Dopo Lorenzo Valla nessuno proverebbe più a sostenere che la cosiddetta donazione di Costantino sia autentica e che essa, di conseguenza, giustificherebbe il potere temporale della Chiesa. Analogamente, per proporre un solo altro esempio, nessuno si azzarderebbe a dire, tranne gli antisemiti e qualche drappello di nazisti di risulta, che i Protocolli dei Savi Anziani di Sion siano un documento autentico in cui sono contenute le prove della cospirazione ebraica per il dominio sul mondo. Questo perché la storia non è un’opinione e, come sapevano già gli antichi greci presocratici, la distinzione tra epistème e dòxa è ben delineata. Eppure, si vede che così non deve essere per tutti, se c’è chi, trascurando bellamente i doveri elementari di chi si occupa di argomenti storici (controllare sulle fonti di prima mano ciò che si scrive, saper distinguere l’attendibilità delle diverse fonti, mantenere l’indispensabile aggiornamento critico, conoscere la letteratura internazionale), continua a riproporre sulle gazzette (cartacee e on line) e persino in qualche libro “bufale” o “fake news”, come le definiremmo oggi, probabilmente senza nemmeno sapere quale sia la loro origine. Qualcosa del genere accade con una certa frequenza e con stucchevole ripetizione nel caso di San Bruno di Colonia, spesso protagonista di “articolesse”, diffuse soprattutto a livello locale, in cui, nonostante la rivoluzione storiografica che ha investito da quasi sessant’anni gli studi scientifici sul santo e sul monachesimo certosino (e di cui costituisce il più recente tassello anche un convegno internazionale svoltosi a Ittingen tra il 13 e il 16 di luglio), si persevera nel ribadire avvenimenti ed episodi della sua vita che nulla c’entrano con il “San Bruno della storia”. Si ripropongono, insomma, evidenti falsi storici presentati, dagli strimpellatori di un medioevo inesistente, come veri, indiscutibili e indubitabilmente accertati. Due soli “casi” possono bastare per illustrare, nei limiti di un breve articolo, alcuni contenuti della fiera del falso. Il primo è quello che riguarda il motivo che avrebbe indotto Bruno a ritirarsi nella solitudine dell’eremo avendo egli assistito all’episodio del dottore parigino, poi identificato con Raymond Diocrès, che per tre volte si sarebbe alzato dalla bara per informare i presenti del “giusto giudizio di Dio” che lo aveva ac¬cusato, giudicato e condannato. L’orrendo spettacolo, che probabilmente può farsi rientrare in quelle visiones et revelationes mortuorum di cui parla Pietro il Venerabile come miracoli caratteristici della sua epoca, avrebbe turbato a tal punto Bruno da convincerlo ad abbandonare il mondo per salvarsi, se la dannazione aveva colpito persino un uomo, come Raymond Diocrès, tanto colto, di vita onesta e celebre per fama. In realtà, già Dom André Wilmart aveva notato come il racconto del “dottor dannato”, in quanto causa della conversione di Bruno, “[…] soccombe fatalmente dinanzi al silenzio unanime degli autori del XII secolo che hanno conosciuto Bruno”; mentre Dom Maurice Laporte ha ricostruito puntualmente la storia di questa leggenda agiografica seguendone gli sviluppi a partire dalla sua prima apparizione nel Dialogus miraculorum di Cesario di Heisterbach, che la riporta “parola per pa¬rola” senza mai collegarla a San Bruno, fino al suo inserimento acritico e non storicamente fondato in varie Vite del santo (ma non nell’autorevolissima e coeva Cronaca magister, né negli altri documenti contemporanei). La medesima valutazione deve farsi per la leggenda tardiva, risalente al XVI secolo, secondo la quale Bruno sarebbe stato pre¬sente, nel 1095, al Concilio di Piacenza e avrebbe suggerito a Urbano II di bandire la prima Crociata. Anche in questo caso la leggenda soggiace, innanzitutto, di fronte a un’evidenza storica fondamentale: di un viaggio di Bruno al di fuori della Calabria, dopo il suo ritiro a Santa Maria della Torre, non esiste alcuna traccia nelle fonti del tempo e i documenti conciliari non attestano in alcun modo la sua presenza ai Concili. Vi fu un Bruno presente al Concilio di Clermont, ma si trattava non di Bruno di Colonia bensì di Bruno di Segni, un importante personaggio della Chiesa medievale altre volte confuso con il certosino, sia per quanto riguarda l’attribuzione di talune opere sia per quel che concerne la data della rispettiva canonizzazione. Alla fine, una piccola boutade può inquadrare bene questa vicenda. Durante un convegno scientifico qualcuno del pubblico chiese a un docente universitario di Storia medievale se corrispondeva al vero che San Bruno (di Colonia) avesse ispirato la prima Crociata. Il professore rispose: “Io non c’ero e nulla ho sentito, ma se San Bruno lo ha fatto deve averlo detto a Urbano II silenziosamente in un orecchio”.
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