, calcolò che una costruzione nuova sarebbe costata molto meno e chiese, al papa Urbano V, un’altra Bolla (1370) per la costruzione di una nuova Certosa in Santa Croce in Gerusalemme; l’odierno rione Esquilino in Roma a ridosso delle Mura Aureliane e dell’Anfiteatro Castrense. Urbano V concesse la richiesta con nuova Bolla e così venne costruita non solo la chiesa di Santa Croce in Gerusalemme, ma anche altre fabbriche attinenti: chiostro, case, cimitero, campana e campanile; ivi compresi gli orti e i terreni adiacenti. Storicamente, Santa Croce in Gerusalemme fu la prima vera Certosa in Roma.
I Certosini, nel tempo, ripresero l’idea del loro Fondatore e continuarono a sperare di potersi trasferire alle Terme di Diocleziano, sopratutto per l’avverso clima di Santa Croce rivelatosi malarico e per la rumorosità del sito che veniva a turbare quella quiete necessaria allo stile di vita eremitica dei monaci.
Nel 1390, il Padre Generale dell’Ordine chiese al papa Bonifacio IX, Pietro Tomacelli (1389-1404), il permesso di trasferire i Certosini alle Terme spiegando la precaria situazione di quei religiosi. Papa Bonifacio si trovò nell’impossibilità di esaudire la richiesta e, in alternativa, offrì il monastero di Palazola nel territorio dell’Urbe: luogo situato nel comune di Rocca di Papa, in provincia di Roma. Altri tentativi furono fatti con papa Martino V. Oddone Colonna (1417-1431), ma le condizioni storiche del tempo erano tali che non permisero di affrontare il progetto. Bisognerà attendere ancora oltre un secolo e mezzo.
Interessante anche la vicenda di un prete siciliano; don Antonio Del Duca che sollecitò a lungo la costruzione della Certosa alle Terme, e ciò a seguito di una sua “visione” avuta nell’estate del 1541; di una “luce più che neve bianca” che si ergeva dalle Terme di Diocleziano con al centro i sette martiri (Saturnino, Ciriaco, Largo, Smaragdo, Sisinnio, Trasone e Marcello papa); questo lo convinse che bisognava erigere un tempio dedicato ai sette Angeli, quindi segnò il nome dei sette angeli sulle colonne all’interno del frigidarium. Del Duca insistette a lungo sulla realizzazione di una chiesa dedicata ai sette angeli ed ai sette martiri, ma il pontefice Paolo III non sostenne la sua idea.
Dopo molte peripezie e trascorsi quattro secoli di tentativi, i Certosini raggiunsero lo scopo, costantemente perseguito, di fondare una
Certosa alle Terme di Diocleziano.
Infatti, Il 27 luglio 1561, Pio IV emanava una Bolla con la quale stabiliva che sorgesse alle Terme una chiesa intitolata a S. Maria degli Angeli e concedeva l’officiatura di essa ai Certosini di Santa Croce in Gerusalemme; un mese dopo si poneva in forma solenne la prima pietra.
Con successivo Breve del 10 marzo 1562, ai Certosini, che avevano dimorato fin dal 1370 a S. Croce in Gerusalemme, il papa concedeva l’autorizzazione a trasferire la Certosa nel luogo scelto all’origine dal loro fondatore, cioè alle Terme di Diocleziano.
Il programma di bonifica della zona delle Terme intrapreso da Pio IV, non si limitò a favorire la costruzione della chiesa nel corpo centrale della grande costruzione romana, ma trovò il suo completamento nell’insediamento dei monaci certosini, con la relativa fabbrica conventuale, presso la chiesa della quale avevano ottenuto l’ officiatura. I lavori furono condotti a termine, quando papa Gregorio XIII, Ugo Boncompagni (1572-1585), si decise a concedere larghi contributi.
Il Vaticano, nel corso dei secoli, ha sempre avuto un particolare riguardo per la Certosa alle Terme e, per il 1628, si ha notizia di una visita apostolica prescritta dal papa dove, all’epoca, quella comunità monastica contava 15 monaci e 5 laici.
Nel 1873 il Parlamento italiano approvò la legge che soppresse gli Ordini religiosi e la Certosa venne incamerata dal Governo italiano con tutti i suoi beni. Di conseguenza il Capitolo Generale ordinò ai monaci di lasciare Roma.
In seguito, l’intera Certosa, con gli opportuni adattamenti, fino agli anni ’90, è stata la sede del Museo Nazionale Romano e della Soprintendenza alle Antichità di Roma.
Nel 2000 tutto il complesso monastico è stato ristrutturato, lasciando intatti all’esterno; sia il chiostro grande che quello piccolo, che hanno continuato ad ospitare; all’interno del piano superiore ultramoderno, le collezioni provenienti da Palazzo Massimo.
Attualmente, la Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, è stata elevata a chiesa di Stato e in essa si svolgono cerimoniali di portata nazionale ed i funerali di eminenti personalità che hanno onorato la nostra nazione; comprese le vittime dei militari caduti in missione di Pace all’estero. In proposito viene spontaneo un collegamento storico che vede il discepolo di San Bruno: papa Urbano II, come l’ideatore della prima crociata e lo stesso San Bruno che, contrario alla realizzazione di quella che fu una “terribile carneficina”, abbandonò Urbano ritirandosi in solitudine nella terra di Calabria. Nel libro “L’Angelo che custodiva gli atomi” di Lomorandagio, distribuito dalla Libreria Universitaria:
http://www.libreriauniversitaria.it/angelo-custodiva-atomi-ettore-majorana/libro/9788890769702
troviamo la seguente triste citazione:
“Infine c’è un ignorato collasso quantico da analizzare e collocare nella giusta dimensione umana; sono le anime dei nostri soldati caduti in Afghanistan che ci lasciano con un commosso addio proprio dalla casa di Bruno, dalla chiesa di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri in Roma, che è stata la chiesa di san Bruno; di colui che per primo ha esecrato l’azione che sta all’origine di queste tragiche conseguenze.”