Il medico – poeta crotonese, animo estremamente sensibile che, scavando nel profondo, sa ricercare e scoprire negli altri un ego che spesso non si conosce.
Già qualche tempo fa mi interessai della sua poesia dopo aver avuto modo di leggere e apprezzare una sua prima raccolta inedita e, accostandolo a Johann Georg Jacobi, poeta tedesco, scrissi che la sua è una poesia che persegue un discorso che gli è vivo nel sangue, lo approfondisce, lo esalta, lo stigmatizza senza enfasi e rende la pagina viva, palpitante. Una poesia che tocca i segreti dell’animo, costruisce l’anima stessa e vi si coglie la gran voglia di essere testimone del nostro tempo e protagonista del tempo che scorre. Insomma si scopre nel nostro poeta un animo estremamente sensibile che, scavando nel profondo, sa ricercare e scoprire negli altri un ego che loro stessi spesso non conoscono. Così chi legge la sua poesia si sente direttamente coinvolto. Sto dicendo dell’amico medico –poeta crotonese Carlo Aracri i cui versi continuano a coinvolgere e a scoprire e riscoprire negli altri il sapore e i sogni di altri tempi per ricostruire la vita, anche la propria.“Da troppo tempo ti aspettavo./La primavera è passata ed io non sono più io./La mia vita dietro l’angolo raccontata in un libro./Un libro di sogni e di illusioni,/e resta pur sempre un libro di vita vissuta./Da troppo tempo parlavo di te e di te scrivevo./Di te sognavo./L’autunno racconta un’altra storia/nel tempo ingiallito./Forse ancora insieme./E io ti prenderò per correre nel tempo/ che ci appartiene.” La traccia già segnata dal suo itinerario poetico continua con la nuova silloge, anche questa inedita, ma ancora per poco. La nuova e recente raccolta è un susseguirsi di immagini preziose, sapientemente descrittive, illuminate da guizzi inventivi che non tendono allo stupore lessicale seppur l’espressione risulta elegante e raffinata, per certi aspetti direi aulica.
Sono versi che ben descrivono i delicati passaggi dell’anima e la grandezza della natura, meravigliosa di colori. Tra le liriche presenti, due attraggono fatalmente il lettore, Anonima e Principessa, che non per niente costituiscono le creature poetiche più amate dall’ Aracri che gelosamente custodirà come le elette. In Principessa leggiamo: “Quante cose mi son perso./Quanto tempo è passato senza/accorgermi di te./…Quante cose abbiamo lasciato dietro di noi./Quanti sogni mai sognati./Adesso siamo noi./E la mia brocca va così/ con il mio settembre./Ed io ti porto dove tu puoi/toccar le stelle tra il cielo/e la terra./Lassù io ti farò più bella./Principessa ti farò più bella/con il profumo della tua pelle/come i fiori di ginestra di marzo./Accendi una stella e…/Fammi dimenticare di esistere./Fammi sconvolgere la mente/perché la nostra storia sia/infinita in questa notte silenziosa.”
La Principessa è “colei che mi illumina di immenso, è colei che mi dà la forza di affrontare il giorno e la notte, mi ricarica con i suoisogni di speranze, è tutto…è tutto quello che io vorrei essere!”, così mi confida l’amico Aracri.
Nella lirica Anonima non avvisiamo atmosfere di sogno e di favola per appassiti percorsi, ma calore del sentimento e della sofferenza, sapore del sogno e della speranza e soprattutto suggestione e magia della parola che è, sempre, veicolo di lirica rappresentazione della vita. Leggiamola: “Pelle di miele soffice/ nascosta dietro al tuo/seno tondo e bianco/come conchiglia d’alabastro/imponente e fiera/mai troppo in tutto/ti ritrovo./Ogni sera ti ritrovo/alla luce rossa del tramonto./Confusamente ti ritrovo./Come un bacio rubato/ ti ritrovo.”
Nelle due liriche trovo il significato di quel che Primo Levi attribuiva alla poesia: lo “strumento portentoso di contatto umano.” Già, Carlo Aracri trova il modo di scoprirsi e ricostruirsi, raccontare e raccontarsi, veicolare la meraviglia raccolta a piene mani. E solo attraverso la poesia perché, dice il medico – poeta, “un mondo o un uomo senza poesia è un mondo o un uomo arido. La poesia è vita perché nasce dal profondo di un animo anche se talvolta tormentato e il tormento non deve essere necessariamente una qualcosa di triste ma anche una visione o momento magico, mai qualcosa di negativo.” E si, la poetica dell’Aracri, anche in quanto medico, è tutta una visione amara e dolente della vita e dell’uomo e si esprime con un verseggiare ora mesto, ora muto, ora singhiozzante e sussurrato ma riesce a sollevarsi su un piano di serena contemplazione della condizione umana. In fondo, la poesia dell’amico Carlo è il suo mondo fatto di ricordi, gioie, momenti magici, è il mondo dove va a rifugiarsi quando l’ispirazione giunge al suo culmine. “…E la notte passerà/ dove tutto tace./ Stanchi della vita/ che ci lascia cadere./ E se io ti cerco nel profondo/ di un sogno…/Domani verrà perché/ nei miei pensieri/ c’è posto anche per te.”