Il mio rione non aveva un nome. Troppo lontano per dirlo “arriedi lu momumentu”, impreciso dire non lontano dal corso: era tra Bonsignuri e la Chiesa Matrice, a metà stada tra via Sette Dolori e lo Zaccano.Un tempo, proprio in mezzo al largo, c’era un tombino (furmali) dove una lieve incanalatura portava l’acqua piovana.Dalla parte del largo, la mia casa era attaccata a quella delle “Giulie”, sorelle del capotecnico Pisani, insegnante di “officina” all’Istituto Tecnico Industriale di Catanzaro.Dall’altra parte, dall’entrata del portone, con quella della figlia della “Bella”.Avevamo una porta, che dava sul largo, “alla mercantili”, divenuta utile durante la seconda Guerra Mondiale, perché durante i cinque anni del conflitto le mie sorelle esercivano un negozietto di generi alimentari.Due sole strade, oltre al Corso, ovviamente, erano indicate col loro nome, via Roma, che partiva dalla chiesa dell’Assunta e andava fino al rione “Galella” e via Sette Dolori, che partiva dalla chieda dell’Addolorata e saliva fino all’incrocio della strada che veniva da Bonsignuri.E basta. Il resto del paese si indicava servendosi di punti precisi di riferimento: La Cruci, e ce n’eran tante; la funtana di Cheli; Guozzi; lu Schicciu; arriedi la chiesa; arriedi lu jiumi; San Giluormu; arriedi la Pretura e…chi piú rioni ha, piú ne metta. Per definirlo devo dunque fare ricorso alle persone che lo abitavano.Ma, si dirà qualcuno, a che pro parlare di gente ormai scomparsa; ricordi che il tempo ha cancellato dalla memoria; fatti e persone che erano di moda dieci lustri addietro? Appunto! Proprio perché non le ricorda piú nessuno, le persone che abitavano il mio rione vanno ricordate. Sono le stesse che popolano i miei ricordi, i miei sogni. Sono quelle che ho abbracciato mezzo secolo addietro, quando partivo.“Questa mattina hai fatto la comunione, parti?” Me lo chiedeva Michelino di Assunta. Era lui il priore quell’anno.Lui sapeva che sarei dovuto partire, e come avrebbe fatto ad ignorarlo? La sua porta dista dal mio portone una ventina di passi…Tanto quanto distava la porta dei Cutullé, la nuova porta, quella che dà sul largo, dove prima abitava Maria Grazia di l’Arciviscuvu. Ma la casa piú vicina alla mia era quella di Gregorio Politi di Soverato che passò la vita a Serra impiegato al comune; sul suo muro due angioletti uno di granito l’altro di marmo…quante paure per quegli angioletti…“ Si non abbidisci, ti fai di petra” diceva “mama Cuncetta” e m’indicava quegli angioletti affissi a quel muro.L’altra porta che si apriva sul largo era quella di Rusarina Gusmano e Annunziato Amato, genitori dell’amico Turuzzo, che ha fatto carriera in Aviazione;di Teresa; di ‘Nzina, che ho rivisto a Toronto; di Raffaela, emigrata in Francia; di Aldo e dei due gemelli: Biagio e Bruno, come i nostri protettori, il primo sacerdote l’altro emigrato in CanadaPoi il largo si riduce e ridiventa via all’altezza delle stalle della famiglia Tedeschi. (e l’Adda riprende il suo nome)Beh? A chi non va a genio la similitudine?Nel “ridotto’ abitava Gina, sorella di mastru Rafieli di ‘Ncinni, maritata a Nazzareno Valente (di la Mazzaropa) e qui è duopo dissertare. Nazzareno, pur essendo un ottimo mastro falegname, non aveva bottega, continuava a lavorare presso il suo Mastru. Quest’ultimo, mastru Lissandru, di che calibro doveva essere per tenere dei mastri, e che mastri, come discepoli? La tradizione della grande maestranza terminò coi due figli: mastru Gatanu e mastru Brunu Barillari.Dall’altra parte della strada la casa di Stefano Catroppa.A sinistra di quest’ultima, le stalle.In estase, quando scendevano in paese per andare verso il loro palazzo, venivano a cavallo. In testa era sempre lui, don Giacuminu, seguito dal fratello, don Michilinu, così li chiamavano i nostri vecchi, omettendo il titolo di colonnello per il primo e di avvocato per il secondo. Poi venivano i due piú giovani: donna Lalla e don Azaria.Da bambini conoscevamo i nomi dei cavalli: Lola, Titina, Sully…Là, la scalinata in granito di casa Cutullé, che serviva per gli estranei, gl’intimi entravamo dalla porta a pian terreno. Lello, che è stato l’ultimo a sposarsi; Umberto, che si è trasferito a Vibo Marina; Turuzzu che continuò l’industria del padre; Peppe il maggiore dei fratelli… e Fiora, e Teresa.Il mio largo era passaggio obbligato di tanta gente. Io li riconoscevo dal rumore del passo. Vi passava don Luigino Rachiele, dotto sacerdote che aprì la prima Scuola Media a Serra. Camminava con passo lento, piano piano. Passava il mio professore, dr. Giuseppe Tucci, poi Provveditore degli studi; passava Nando Cordiano ed il figlio Mimì; passavano i Pisani (Bergolo) e i Principe (di lu Sindacu) e diecina d’altri che io mantengo nella mente.Dal mio largo partivano quattro strade: la prima, vico Sette Dolori che menava alla via omonima. In quel vico abitavano “li Gamnbini” amici d’infanzia, compagni di scuola, mentori…L’altra via, Cesare Battisti, che iniziava al mio portone, includeva la casa di Saredda, di Pietro e di Palma, poi quella di Rusarina di Battistina, maritata Cordiano. Questa signora Battistina, moglie di mastru Michiali Manno, dava a questi del tu, chiamandolo per nome, lui invece le dava del voi col titolo di Majistra.In un altro scritto abbiamo parlato del figlio maggiore di questa coppia: Bruno. Stando a mastru Micuzzu (Fiorello), Bruno Manno era un dantista come pochi. Poi c’era Raffaelino, maresciallo dell’Aeronautica e Antonio, emigrato a Toronto. Oltre a Rusarina ricordo Coletta, amica di suorna Vicinzina, Chiarina e ‘Nzina, emigrata a Toronto.Lo vidi una volta a Toronto a Nando Cordiano, era venuto a vedere il figlio Luciano, che abbraccio!Poi veniva la casa di Rafiluzza di l’Arre maritata a mastro Salvatore Pisani, scalpellino di Badolato: come mio padre, figlio di scalpellino serrese.Sfefano, Pino ed Ettore i figli maschi, Nunziatina, Ernesta e Maria, le femmine.Un’altra strada, via Chimirri, partiva dalla cantina di Michelino Borello, marito di Bruna Ariganello e padre di Assuntina, Sandro (insegnante) e Luigi (cardiologo) e va fino alla casa di mastro Peppi Albanese. In quella strada un grande amico: Bruno Pisani, ( lu luongu) uno dei piú bei giovani di Serra.Chissà per quanto potrei continuare a scrivere; a citare nomi e nomignoli;a indicare le case e i loro abitanti; le abitudini; le risse; il bene che si volevano…Li ho tutti nella mente; li rivedo e li custodisco gelosamente perché sono loro che abitano i miei sogni; le mie speranze di rivederli…
Francesco Pisani “Ciccio Pisani di li Guerri”