L’epopea garibaldina è piena di episodi straordinari per coraggio,spirito di abnegazione,onestà e amor patrio: episodi che si sono verificati anche nei paesi calabresi attraversati dall’eroe nella sua marcia verso il Volturno, dove sconfisse l’esercito borbonico di Francesco II.
Un fatto singolare si verificò quando Garibaldi passò per Mileto il 27 agosto del 1860. L’episodio in verità è poco conosciuto anche tra i miletesi, e riguarda la banda musicale del posto che, quanto a coraggio, non diede buona prova di sé.
Lo sbarco dei Mille dalla Sicilia alla Calabria, avvenuto il 20 agosto,aveva suscitato in molti paesi calabresi una viva agitazione, sia nel partito borbonico che in quello liberale. Gli appartenenti al primo temevano chissà quali persecuzioni dall’arrivo dei Garibaldini, i secondi invece non vedevano l’ora che i borboni fossero cacciati via, e veneravano Garibaldi. Da ogni parte accorrevano volontari per unirsi all’esercito delle camice rosse. Il 25 agosto passarono per Mileto le truppe borboniche in fuga verso Monteleone (Vibo Valentia) e i liberali tagliarono loro l’acqua danneggiando le condutture dell’acquedotto. Ma ,proprio il 25 agosto tra le truppe borboniche fermatisi a Mileto si verificò un episodio tristissimo. Dopo qualche ora dall’arrivo i soldati bivaccavano nella piazza centrale del paese procurandosi dei viveri, quand’ecco apparire a cavallo il Generale Fileno Briganti, scortato da un lanciere.Alla sua vista la truppa cominciò a brontolare minacciosamente e qualcuno gridò: fuori il traditore. Nelle fila borboniche serpeggiava il malcontento di chi – appartenuto ad un esercito ben organizzato-si vedeva costretto alla fuga davanti a truppe raccogliticce , come quelle garibaldine, che però erano fortemente motivate dal desiderio irrefrenabile del cambiamento e dalla cieca fiducia in Garibaldi, loro condottiero. Il Generale Briganti accolto da quelle grida, volse il cavallo e si allontanò verso Monteleone. Ma il suo orgoglio di ufficiale- che non abbandona per viltà la propria truppa- lo tradì, ed egli poco dopo ritornò in quella piazza dove esplose la rabbia dei soldati che, impugnate le armi lo uccisero, con una scarica partita dal 14° battaglione cacciatori . Subito si scatenò lo scompiglio: molti ufficiali temendo per la propria vita fuggirono o si nascosero. Il figlio del generale Briganti , capitano d’artiglieria, fu messo in salvo su una nave ancorata a Pizzo. Degli ammutinati alcuni disertarono, altri si diedero ad una fuga scomposta verso Monteleone, mentre la salma dell’infelice generale ,trasportata su una barella dai soldati alla Chiesa della Cattolica, fu sepolta nella fossa comune. L’assassinio risultò tanto più efferato in quanto stroncò la vita di quel generale abbruzzese che- provenendo da famiglia di liberali- era sensibile ai nuovi ideali di libertà che avanzavano ( v. Carmine Naccari :“Cenni storici intorno alla città di Mileto”, Stab. Tip. Il progresso – Laureana di Borrello, 1931) .
Due giorni dopo ,il 27 agosto, arrivò Garibaldi accolto festosamente dalla città e alle 12,00 parlò ,da un balcone del palazzo Taccone, alla folla che lo acclamava. Quindi con il seguito prese alloggio nella baracca vescovile e nel pomeriggio,a causa del caldo eccessivo, andò a riposare sotto un albero del giardino Pata-Dominelli, dove i liberali gli prepararono un padiglione con coperte di seta e damasco.Il Naccari riferisce che perfino i seminaristi lo attesero con ansia; uno di essi , Guido D’Alessandria , di Monteleone, lasciò il seminario per seguirlo, e così fecero altri giovani miletesi che presero parte ai combattimenti di Soveria Mannelli, di Capua e del Volturno. A Mileto lo raggiunsero parecchi giovani monteleonesi che portavano una grande bandiera tricolore.
Ma, torniamo al fatto che traspare dal titolo di questo articolo: esso riguarda i garibaldini e la banda musicale di Mileto. La banda, che aveva come direttore amministrativo il sindaco del tempo sig. Francesco Sarlo, all’arrivo di Garibaldi fece il giro della città suonando delle marce. Il Capo di Stato maggiore, bene impressionato dalla bravura dei suonatori , propose al sig. Sarlo l’incorporamento della banda all’esercito dei volontari, con una paga giornaliera per ciascuno dei musicanti. Il sindaco accettò e si stabilì che all’ora di partenza delle truppe la banda si sarebbe trovata in piazza per partire con l’esercito. Però al suono dell’adunata i musicanti non si presentarono all’appuntamento, certamente non per omaggio al Borbone … sicché il sindaco ebbe a subire da parte del comandante la colonna di guardia immeritati rimproveri. Il Naccari nell’ opera citata ritiene che la mancata partenza dei musicanti fu dovuta alla paura. Paura di combattere o paura di un successivo rivolgimento politico con il ritorno dei borboni. Ma non è da escludere l’ipotesi che i musicanti parteggiassero per i Borboni, perché i filo-borbonici a Mileto erano numerosi essendo notevole l’influenza sulla popolazione del Vescovo Mons. Filippo Mincione che, appunto, era borbonico accanito.D’altra parte la paura dei musicanti era giustificata dal fatto che a Mileto, già dopo i moti del 1848, vi erano state vittime della reazione borbonica. Tra questi i dottori Pasquale Accorinti ed il figlio Benedetto, Domenico Antonio Accorinti e Francesco Antonio Signoretta. I loro discendenti, dopo l’unità d’Italia ,ottennero il riconoscimento di danneggiati politici e beneficiarono di una pensione di poche lire in base ad apposita legge (Archivio Bartuli).
(Segue la seconda parte nel prossimo “articolo della settimana”).