In questo mese mariano, mese delle rose e della Madonna, come eco dolcissima, dalla cima della nostra Parrocchia, s’innalzano ampie verso il cielo note che mente e cuore di uomo seppero comporre. Ave Maria di Schubert, preghiera dell’infelice, giubileo del felice, in onore alla Vergine Madre. Arcane e suggestive, maestose e sottili, ora invocazione o supplica, ora fremito ed angoscia, sembrano testimoniare l’ansia di ogni uomo che volge al suo declino, allorquando il viso, l’anelito, in profumo di parole, si fanno spirale leggera per farsi nunzie all’anima.
“Ave Maria”: lacrime fatte perle nell’invocazione del credente, nel pentimento del peccatore che mani di angeli, a schiere infinite, portano in calici preziosi al trono del Signore. Lungo le aeree vie del cielo, sù verso gli infiniti prodigi della volta celeste, oltre il baldacchino astrale che ammiriamo, trapunto di infinite e policrome gemme, volano gioiosi gli angeli, in carole dalle figure prestigiose, danzando, perché ancora altri uomini pregano o si commuovono ascoltando “Ave Maria”. Le volte dei templi più grandi sembrano dilatarsi al’infinito, gli organi sembrano contenere le voci tutte delle creature e delle cose mentre i cuori e le menti, fattisi ingenui e irrazionali, rivivono miracolosamente, i tenui fantasmi, le azzurre e rosee leggende dell’infanzia, allor che fate gentili gnomi sereni e pacifici vincevano l’orco e sgominavano il lupo feroce. Da quali forze sono conquiso? La Malia e l’incanto delle terre, la suggestiva orrida bellezza delle valli della mia Calabria e ametiste dei laghi, il sorriso fanciullo dell’aurora, il sereno addio del sole nel suo tramonto, i trilli melodiosi e appassionati dell’usignolo, il chiaro volto della donna amata, sono elementi che si adeguano ai sensi, bellissimi e deliziosi, ma incapaci, comunque, di far comprendere cosa io sento quando ascolto l’Ave Maria. Forse ogni nota per me è un messaggio d’amore che la Madre di Dio destina al mio cuore di uomo, volto alla contemplazione della bellezza e alla difficile attuazione della bontà. Forse ogni gentile fremito e l’estasi che io avverto nell’essere, sono comunicazione e indice del cosmo armonioso che cerco ovunque e in me stesso, e che soltanto note sanno farmi cogliere nei rapporti essenziali ed esterni.
Solo so dire, o Madre di Dio, che l’Ave Maria cantata dalle gole degli organi sa infondere serenità e farmi attuare buoni propositi, sa commuovermi e donarmi le ali al gran volo della fantasia perché la Fede opera nel cuore, perche tu, o madre di Dio, nella tua femminilità eterna, nel volto trasognato e nell’accorato dolore che subisti, nel meraviglioso sorriso delle gioie che conoscesti, nel ritmo delle preghiere che indirizzavi al tuo Divino Unigenito, nel lieto e suggestivo trapasso da questa a quell’altra vita, Tu fosti Donna e come tale degna di essere celebrata ed amata dagli uomini che usarono sempre il loro genio e le loro lacrime per farne musica e preghiera che forse gli Angeli emulano invano. Ave, o Maria!
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