Dopo avere ascoltato a voce e riletto poi l’articolo di mia suocera Emma Bussone sugli anni da lei trascorsi a Serra nel dopo-guerra e successivi, ho avvertito, con un tonfo emotivo, l’improvviso riaffiorare di altri ricordi dei miei anni trascorsi nel paese natio del mio ramo familiare materno ed ho rivissuto anch’io, ad occhi chiusi, le mie esperienze infantili e fanciullesche a partire dalla fine degli anni ’50 e soprattutto dal ’60 in avanti. Moltissimi di quei ricordi sono strettamente legati alla casa dei miei suoceri a Serra, grande edificio che delimita uno dei lati della piazza davanti la “Chiesa Matrice”. E così, con la mente, sono tornato indietro di circa 50 anni (mezzo secolo! Mamma mia!). Mi sembra però tutto accaduto ieri… C’era Michele, che aspettava il mio arrivo da Reggio, per le vacanze estive; mia suocera mi dice che il figlio nella sua impazienza ripeteva <<ma quando arriva !>>. Poi la combriccola si compattava con Gianfranco e Cesare. C’era Caterina, la primogenita, seria e posata, seduta al pianoforte ad intonare melodie di musica classica: oggi sinceramente non ricordo quali…; ma c’era lei al pianoforte. Solitamente non era nostra compagna di giochi. Ragazza serissima. C’era Melania, mia coetanea, graziosissima adolescente, vista da noi imberbi maschietti come una irraggiungibile chimera in un futuro mondo di adulti. Neanche lei, però, faceva parte integrante del nostro “gruppo”. Ma ci piaceva un sacco. C’era naturalmente mia moglie Gabriella, con le sue esplosioni di pianto per i dispetti che le venivano fatti (a partire dai suoi fratelli), stuzzicando la sua buona disponibilità ed il suo carattere dolce ed ingenuo rispetto ai furbetti che le stavano intorno. Il quinto fratello, Ermanno, era all’epoca troppo piccolo per il nostro gruppetto e ne ho più sfumati ricordi. Un ricordo nitidissimo che ho della casa Zaffino è legato alla presenza di giocattoli “elettronici” che lo zio medico Gabriele portava ai nipoti da Napoli o da altre città. Erano qualcosa per me di mai visto! A parte giochi animati ma “statici”, c’erano i giocattoli “semoventi” che con fischio di telecomando cambiavano direzione,così come succedeva quando incontravano un ostacolo. Per l’epoca, fantascienza… C’era una tartaruga, in carne e…carapace, che con le sue lente e pigre movenze attirava la mia attenzione specie quando, estroflettendo a dismisura testa e collo dal suo corneo guscio, spiluccava foglie di lattuga, nel sottotetto in legno che si apriva su di una enorme terrazza. Che terrazza, ragazzi! Immensa, tanto da consentirci di scorazzare su biciclettine che ricordo dotate di un solo freno anteriore o di giocare al pallone come si trattasse di un campo vero. E che vista! Tutta Serra era ai nostri piedi e ci permetteva di godere come pochi, a guardare le processioni estive ed ascoltare la banda di paese. E poi, le scale. Non finivano mai. Per non parlare delle tante stanze, tutte immense. Ricordo che a pianterreno c’era l’ufficio postale, al quale si poteva accedere dall’interno della casa stessa. Vi lavorava … “don Biasi di la posta”. Gli “Zaffino” erano considerati famiglia molto facoltosa dalla “gente” di Serra… Quando ho iniziato a “filare” con Gabriella, qualcuno del paese mi disse << bravo, scijjsti bbuonu… !!>>. Per fortuna, però, la “scelta” non era motivata da interessi…!! E poi ricordo i fratelli di mio suocero Biagio. C’era Caterinuzza, buona e “di simpatia”. La zia Antonuzza era più burbera, seriosa ed incuteva timore. Ricordo il dottor Gabriele, che mi ha steccato l’avambraccio sinistro per una frattura biossea scomposta, occorsami in seguito ad una caduta dalla bicicletta in località “thri ccuoni”, inviandomi poi a Reggio per il trattamento specialistico ortopedico più appropriato. Ricordi, immagini ed emozioni suscitati in me da quella casa, facendomi ripercorrere mentalmente decine di periodi estivi, dagli anni della prima infanzia a quelli della adolescenza, per terminare a quelli odierni della maturità con i capelli canuti. Nella stanza grande dei nostri giochi infantili, nel salotto con il pianoforte, con i divani comodissimi, con il tavolo dove giocavamo a scacchi, abbiamo trascorso tante ore felici, chiacchierando e condividendo i primi problemi di ragazzi degli anni ’60. Tasselli indelebili nella scacchiera dei ricordi legati a quella grande casa, che, chiusa nel silenzio delle sue stanze, continuerà a custodire tanti eventi felici, mescolati immancabilmente ad accadimenti dolorosamente amari e talora inesplicabili, che la Vita porta con sé. Sono nato a Reggio, ho vissuto ed ho studiato a Napoli, da quasi quarant’anni lavoro a Torino, ma i periodi estivi trascorsi a Serra sono profondamente radicati nella mia mente ed in fondo al cuore, restando per sempre scolpiti nella memoria, testimoni silenziosi degli anni che più hanno inciso nella maturazione di un anziano sessantaquattrenne, ex “ragazzo del ‘68”.
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