Nell’assolata calura rombano la terra e le pietre, con il ronzio di un moscone che passa veloce quasi a toccarti l’orecchio, ma dove c’è l’ombra tra queste erte rovine, allora il silenzio ti avvolge ed il tempo si fa voce nella tua mente.
Nella mia escursione in solitaria alla Mileto Antica (vv) senza l’accompagnatore guida è venuto meno l’accesso alla città corte di Ruggero I d’Altavilla, che dopo la distruzione si fonda oggi a suolo raso sul promontorio là di fronte con quella torre a vista.
Ma anche restando qui a guardare dall’Abbazia della SS.Trinità, si coglie nell’insieme di questi luoghi tutto l’immaginario storico degli ultimi mille anni.
Proprio dove mi trovo, su questo stesso rialzo di collina annotava nel 1836 il viaggiatore Henry Gally Knight, studioso e scrittore di architetture arabe e normanne”: <<ci recammo anzitutto alle rovine dell’Abbazia della SS. Trinità che sorgeva su un picco isolato fuori le mura della città. Qui nulla rimane se non una piccola porzione delle pareti su ambo i lati, abbastanza da mostrarne le ampie dimensioni e la forma a croce latina della pianta (…) per costruire questa chiesa erano stati utilizzati i materiali (che… ) Erano in parte stati sottratti al tempio di Proserpina a Hipponium e l’altra parte al tempio di Cibele sulla piana di Messiano… >>
Ora, mentre cammino nel dubbio riguardo all’effettiva storicità del piano ammattonato in perfetto accostamento spinato, sul quale dovrebbe pronunciarsi un protocollo di indagini storico archeologiche per stabilire quanto più o meno possa essere contestuale all’età delle connesse strutture in elevato, penso che da quel 1836, nell’insieme non ci sia stato un sostanziale cambiamento ed è una fortuna mi dico, benché da Henry Gally Knight erano appena trascorsi 53 anni dal terribile sisma del 1783, che aveva definitivamente raso al suolo la Mileto ruggeriana insieme a questa estesa abbazia della SS. Trinità
A guardarsi intorno, molti ‘gobboni’ murari emergono oltre sopra i profili dell’erba alta, quando l’occhio va più lontano trovando anche gli erti cauli del finocchio selvatico che si sviluppano in ambiziosi corimbi di gialle infiorescenze, contro una campagna dai clivi a colture di oliveti e dai ripidi arbustivi, che negli aspetti più difficili franano in verticali calanchi di arenaria.
Seguo orme attente, fra gli intricati steli dell’intonso erbato e sui radi varchi di terreno argilloso indurito d’asciutto come le malte delle soleggiate rovine che conglomerano il pietrisco o che si aggrappano in residuali strati d’intonaco sui mezzi muri ed alle imbotti degli archi.
Ciò che risalta nella complessità dei ruderi di questa quasi millenaria abbazia, di cui è pur difficile ricavarne visivamente la sua integra architettura e la disposizione degli ambienti, sono stati proprio l’utilizzazione dei materiali di fabbrica, la tecnica e lo stile costruttivo degli interni che si ritrovano identicamente nei ruderi degli edifici castellari dell’epoca normanna ai quali, per mia esperienza “a palmo di mano”, si confronta anche il castello di Arena, che da questo luogo di Mileto a vista dritta sorge sul versante delle Serre.
Difatti la ristrutturazione/ampliamento dell’abbazia benedettina miletese consacrata nel 1080, poiché era stata già fondata nel 1063 come cenobio di S.Michele Arcangelo per volere del Conte Ruggero il Bosso (dall’Archivio di Stato Napoli), fu opera dell’abbate normanno Roberto di Grantmesnil, achitetto e costruttore di edifici sacri, ma che era anche cognato del Gran Conte Ruggero I, in quanto fratellastro della prima moglie del conte, Giuditta d’Envreux.
-… Da dire anche che l’abbate Roberto di Grantmesnil dal 1059 fu il costruttore privilegiato dal Conte Roberto il Guiscardo per la realizzazione del programma di latinizzazione del ducato di Puglia e Calabria,nel quale fece costruire monasteri latini per sostituire i monasteri greci “Ut de monasteriis grecorum monachorum edificaret latina monasteria”.
Egli era stato anche priore delle benedettine SS.Trinità di Venosa (Pz) e di Sant’eufemia (Cz), quest’ultima fatta edificare nel 1062 dal Guiscardo sul luogo di un distrutto cenobio bizantino e nella quale vi fece seppellire la madre Fresenda o Fredesenda …-
E proprio quest’abbazia della SS.Trinità di Mileto invece per il Gran Conte Ruggero, doveva diventare il sacrario di famiglia in cui vi fu inumata la sua seconda moglie Eremburga di Mortain nel 1087 e dopo a seguire riposarono le sue stesse spoglie nel 1101.
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